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2015

Meno male che Luis Silvio c’è

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La storia di Luis Silvio e anche dell’unica ingloriosa stagione della Pistoiese in Serie A

Ancora oggi a Pistoia camminando per via degli Orafi, poco prima di arrivare in Piazza del Duomo, si può notare su un muro accanto a un famoso negozio di abbigliamento una scritta in blu, né troppo grande e né troppo piccola: «Luis Silvio c’è». Per i non appassionati di calcio o per chi è nato troppo tardi è una semplice scritta su un muro, come quelle frasi d’amore o quegli insulti che si leggono fugacemente e svogliatamente mentre si passeggia e si ha la testa da un’altra parte. Per molti però quella frase è diventato una sorta di topos calcistico, specialmente per coloro i quali abitano a Pistoia, centro vivaistico per eccellenza ma da trentacinque anni a questa parte il luogo che ha reso famoso il bidone per antonomasia del calcio italiano. Capita quindi che magari, spostandosi dal centro, ci si possa imbattere in altri muri di Pistoia su cui campeggia la stessa medesima scritta: «Luis Silvio c’è». Chi sia questo Luis Silvio lo sanno in molti, o forse non lo sa davvero nessuno, perché la sua storia è legata a doppio filo con l’unica e ingloriosa stagione in Serie A della Pistoiese.

DANUELLO – Nel 1974 un self made man, nato a Pistoia e cresciuto al Nord, comprò la Pistoiese in Serie D dal contestatissimo patron Ducceschi e disse che avrebbe portato in soli cinque anni la squadra fino in Serie A. Quell’uomo, a cui tutti davano del matto, era Marcello Melani, che ebbe ragione solamente con un anno di ritardo. «La vecchia città dorme nell’attesa che sorga il sole giusto. A proposito, il sole che circola da queste parti, alla levata e al tramonto, è arancione!» è la sua frase più famosa, che oggi tra i tifosi della Pistoiese è un mantra da recitare a memoria religiosamente. Il primo giugno 1980 con l’ennesimo zero a zero della stagione in casa al Comunale con il Lecce, la Pistoiese è matematicamente promossa in Serie A. E non a caso è l’anno perfetto per esordire nella massima serie, perché sono state da poco riaperte le frontiere per le squadre italiane ed è subito caccia al talento straniero, in particolar modo sudamericano. Giuseppe Malavasi all’epoca è il vice di Enzo Riccomini, che passerà nell’estate del 1980 alla Sampdoria dopo aver portato in A gli arancioni, ma chiamarlo solo vice è riduttivo perché a volta fa anche da direttore sportivo, come quando deve andare in Brasile per portare a Melani una punta di talento e che segni pure parecchio, visto che la Pistoiese in B è stata un po’ abulica sotto porta. L’occasione arriva a San Paolo, anzi un po’ fuori San Paolo: Ponte Preta contro Comercial. Malavasi rimane colpito da un attaccante dei macachi di Campinas, tale Luis Silvio Danuello, che ha corsa, tecnica, velocità e spicca come migliore in campo per distacco. E’ fatta, Luis Silvio va alla Pistoiese, i toscani hanno fatto l’affare dell’anno.

VOCALI – Come in tutti gli affari tra Italia e Brasile dell’epoca c’è una leggenda. Si dice che, appena sbarcato a Roma, Luis Silvio abbia da subito un colloquio con i dirigenti pistoiesi e si parli del suo ruolo in campo. «Punta?» chiedono gli arancioni, «Sì sì, ponta» risponde Luis Silvio. Peccato che ponta in portoghese significhi ala, e quindi già all’inizio della sua avventura Luis Silvio sia vittima di un fraintendimento che segnerà la sua carriera in Serie A. Perché l’impatto con il calcio italiano è alquanto disastroso. 14 settembre 1980, data storica per la Pistoiese guidata adesso da Lido Vieri: è il giorno dell’esordio in Serie A a Torino contro i granata, che però fanno valere la propria superiorità e passano con Sala per poi vincere uno a zero. La Pistoiese non sarebbe una cattiva squadra, ma ha solo qualche individualità buona per la Serie A, perché a centrocampo ha il giovane Andrea Agostinelli e anche Mario Rognoni, ci sono anche tre giocatori ormai a fine carriera ma pronti a tenere alto l’onore loro e dei toscani, ovvero Mario Frustalupi, Mauro Bellugi e Marcello Lippi. Tutti, se non toscani, almeno del Centro Italia. E nessuno che ovviamente sappia una parola in portoghese, come si nota durante Torino – Pistoiese. A dire il vero in quel match l’unica cosa che non si nota è Luis Silvio Danuello. Gioca in attacco ma è un pesce fuor d’acqua, così come sette giorni più tari in casa con l’Udinese: un fantasma. Quando gli arriva il pallone non sembra che cambi molto perché è spaesato e sembra alle prime armi, la velocità che aveva visto Malavasi sembra ormai un ricordo. Comincia a circolare la voce che questo Luis Silvio sia davvero scarso.

