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Higuain, da rivoluzionario a borghese

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Gonzalo Higuain passa dal Napoli alla Juventus: la sua storia

Carlo Ancelotti, oltre ogni ragionevole dubbio nel ristrettissimo gotha dei migliori allenatori del pianeta, al suo approdo sulla gloriosa panchina del Real Madrid si oppose in tutti i modi alla cessione di Gonzalo Higuain. Che però, stanco di una parte non primaria al cospetto della stella e polo attrattivo Cristiano Ronaldo, scelse di darci un taglio: Napoli, addirittura Napoli, per scrivere in primissima persona la propria storia e non esserne mero spettatore.

PIPITA IL RIVOLUZIONARIO – Napoli, dal Real Madrid, pacificamente il club più noto della galassia: una scelta sui generis per quello che è sempre stato uno dei centravanti più talentuosi in circolazione. Abile il club partenopeo allora a garantirsene le prestazioni per appena 37 milioni di euro, intrigante la sua scelta: Napoli, lì dove prima di lui aveva trionfato soltanto la leggenda Maradona. Un’eco, un richiamo troppo speciale per chi nelle vene ha sangue argentino: riportare lo scudetto nella seconda patria del Pibe de Oro, un atto rivoluzionario che ti consegna dritto alla storia del calcio. Una pagina eroica che in un solo colpo avrebbe cancellato ogni rimpianto: ad esempio le due Champions League vinte proprio dal Real Madrid in tre anni, dal giorno del suo addio ad oggi. Incredibile vero?

GONZALO IL BORGHESE – A livello personale tre annate di clamorose occasioni mancate: Gonzalo Higuain è titolare nella finale del Mondiale e vincere quella partita al Maracanà di Rio de Janeiro, addirittura ancor più che vincere a Napoli, spazzerebbe via ogni rimpianto. Ma fallisce, anche in prima persona davanti al mostro Neuer. Se non bastasse le due successive finali di Copa America: 2015 con il rigore calciato alle stelle da subentrante, 2016 con l’ennesima chance fallita da titolare. Nel mezzo il pianto rabbioso di Udine: quando, dopo aver disputato una stagione da extraterrestre del pallone rotondo, prese atto di non avercela fatta. Ancora una volta. Tutto questo – scegliete voi quale sia stata la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso – ha portato all’imborghesimento dell’ex rivoluzionario Pipita: ho 28 anni, chiama la Juventus e pur di acquistarmi versa 94 milioni nelle casse del mio club, rischio di concludere una carriera praticamente all’asciutto, non mi lascio scappare l’occasione. Perché alla Juventus ho senz’altro maggiori possibilità di vincere rispetto che a Napoli e non lasciare agli annali un curriculum vuoto. Il pensiero di Gonzalo, con buona pace dell’anima rivoluzionaria.

COME CAMBIA LA JUVE – Higuain è il messaggio di chi sa reinventarsi: il direttore generale Marotta ha tastato il polso della Juventus, ha colto il rischio di un accomodamento sugli allori – nel senso: in Italia abbiamo già fatto tutto, in Europa è una mission impossible, cosa abbiamo da chiedere a noi stessi? – ed ha stravolto la squadra. Operazioni di forza: Pjanic ed Higuain prelevati a suon di clausole, Pjaca strappato alla concorrenza, Dani Alves e Benatia per non farsi mancare davvero nulla. Il tutto condotto con gli occhi della tigre, della fame: i calciatori non possono che restare ammirati e seguirne la via, se una società – dopo tutto quanto realizzato nell’ultimo quinquennio – mostra tale ferocia agonistica non resta che scoprire ed inseguire il prossimo traguardo. L’urlo della Vecchia Signora è di quelli lasciano stecchiti: mettere le mani sulla maledetta Champions League ma farlo con cognizione di causa, non con l’ingenuità di chi sogna sotto l’ombrellone quel futuro che non sarà. Anche Higuain ha da togliersi da dosso la maledizione del perdente di lusso: due anime – la sua e quella della Juve – che in tal senso vanno nella stessa direzione. Poco borghese – ed assai rivoluzionario – strappare la coppa con le orecchie dalle mani delle grandi d’Europa, nella fattispecie del club che lo ha portato nel vecchio continente, e regalarla all’affamata Juventus.