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Come ingannai la Premier League

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Ali Dia: l’uomo che beffò tutta la Premier League e ottenne un contratto col Southampton quasi per scherzo

Da qualche parte adesso Ali Dia, poco più che cinquantenne, starà raccontando a qualcuno di quella volta in cui giocò in Premier League. Probabilmente l’interlocutore di Ali Dia farà una faccia a metà tra lo stupito e lo scettico, non saprà bene se credere o meno al racconto. Ali non ha più niente a che vedere col calcio da parecchio tempo, almeno più di quindici anni, se non venti. A vederlo non sembra nemmeno in forma, la forma fisica rasenta il ridicolo e anche la faccia non sembra da calciatore. Ha gli occhi troppo vuoti, lo sguardo ebete, eppure Ali Dia cercherà di convincere il suo ascoltatore che lui una volta ha giocato quasi un’ora nel campionato di calcio più importante del mondo. Come si conviene a un certo tipo di circostanze, sulle prime l’interlocutore faticherà a credere a Ali Dia, ma poi di fronte alla sua insistenza sarà tentato dal dargli ragione. Intanto Ali Dia avrà iniziato a raccontare di quando sostituì Matt Le Tissier nel Southampton dopo essersi fatto tesserare nientedimeno che da Graeme Souness. L’interlocutore forse non sarà questo grande esperto di calcio ma non avrebbe mai pensato che uno come Ali Dia avesse mai giocato a pallone, figuriamoci un esordio in Premier League. Ancora leggermente diffidente prenderà il proprio smartphone e cercherà su Google il nome della persona con cui sta parlando. Il primo risultato gli darà la classifica del Times con i peggiori acquisti della storia in Inghilterra: Dia è al primo posto. E allora si farà raccontare d’intero punto il grande imbroglio di Ali Dia e dei suoi cinquantatré minuti di gloria.

LA FRANCIA – Quando arriva in Francia dal Senegal Ali Dia non ha un curriculum calcistico. Nato nel 1965, inizia a giocare per strada e continua sui campetti scalcinati nella periferia di Dakar. Fa l’attaccante, perché essenzialmente è il ruolo più semplice se si gioca in quel modo, basta aspettare il pallone a pochi passi dalla porta e cercare di metterlo fra i legni: ad Ali Dia succede raramente, ma comunque va in Francia per cercare di sfondare. Il suo cammino è simile a quello di molti connazionali, siamo sul finire degli anni Ottanta e il calcio africano inizia ad andare di moda anche grazie ai successi delle nazionali ai Mondiali, il Senegal però è ancora un terreno insondato e Ali Dia suscita molte perplessità. I suoi primi quattro anni nei campionati francesi sono costellati di fallimenti e si trova a dover cambiare maglia per quattro stagioni di fila: arriva al Beauvais nel 1988, è in Seconda Divisione e non sfonda, gioca poco e non segna mai, l’anno dopo cambia maglia ma non campionato e antifona, è al Digione e nessuno se ne ricorda; scende di categoria e scende anche il numero di minuti in campo mentre quello dei gol rimane sempre a zero, va prima al La Rochelle e poi all’Olympique Saint Quentin – in pratica esce dal calcio professionistico – ma non riesce a sfondare e a ventisette anni sembra appendere definitivamente le scarpe al chiodo. Per tre anni non si sappia cosa faccia, forse studia, di sicuro dà qualche calcio a un pallone ma non è tesserato con nessuna squadra in particolare. Il sogno di diventare calciatore non è finito, deve ancora cominciare.

IL NORD – Il nome di Ali Dia riappare nel mondo del calcio che conta – o almeno nel mondo del calcio, meglio – solamente nel 1995 quando il senegalese sta per compiere trent’anni. Se in Francia è andata male e nessuno è stato in grado di comprenderlo fino in fondo, andrà meglio di sicuro in Scandinavia, per la precisione in Finlandia. Arriva la chiamata della Veikkausliiga, la prima divisione finlandese, e a volerlo non è una squadra qualunque, bensì il Finnairin Palloilijat altresì detto FinnPa. La squadra di Helsinki è famosa per essere sponsorizzata dalla FinnAir, compagnia area di bandiera, ed è approdata nella massima divisione da poco: decide di investire pesantemente e in attacco si regala questo Ali Dia, che non sembra avere le caratteristiche fisiche per giocare a pallone ma comunque si presenta bene. Una partita, due partite, tre partite e ancora nessun gol. Si arriva a cinque gare e la casella è sempre a zero, la media voto è vergognosa, al FinnPa decidono dunque che non è aria per Dia, che trova subito un contratto col Pallokerho-35 Vantaa. Impiega più tempo a dire il nome di questa società che a andare via subito, con i rossoneri di Vantaa è un cammeo senza nessuna presenza all’attivo, evidentemente lo staff si rende conto che non è il caso di prenderlo. Ali Dia però non demorde, va prima al Lubecca, sempre nel 1995, e mette all’attivo due presenze – senza gol, non sia mai che infanghi la reputazione di attaccante. In Germania non va benissimo, per usare un eufemismo, e quindi Ali opta per il trasferimento in Inghilterra. Punta in alto, vuole una squadra di livello anche se non una delle grandi. Fallisce almeno tre volte l’occasione di essere tesserato e né il Port Vale, né il Bournemouth o il Gillingham gli offrono un contratto. Lo fanno i Blyth Spartans in Non League: gioca una sola partita e allora decide di tentare il tutto per tutto. Qualche settimana dopo è al Southampton, a contendersi un pallone con Ian Rush.

