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2014

Fate la storia senza di me

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Storia triste e introversa di Adrian “Doc” Doherty: più forte di Giggs e Beckham senza mai aver esordito nel Manchester United

CHIEDI CHI ERA DOHERTY – Provate a chiedere a Brendan Rodgers o a Sir Alex Ferguson chi è, secondo loro, il più forte giocatore della famosa Classe del ’92 del Manchester United. Vi diranno che Giggs aveva uno straordinario talento, che Gary Neville era uno dei migliori difensori mai visti, che Paul Scholes dettava legge a centrocampo, ma quando si tratterà di nominare davvero il più forte, ecco che tireranno fuori Adrian Doherty. Nessuno conosce Adrian Doherty, o meglio, nessuno di quelli che non hanno avuto a che fare con il calcio giovanile inglese all’inizio degli anni Novanta. Sì perché Doherty a quell’epoca era l’astro nascente del calcio nordirlandese e uno dei punti fermi delle giovanili del Manchester United. Adesso di Doherty rimangono solamente un po’ di foto sgranate e non molti ricordi, tutti però notevolmente tristi.

IL NUOVO BEST – Parlare di Irlanda del Nord e di Manchester United porta dritto a George Best, giocatore al quale in molti hanno paragonato Doherty. Adrian nasce nel 1973 in una città chiamata Strabane, che ha il particolare record di essere stata tra le due guerre mondiali il luogo con il maggior tasso di disoccupazione nel mondo industriale; cresce in una delle zone più arretrate di tutto il Regno Unito ma riesce a maturare una cultura che va al di là della bravura calcistica. Doherty cresce con un’innata propensione ad essere il migliore in tutto, a partire dal calcio, dove non lo batte nessuno. I compagni di scuola dell’epoca ricordano come fosse anche un abile compositore, sia di poesie che di canzoni, suonate amabilmente con la chitarra compagna di una vita. C’è solo un problema per lui, è troppo timido. Anche in campo sembra che salti l’avversario con riverenza, quasi scusandosi da quanto è veloce e forte tecnicamente. Ha la strada segnata, pensano a Strabane, e se ne accorge un certo Matt Bradley, professione scout. Nemmeno il tempo di una telefonata a Ferguson che sul finire degli Ottanta Doherty è un giocatore del Manchester United. Ed ecco tornare nelle vicinanze di Old Trafford lo spirito di Best, tramutato in un’anima diametralmente opposta al Quinto Beatle.

MON SEMBLABLE, MON FRERE – Nelle giovanili dei Red Devils lo guardano tutti con ammirazione, dallo staff ai giocatori stessi. C’è anche un certo Ryan Wilson – che passerà alla storia con il cognome della madre, la signora Giggs – il quale afferma di non essere ai livelli di Adrian, troppo veloce e troppo capace per poter giocare ancora tra i giovani e con le riserve. Cominciano pure a chiamarlo Doc, come in Nord Irlanda, e il nomignolo gli piace. Doherty non è un compagnone, non è uno di quelli a cui, nonostante la giovane età, piace andare fuori a divertirsi. Preferisce rimanere da solo in disparte e ascoltare Bob Dylan, o altra buona musica. Non che odi i compagni, tutt’altro, è molto introverso e sente troppo il peso delle responsabilità. Comincia anche a pensare di abbandonare il calcio, ma è un pensiero che ricaccia via subito, perché altrimenti chi lo sente poi papà Jimmy? Non stravede per il pallone, questo è poco ma sicuro, però è forte. E’ fortissimo. Se fuori dal campo è Nick Drake, sul terreno di gioco corre come un fulmine e nessun avversario può sognarsi di fermarlo, perché è quasi impossibile. A Manchester, ogni volta che lo vedono usare indifferentemente il destro o il sinistro, si fregano le mani.

