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Champions League

In difesa di Maurizio Sarri

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Clamoroso epilogo del Gruppo B di Champions League: la qualificazione del Napoli passa dall’inferno del Da Luz

Pensiamo un attimo a come si era messa: 6 punti dopo le prime due gare del girone, il Napoli di Maurizio Sarri elargiva calcio di altissimo livello qualitativo ed aveva trovato in Arkadiusz Milik – doppietta a Kiev e rete nello spettacolare 4-2 rifilato al Benfica – quel finalizzatore che una squadra dalle determinati ambizioni deve avere nel suo arco. Nonché un degno erede – senz’altro in prospettiva – dei conclamati cannonieri che lo avevano preceduto.

TUTTO E’ CAMBIATO – L’infortunio dell’attaccante polacco alla base dell’inversione di tendenza: il Napoli raccoglie un misero punticino, peraltro in rimonta allo scadere, nella doppia sfida con il Besiktas. Perde in casa segnando due reti – le colpe in tal senso sono da rintracciare altrove, ossia nell’insospettabile precarietà della fase difensiva – e trova il pareggio finale ad Istanbul. Fa peggio al San Paolo contro una spacciata Dinamo Kiev: reti all’asciutto. Ricapitolando: sei gol realizzati nelle prime due gare, tre nelle restanti tre. Dalla media di tre reti a partita alla media di appena una a gara. Non può non incidere l’infortunio di Milik, non può non incidere l’inspiegabile eclissi del sostituto – Manolo Gabbiadini – proprio nell’unico momento in cui realmente occorreva alla causa partenopea.

CAOS POST DINAMO – Le dichiarazioni rilasciate dal tecnico nell’immediato post-partita del San Paolo, dopo il deludente 0-0 centrato con i modesti ucraini della Dinamo Kiev, hanno quantomeno sorpreso: “Con il pareggio tra Besiktas e Benfica, per noi era diventato uguale vincere o pareggiare: sarebbe comunque servito un punto nell’ultima gara di Lisbona”. E no caro Sarri: delle nove combinazioni possibili ne esistono due che avrebbero totalmente cambiato volto con la vittoria del Napoli. Se i partenopei avessero infatti battuto la Dinamo Kiev, avrebbero potuto anche perdere a Lisbona in caso di pareggio tra Dinamo Kiev e Besiktas. Ora, con questo scenario, la sconfitta non basterebbe ed il Napoli sarebbe eliminato. Altro caso: il Besiktas, come probabile che sia, vince a Kiev. Al Napoli, avesse battuto la Dinamo, un pareggio al Da Luz sarebbe bastato per centrare il primo posto del girone. Ora invece, con il medesimo scenario, sarebbe secondo. Dunque: pareggiare o vincere con la Dinamo Kiev non era esattamente la stessa cosa. Possibile che non se ne sia accorto? Possibile che nessuno in società glielo abbia fatto notare? Elementi di riflessione.

IN DIFESA DI SARRI – Vista così le attenuanti sembrerebbero poche. A maggior ragione poi considerando le dotazioni iniziali: Napoli squadra più forte del suo girone e seconda forza d’Italia alle spalle della Juventus. La situazione del raggruppamento è oggi poco fluida e la classifica italiana pone la banda Sarri al sesto posto: i conti non tornano. Ed è giusto criticare Sarri. Provando però a fare uno scatto in avanti: il tecnico partenopeo è ancora padrone del suo destino. Ed è innanzitutto per tale ragione che non gli va sottratta la fiducia: può passare al Da Luz e confermarsi al primato del suo girone, posizione che – va detto – tuttora occupa. In patria, nonostante tutto, è lontano appena due lunghezze dal secondo posto. Magari non darà fastidio alla Juventus, doveva girare tutto alla perfezione per provare a battagliare con un organico più strutturato come quello bianconero, ma qualora centrasse la seconda piazza in pochi potrebbero obiettargli qualcosa. E quella postazione è lì, a soli due punti.

E’ L’UOMO GIUSTO PER FARLO? – Detto delle verifiche empiriche, c’è la riflessione: è Maurizio Sarri l’uomo giusto per centrare gli obiettivi di cui si è appena detto? La risposta oggi è inevitabilmente affermativa. E’ vero che ovunque vada ti porterai dietro chi sei, e non è casuale essere approdati nel calcio d’elite così tardi, ma è altrettanto lapalissiano che sia in credito con la società: ha valorizzato calciatori che prima di lui sembravano rottami. Novanta i milioni incassati dalla cessione di Higuain, oltre sessanta quelli offerti dal Chelsea per Koulibaly: sul gong dell’era Benitez valevano meno di un terzo. Ed abbiamo riportato solo i due casi più conclamati. Ma non ci fermiamo qui: ha raccolto un Napoli in preda a crisi di panico, con il rigore di Higuain scagliato sulle impalcature del San Paolo ed un quinto posto da film horror. Ha preso questo Napoli e lo ha portato al secondo posto, dopo aver lottato punto a punto con l’armata Juventus per lo scudetto, donandogli un gioco studiato da mezza Europa. Ha perso un pizzico di lucidità nel momento chiave della stagione, quel maledetto febbraio, ma gli va ampiamente perdonato. Sta imparando a gestire una rosa, la più completa dell’era De Laurentiis, a cui ovviamente non poteva essere abituato. Non gli si confà, ma può imparare a mettere il vestito. Merita il tempo di assestamento. Che probabilmente sta scadendo, ma che non è ancora scaduto. Se Sarri supera questa stagione con i risultati di cui abbiamo discusso – ossia centrando l’accesso alla fase ad eliminazione diretta della Champions League e confermandosi in campionato – si sarà preso definitivamente il suo Napoli. E potrebbe dare il là ad un’era: apprendendo dai suoi errori, ma valorizzando i suoi punti di forza. Al terzo anno, con tali risultati alle spalle, potrebbe iniziare ad essere considerato un tecnico navigato a determinati livelli. Con esperienze europee alle spalle, più pronto (e magari coraggioso) a gestire le complessità di una grande squadra. Con maggiore physique du role. Nell’inferno del Da Luz il Napoli di Sarri si gioca la sua identità futura. Per restare insieme nel tempo.