L’IMBROGLIO – Ali Dia è palesemente scarso. Non sembra aver mai avuto cura né del proprio corpo e nemmeno della propria tecnica. A volte accade che giocatori misconosciuti abbiano comunque una reputazione nel loro paese d’origine, ma in Senegal lo conoscono solo amici e familiari, non è mai rientrato nel giro di alcuna nazionale. E per forza, non sa giocare a calcio. Però almeno ci prova e più che lo spirito di abnegazione è il cervello ad aiutarlo perché Ali Dia sarà pure scarso ma è furbo. Non si sa come abbia fatto a rimediare tutti questi contratti, forse ha bluffato e si è finto un giocatore che non era – parliamo dei primi anni Novanta, gli scout non erano così scrupolosi – sta di fatto che nell’autunno del 1996 è protagonista della più grande beffa della storia del pallone inglese, una delle più riuscite e clamorose di tutto il calcio. Si fa aiutare da un amico e compagno di università e chiama Harry Redknapp, allora manager del West Ham. L’amico di Ali cerca di vendere il senegalese agli Hammers ma Redknapp è un volpone, fiuta che c’è qualcosa di sbagliato e non ne vuole sapere. Casualmente il Southampton ha una moria di attaccanti ed è rimasto con il solo Le Tissier, quindi il compagno di università contatta Graeme Souness, in panchina con i Saints. Souness è un allenatore navigato, viene da una grande esperienza prima al Rangers, poi al Liverpool e infine al Galatasaray, sarà difficile convincerlo. Eppure, pochi giorni dopo la chiamata a Souness, Ali Dia firma un contratto mensile con il Southmpton. Come è possibile tutto questo? Semplice: l’amico si finge George Weah e dice al manager scozzese che questo Ali Dia è proprio forte. Ha giocato in nazionale, è stato lasciato andare dal Paris Saint Germain ed è pure senza contratto, Ali Dia è l’affare dell’anno. Souness, che sarà pure scafato, non pensa che Weah è liberiano e Dia senegalese e non si degna neppure di chiedere consenso al reparto scout. Lo prende. Ali Dia, che pochi mesi si trovava nove divisioni più in basso, è un giocatore di Premier League.

LA BEFFA – Ali Dia firma per un mese soltanto ma se le premesse sono quelle dettate da Weah allora ci vorrà poco per far diventare questo contratto mensile un contratto annuale e magari in futuro chissà cosa potrà succedere. Tre mesi dopo aver compiuto trentun anni Ali Dia si allena con il Southampton ma i compagni sono un po’ dubbiosi. Si chiedono come possa essere un attaccante degno di una nazionale e come faccia addirittura a essere considerato un calciatore. In allenamento è sempre ultimo, è il peggiore. Non che non si impegni, è che gli manca tutto. Souness pensa sia un problema dovuto all’ambientamento e decide di testarlo nel match riserve con l’Arsenal. Il destino viene ancora una volta incontro ad Ali Dia: piove in modo inenarrabile, la partita è annullata. Non c’è tempo da perdere, il 23 novembre 1996 al The Dell arriva il Leeds e Ali Dia è convocato, è l’unico centravanti di riserva. Scarso, ma unico. Si siede in panchina, in campo vede gente con cui ha solo sognato di poter giocare. Dopo mezz’ora di gioco il fato ci mette lo zampino e Le Tissier si fa male, deve uscire. Entra Dia, è il momento più bizzarro di centocinquant’anni di pallone. Il cronometro segna trentadue, cinquantatré minuti più tardi Dia è di nuovo in panchina sostituito da un difensore. Il Leeds vince due a zero, Dia si rende ridicolo in mondovisione. Nel tempo in cui gioca la sua prima e ultima partita di Premier League, Ali Dia è sempre fuori tempo, sembra un ragazzino alle prime armi e non ha idea di dove piazzarsi in campo. La sua maglia biancorossa numero 33 è troppo grande e lo rende ancor più grottesco. Souness si sente un idiota al triplice fischio, non lo farà più giocare e lo lascerà andare via alla fine del mese di contratto. Dia andrà al Gateshead dove finalmente segnerà, dieci anni dopo, i primi gol in carriera – non male per una punta. Si ritirerà e si laureerà all’Università di Northumbria a Newcastle nel 2001. Nessuno ancora riesce a credere che uno come Ali Dia possa aver giocato in Premier League. Nemmeno lui.