FIVE LEAVES LEFT – E’ in campo che si vede la diversità di Doherty, perché sa leggere le situazioni e il contesto: è un giocatore maturo anche se non ha ancora l’età per prendere la macchina, la sua apertura mentale dettata dall’inusuale vasta cultura gli permette di capire prima degli altri cosa possa accadere in un’azione. La sua personalità è troppo profonda e complessa per essere sfruttata solamente tagliando il campo da destra a sinistra e battendo qualsivoglia difensore. E’ un supereroe, non un calciatore. Sta arrivando una covata di ragazzini terribili nel settore giovanile dei Diavoli Rossi, che tremare l’Inghilterra fa: c’è Wilson, poi Scholes, Whiteside, i fratelli Neville e molti altri ancora, tra cui un efebico David Beckham. Di tutti questi Alex Ferguson, allenatore della prima squadra non ancora diventato baronetto, sceglie proprio Doherty nel marzo del 1990 per una partita di Premier League. E’ il gran giorno, contro il QPR Adrian si accomoda in panchina speranzoso di debuttare in Premier Division. E invece niente da fare. Ci riprova poi nelle settimane successive, ma Ferguson lo tiene sempre a fianco a sé facendogli pregustare solo i campi della massima serie a 17 anni ancora da compiere. Quando esordirà? The answer, my friend, is blowing in the wind.

CROCIATO – Ferguson però prende la sua decisione, ci mette quasi un anno ma lo comunica pure ad Adrian: in FA Cup contro il Norwich giocherà addirittura dal primo minuto. Doherty sta continuando a incantare con la Academy dello United, se l’è proprio meritato questo debutto. Prima però c’è da giocare una sfida di campionato riserve con il Carlisle, per prepararsi al meglio all’esordio tra i grandi. L’eccentrica e bohemienne ala del Man Utd sta per fare il suo ingresso nel calcio vero, roba da non crederci. La fortuna però aiuta gli audaci e l’audacia non è una qualità di Adrian: in un contrasto di gioco nella sfida con i Cumbrians si rompe i legamenti del ginocchio e di calcio non ne sente parlare più per sette lunghi mesi. Nel periodo di degenza Doherty si appassiona ancora di più alla musica e continua a strimpellare, in una crescente solitudine, la sua chitarra, come una volta ha fatto alla festa di Natale delle giovanili davanti a tutti vincendo la sua atavica timidezza. Legge molti libri, soprattutto poesie, roba di cui amava discutere con il compagno Brian McClair. Durante la riabilitazione è soprattutto All Along The Watchtower a tenergli compagnia, ma poi arriva finalmente il momento di ritornare a giocare. La fortuna disintegra i timidi: nemmeno un mese dopo il rientro, il crociato di Doherty cede ancora e lo stop stavolta è di un anno. Rientra nel 1993 al Derry City ma gioca solo qualche spezzone prima di dire basta.

UN TRENO PER AMSTERDAM – La carriera calcistica di Adrian Doherty finisce qui, il suo immane talento è ormai un ricordo spezzato da un ginocchio che non vuol sapere di correre, da un crociato ormai frantumato come le possibilità di entrare a far parte della storia del Manchester United. Già, la Storia. In quegli anni i suoi ex compagni la stanno proprio scrivendo vincendo un trofeo dietro l’altro. Adrian invece si diletta ancora con la chitarra, ma poi cerca di diventare veramente adulto e lascia perdere le velleità da musicista, peccato perché anche lì era veramente bravo. Inizia a lavorare in una fabbrica di cioccolato, ma per Doc il futuro è burrascoso. Negli anni passa da un lavoro a un altro finché pare aver trovato la stabilità professionale ed emotiva ad Amsterdam, in una ditta di arredamenti. E’ il maggio del 2000, i suoi ex compagni stanno vincendo l’ennesima Premier e lui deve alzarsi per andare a vendere mobili. Una mattina però si sveglia tardi e deve correre per raggiungere il treno; è in ritardo e deve sbrigarsi, non sta attento a dove mette i piedi e scivola così in un canale. Entra in coma e ci resta un mese, fino al 9 giugno 2000 quando in completa solitudine muore in un ospedale olandese. Di tutti i giornali che ai tempi del Man Utd celebravano le sue gesta e lo presentavano come il nuovo Best, nessuno dedica nemmeno un trafiletto alla morte di Doherty. Tutti gli occhi sono puntati su Portogallo – Inghilterra, prima gara di Euro 2000 per gli inglesi: scenderanno in campo dal primo minuto Beckham, Scholes e Neville.