CAMBIAMENTI – La partita del San Paolo con il Napoli alla terza di campionato non inverte il trend, se coi friulani era arrivato un buon 1-1, adesso il 2-0 degli azzurri è perentorio. E Luis Silvio? Luis Silvio c’è, Vieri lo manda in campo e lo mette lì davanti a fare la punta o la ponta, ma il brasiliano sembra proprio all’opposto del calcio italiano. Col Brescia non gioca e la Pistoiese vince, torna nel match successivo con il Bologna al Dall’Ara ed è un’altra sconfitta per due a zero. Allora non è solo scarso, porta pure male. La tesi viene confermata alla sesta giornata quando Bellotto infila Mascella al Comunale di Pistoia e l’Ascoli passa uno a zero. Luis Sivlio è ancora una volta un corpo estraneo incapace di adempiere al minimo compito richiesto, e difatti Lido Vieri lo sostituisce spazientito all’ora di gioco e lo rimetterà in campo solo il 29 marzo, come carta della disperazione in una sconfitta a Perugia: sotto due a zero, l’allenatore dell’Olandesina lo farà entrare negli ultimi venticinque minuti con il solo risultato di subire la terza rete da Bagni. Lo 0-3 al Curi è anche l’ultima volta di Luis Silvio in A. Ma intanto, tornando al mese di ottobre, Melani decide di cambiare qualcosa a Pistoia: Vieri è alla sua prima esperienza in panchina e il presidente decide di affiancargli dalla settima giornata Edmondo Topolino Fabbri, ct dell’Italia nella sconfitta più vergognosa della storia azzurra, l’uno a zero dalla Nord Corea nel 1966. Arriva anche un attaccante, perché là davanti si segna pochissimo, e anche lui è un mezzo girovago che arriva dallo splendido Catanzaro in cui ha fatto coppia con Palanca: è Vito Chimenti, sosia di Renzo Montagnani ma anche calciatore di qualità immense anche per via della sua famosissima bicicletta, resa famosa da Ardiles e Neymar senza che nessuno abbia mai pagato i diritti d’autore al bomber barese.

FIRENZE – Adesso cambia qualcosa, la Pistoiese inizia a ingranare e, con Perugia e Avellino, vince due partite di fila staccandosi dalla zona retrocessione, poi perde con la Juventus ma ci può stare e infine vince due a zero con il Como grazie a una doppietta di Vito Chimenti. La favola non finisce, dopo Como ecco altri due punti nel 3-1 a Catanzaro con ancora Chimenti in gol e il 18 gennaio 1981 ecco l’ultimo sprazzo di gioia e grande calcio degli arancioni nella massima serie. A Firenze c’è Fiorentina – Pistoiese, primo derby della storia in A, e si decide tutto in dieci minuti. 34′ gol di Rognoni, 39′ pareggia su rigore Antognoni, 44′ Badiani firma il colpo del successo clamoroso al Franchi che proietta a meno quattro dalla Roma capolista una Pistoiese che fino a poche settimane prima era certa della retrocessione. A Pistoia sognano perché la squadra sembra aver trovato la quadratura del cerchio e anche quel Luis Silvio di cui si parlava tempo addietro ormai è un ricordo. «Ma poi questo Luis Silvio c’è o non c’è?» ci si chiede tra i cantieri e i vivai pistoiesi, la risposta è spesso un’alzata di spalle. Quando alla 23^ giornata torna in campo Luis Silvio a Perugia però le cose vanno malissimo, dopo Firenze sono arrivati tre pareggi in dieci gare e la coppia Vieri – Fabbri deve cercare di tirar su l’Olandesina in tutti i modi possibili, Luis Silvio compreso. Dopo la vittoria con la Fiorentina è una costante e continua discesa nel baratro fino alla gara di ritorno coi viola, un uno a zero segnato da un’autorete di Rognoni che manda matematicamente la Pistoiese in Serie B. Con soli due punti nel girone di ritorno la squadra toscana chiude ultima quello che, a oggi, è il suo unico campionato di Serie A.

OGGI – Ad alcuni di quei giocatori il destino ha riservato un epilogo tragico come Rognoni e Frustalupi, altri venticinque anni dopo si sono trovati sul tetto del mondo come Lippi, molti sono spariti dai radar del grande calcio e adesso magari fanno tutt’altro. Come Luis Silvio, su cui sono fioccate mille e mille storie, tutte verosimili fino alla smentita del diretto interessato di qualche anno fa. Pornoattore, giardinere, barista, venditore di gelati e bibite allo Stadio Comunale (oggi Stadio Melani, ovviamente), pizzaiolo e quant’altro, su Luis Silvio è stato detto tutto e il contrario di tutto, anche che il Palmeiras – titolare del cartellino di Danuello – avesse messo in scena una farsa all’arrivo di Malavasi in Brasile, facendo giocare un perfetto estraneo al mondo del pallone in modo tale da farlo sembrare un fenomeno e rivenderlo per 170 milioni alla Pistoiese. Certo, per quanto si è visto nelle sue sei misere apparizioni in Italia, non pareva questo fenomeno ma nel web sono presenti alcune sue prove da campione in Brasile, addirittura al ritorno in patria è diventato un pilastro del Sao José. Si dice anche che Falcao non lo avesse mai sentito nominare e come lui altri brasiliani che sbarcarono in Italia alla riapertura delle frontiere, si dice anche che il famoso Aristoteles sia in qualche modo ispirato a lui, rimane che dal 1981 nessuno lo ha più visto in Italia, dove è nata la sua primogenita Amanda. Considerato il più grande bidone del nostro calcio, adesso Luis Silvio lavora nel campo dei ricambi delle macchine industriali. La Pistoiese invece è fallita più volte e adesso lotta per sopravvivere in Lega Pro, Pistoia è tornata a essere la città del basket sebbene ogni tanto qualche scritta su un muro faccia tornare la mente indietro di trent’anni. Perché Luis Silvio c’è, questo è poco ma sicuro.