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Dani Alves, il giocatore che occupa la scena

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Alcuni fotogrammi folgoranti del nuovo acquisto dei bianconeri

Quando si pensa a Dani Alves, il nuovo acquisto della Juventus, è quasi impossibile non lasciarsi catturare dalla sua presenza scenica. Al di là delle situazioni più famose – su tutte il suo istintivo mangiare la banana che qualche idiota razzista gli aveva lanciato sul campo – è proprio nel suo modo di stare in campo che più si può apprezzare come il brasiliano sappia conquistare lo sguardo altrui. Merito di una partecipazione al gioco da dominatore, da un senso di sicurezza che promana in ogni momento, talmente eccessivo che talvolta persino gli errori sembrano figli di questo atteggiamento. Un esterno perfetto per ogni esigenza proprio per questa padronanza, una dimensione che per adesso non sembra avere diminuito con il trascorrere degli anni. Per noi juventini le immagini di Dani Alves incastonate nella nostra memoria sono essenzialmente due e stanno tutte dentro la finale di Berlino. Il brasiliano incarna in maniera perfetta il bivio tra una disfatta che sarebbe stata probabile e un trionfo che avrebbe anche potuto essere possibile. Al dodicesimo minuto di quel Barcellona – Juventus Dani Alves ha rischiato di firmare il 2-0 con un tiro che invece è passato alla storia come una delle più belle parate della carriera ventennale di Buffon. Al contempo, a metà ripresa la sua trattenuta su Pogba in area da rigore poteva determinare un rigore per il vantaggio bianconero e proprio in quella circostanza, ragionando con freddezza e non con l’ottica del tifoso, si è vista tutta l’esperienza e il carisma di chi ne ha viste tante e sa anche come far fallo senza che appaia sanzionabile con la massima punizione. Un ulteriore fotogramma di quella gara lo testimoniò, quando Dani Alves, incrociando ancora la strada con il francese, chiese un intervento arbitrale semplicemente fermandosi nella corsa: solo chi sa di ricevere un fischio a proprio favore lo manifesta in maniera così evidente.

JUVENTUS: IL NUOVO ACQUISTO DANI ALVES

Proprio quegli intensissimi novanta minuti hanno probabilmente convinto la dirigenza bianconera che un profilo come quello di Dani Alves è assolutamente necessario se si vuole competere in Europa con l’autorevolezza di chi è abituato a vincere. I numeri non mentono e in una squadra che ha Messi, Neymar e Suarez, oltre che un Iniesta che anche in quella circostanza confermò la sua permanente centralità, fu proprio lui a tenere il pallone tra i piedi più di ogni altro. Molto in appoggio a Messi, come fa d’abitudine, permettendosi reciprocamente di respirare quando si rallentano i tempi di gioco e l’uno fa da ombra protettiva all’altro, da scarico immediato e facile. Decisamente sostanzioso, però, fu l’asse di collegamento con Rakitic, su velocità variabili e comunque sostenute. Feroce nel contrasto, eppure più propulsore che distruttore: contro la Juve l’ex blaugrana conquistò più falli di quanti ne commise e sul piano della partecipazione all’efficacia del gioco, basti citare che solo Messi e Neymar sono riusciti a proporre qualche giocata smarcante in più. Non è il caso, naturalmente, di presentare Dani Alves come un santino, il risolutore di ogni problema, la garanzia assoluta. Nell’ultimo anno l’ho visto in difficoltà al pari della sua squadra quando il Barcellona è andato incontro alle sconfitte che hanno parzialmente macchiato la pur positiva stagione: la disfatta di Bilbao nel primo atto del 2015-16 in Supercoppa; i quarti di finale perduti con l’Atletico Madrid in Champions League. Ma complessivamente, il Dani Alves delle ultime 3 stagioni è stato un’autentica fortuna per i suoi compagni d’attacco. Nel 2013-14 ha messo a segno 4 reti e altrettanti assist. L’anno dopo nessuna rete, ma assistenza per i compagi più che raddoppiata (con spartizione quasi equanime tra Messi – il favorito -, Neymar e Suarez). L’ultima esperienza catalana lo ha visto segnare una rete e confezionare 6 gioielli per Suarez (poi è chiaro, l’uruguagio ci mette il suo e non è poco), uno per Neymar e Piqué, secondo tipologie d’azione varie e assortite. Da aggiungere ci sarebbero anche qualche autogol, determinato dal suo farsi trovare a fondo area a effettuare cross che seminano il panico e non di rado inducono all’autolesionismo. Oltre le cifre c’è la semplice constatazione di un rendimento imprescindibile ed in tal senso, oltre a verificare il suo impatto nel calcio italiano e nel corpo della Juventus, sarà interessante misurare il vuoto che lascerà al Barcellona e come verrà riempito. Del suo ultimo anno è probabile che al pubblico del Camp Nou rimangano alcune immagini, folgoranti come la sua esuberanza. La prestazione con il Villarreal, nel giorno di novembre del 2015 quando la conquista di quei 3 punti ha comportato il raggiungimento del primato in solitudine. Il Clasico al Bernabeu vinto 0-4, con Cristiano Ronaldo ad arrancare talmente tanto da rifilargli una gomitata da brutta figura. Quei passaggi di fila con Messi in ogni gara, talmente identici tra di loro da generare ipnosi nelle difese avversarie, sprovviste di antidoti per non cedere alla soggezione di un tiki-taka cullato da piedi sudamericani. Quei turi da fuori che lui effettua generalmente nei momenti difficili della gara, quando si decidono i destini, perché a Dani Alves piace soprattutto vincere ed è per questo che è arrivato a Torino in un gruppo che ha bisogno di un‘ulteriore assunzione di leadership.