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2015

E adesso sono nel vento

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La storia di Carlo Castellani, ex attaccante morto a Mauthausen

Il 3 dicembre 2011 al quinto del primo tempo di un anonimo Empoli – Ascoli finito poi tre a due per i toscani Francesco Tavano ha messo in rete il suo gol numero sessantadue con la maglia dell’Empoli. Un gol normale in una partita normale se non fosse stato che nessuno fino ad allora aveva mai segnato così tanti gol in azzurro. O almeno, qualcuno ci era andato vicino e quel qualcuno era Carlo Castellani, che in quella partita vide usurparsi il trono di bomber empolese proprio da Tavano. Castellani infatti si era fermato a sessantuno, sebbene avesse disputato molti meno incontri dell’ex punta del Valencia. Soprattutto Castellani apparteneva a un altro calcio, non aveva mai giocato in Serie A con gli azzurri e la sua carriera di calciatore era stata stroncata non tanto da un infortunio quanto dalla guerra. In molti parlano di Carlo Castellani quando c’è da nominare lo stadio di Empoli, in pochi ricordano che l’11 agosto del 1944 lo stesso Castellani morì nel campo di concentramento di Mauthausen, in Austria, vittima della barbarie nazista.

FIBBIANAFibbiana è un piccolo paese che fa da collante tra i comuni di Empoli e Montelupo Fiorentino ed è qui, in questo sparuto gruppo di case vicino l’Arno, che Carlo Castellani nasce il 15 gennaio del 1909. Il calcio deve ancora svilupparsi in Italia ma Castellani ne è attratto fin da piccolo, inizia a giocarci con assiduità e convince tutti i suoi allenatori con la cosa che meglio gli riesce: segnare. Da Fibbiana a Empoli è un tiro di schioppo, come dicono da quelle parti, e l’inserimento in prima squadra con gli azzurri è immediato. Nel 1926, a soli diciassette anni, Castellani è già nelle file degli empolesi. L’Empoli è una squadra nuova, è nata solo da sei anni dalla fusione tra il Foot Ball Club Empoli e l’Unione Sportiva Empolese, gioca in una sorta di Lega Pro ante litteram che si chiama Seconda Divisione, di certo una lega non troppo competitiva per i ritmi dell’epoca. Castellani però è un gradino sopra tutti gli altri e lo si vede fin dalle sue prime apparizioni con l’Empoli: quando ancora non ha venti anni è protagonista di una delle partite più pazze della storia del club toscano, impegnato con il San Giorgio Pistoia. Il match finisce otto a cinque, come se fosse una partita di calcetto, ma la cosa che colpisce di più è il numero di reti segnato da Castellani nell’incontro, ben cinque, record tuttora imbattuto per il club azzurro. Quello tra l’altro è un anno di grazia, su 22 partite Castellani segna 22 gol e si attesta come uno dei giovani più forti della zona.

LIVORNO – Lo incominciano a seguire molte compagini toscane, tra cui Livorno e Fiorentina, ma si fa un altro anno ad Empoli e nell’estate del 1931 il suo score con gli Azzurri è di quarantanove gol in settantasette partite, che sarebbero cinquanta in settantotto ma un Empoli – Pontedera di due anni prima è stato invalidato dagli organi calcistici del tempo. E’ il Livorno ad avere la meglio e a portarlo in Serie A, primo empolese della storia a riuscirci. L’esperienza labronica è poco felice e nemmeno troppo lunga, solo tre gol nella massima serie e poi zero nelle due stagioni successive, non proprio un successo clamoroso. Per questo è tempo di scendere nuovamente di categoria e andare a Viareggio nel 1933. In una stagione in Versilia la mette dentro una sola volta in tredici apparizioni e a fine anno decide di accettare l’offerta del suo primo amore, l’Empoli. Perché Empoli sarà pure una città che non offre opportunità come Madrid o Parigi, ma comunque chi ci passa difficilmente se la scorda, soprattutto se ci mette le radici. La seconda esperienza empolese però non è ai livelli della prima, Castellani ha perso esplosività e fa in tempo a segnare solo dodici gol in cinque annate contraddistinte da un clima politico particolare, visto che siamo tra il 1934 e il 1939. Non è il rapace che tutti conoscevano e avevano imparato da ammirare sui campetti di Fibbiana e poi al vecchio Stadio Martelli, quindi agli albori dei Quaranta, a soli trenta anni, lascia il calcio giocato.

MAUTHAUSEN – Il resto della vita di Carlo Castellani combacia con la storia d’Italia alla fine del Ventennio. Il calcio viene sospeso durante la Seconda Guerra Mondiale e l’Italia è in guerra a fianco della Germania; la situazione anche per i lavoratori è molto dura, per usare un eufemismo. Il 3 marzo del 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale organizza un serie di scioperi legandosi al movimento operaio, le richieste sono maggiori salari e migliori condizioni lavorative. la matrice degli scioperi è chiaramente antifascista e l’ondata contro i neri si sta facendo sempre più forte: le fabbriche, sottoposte a legge militare, si bloccano e la ritorsione delle autorità non si fa ovviamente attendere. A Empoli è celebre il caso della vetreria Taddei e nella zona empolese i rastrellamenti iniziano circa una settimana più tardi, nella notte tra il 7 e l’8 marzo 1944. Gli operai segnati come eversivi vengono presi sommariamente dai nazifascisti casa per casa e deportati, si stima che siano ben 92 gli abitanti dell’empolese deportati quella notte. Tra di loro anche un nome celebre, che però adesso lavora in una segheria nella natia Fibbiana. Quando Carlo Castellani sente bussare alla sua porta e vede di fronte a sé l’amico Orazio Nardini a tutto pensa fuorché ai campi di concentramento. Ha in testa suo padre David, di comprovata fede socialista e a letto gravemente malato.

OVUNQUE – Il Nardini però è arrivato per prendere babbo David, ma Castellani si oppone e si consegna lui stesso al fascista per andare in caserma a sentire cosa ha da dire il maresciallo. La moglie e i figli (tra cui il piccolo Franco, colui che da grande narrerà le gesta del padre) rimangono a letto per volere di Carlo stesso, che forse pensava di cavarsela in pochi minuti. E’ l’inizio della fine perché, lasciata la casa di Fibbiana, Castellani non tornerà mai più né a Empoli né in Toscana. Invece delle delucidazioni in caserma, Castellani deve rispondere alle SS alle Scuole Leopoldine, viene schedato e mandato a Firenze dalla cui stazione principale partirà per l’Austria, destinazione Campo di concentramento di Mauthausen-Gusen. Qui arriva intorno all’11 marzo e vi rimane per qualche mese, esattamente fino all’estate. L’11 agosto del 1944 – cinque mesi dopo il suo arrivo – Carlo Castellani muore a seguito di un attacco di dissenteria e per via delle condizioni inumane a cui è sottoposto nel lager nazista. Aldo Rovai, un amico di Castellani, è stato anche lui un deportato a Mauthausen e nel corso degli anni ha raccontato del messaggio che Castellani ha voluto rivolgere alla famiglia prima di morire: «Racconta come sono morto! Di’ loro quanto ho sofferto, più di Gesù Cristo!». La moglie di Castellani non ha mai voluto portare il lutto per la scomparsa del marito, incredula per quella morte così atroce e inaspettata, perpetrata da gente che fino a pochi giorni prima entrava in casa Castellani come un conoscente qualsiasi, talvolta come un amico.