I 10 c. t. che hanno cambiato l'Italia - Calcio News 24
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2014

I 10 c. t. che hanno cambiato l’Italia

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La top ten dei migliori commissari tecnici azzurri

DIECI C. T. ITALIA – Bella, ma curiosa. Curiosa, ma bella. La storia della Nazionale Italiana di Calcio potrebbe essere raccontata in un’enciclopedia. Tanti i c. t. che sono transitati per i colori azzurri (che poi azzurri all’inizio non erano, ma bianchi): non tutti hanno avuto fortuna, pochi hanno avuto il privilegio di essere ricordati come vincenti. Riuscirà Conte a riscrivere la storia? Qualcuno prima di lui ce l’ha fatta, altri ci hanno almeno provato. A partire da quel lontanissimo 15 maggio 1910, quando fu nominata la prima commissione tecnica della Nazionale, uno strano e pasticciato miscuglio in cui, a decidere convocazioni e formazioni, era un insieme di allenatori, ex giocatori, dirigenti federali, dirigenti arbitrali e pseudo-esperti. Il calcio era uguale eppure totalmente diverso a quello dei nostri giorni. 

LA TOP TEN – Questa la top ten dei migliori c. t. della storia della nostra Nazionale. O per meglio dire: la classifica di quelli che, in un modo o nell’altro, hanno provato almeno a cambiare la storia calcistica del nostro Paese. Una storia bella, ma curiosa.

10 – FULVIO BERNARDINI (1974-1977): C. t. per un breve periodo di tempo, Bernardini era nato a Roma, dove è morto nel 1984. In carriera aveva allenato giallorossi e biancocelesti, così come Sampdoria, Bologna e Fiorentina (con queste ultime due era riuscito nell’impresa di vincere lo Scudetto). Fu chiamato al timone azzurro in seguito al disastroso Mondiale del 1974 (Italia eliminata al primo turno) e non fece molto meglio a dire il vero: fallita la qualificazione agli Europei del 1976, si dimise l’anno successivo. Il suo più grande merito è quello di aver costruito lo zoccolo duro che si sarebbe poi imposto negli anni successivi: le critiche gli costarono il posto ma, con il senno del poi, cementarono un gruppo che Bearzot negli anni successivi avrebbe completato e forgiato alla grande.

9 – CESARE MALDINI (1996-1998): Un breve periodo da c. t. il suo, che corrispose però a mezza vita trascorsa nel settore tecnico della FIGC: vice di Bearzot dal 1980 al 1986 e poi c. t. dell’Under 21 per i dieci anni successivi (ed un filotto di tre Europei di categoria conquistati uno dietro l’altro tra il 1992 ed il 1996). Facile pensare che con un gruppo di ragazzi da lui stesso allevati, l’allenatore triestino avrebbe fatto la differenza… ed invece no. L’ex milanista, arrivato dopo la debacle europea del 96, riuscì a traghettare a fatica gli Azzurri a Francia 98 (spareggio vinto con la Russia). Ai Mondiali fatale fu ai quarti la traversa colpita da Gigi Di Biagio ai rigori contro i padroni di casa: tanta amarezza e la sensazione che, se non ci fosse stato quel legno di mezzo, una squadra così forte, formata in attacco da gente come Vieri, Del Piero e Baggio, avrebbe potuto conquistare il cuore della nazione. 

8 – GIOVANNI TRAPATTONI (2000-2004): Con un curriculum del genere alle spalle, l’ex allenatore di Milan, Juventus ed Inter (tra le altre), non poteva che approdare in Nazionale con i favori di stampa e pronostico. Ed il “Trap” invece sulla sua strada trovò prima un arbitro cicciotello dell’Ecuador e poi… un biscotto. Presa la qualificazione per Corea e Giappone 2002, la sua Italia fu eliminata agli ottavi dai padroni di casa coreani con la complicità di Byron Moreno (e chi se lo scorda). Agli Europei del 2004, dopo un inizio di girone tutt’altro che entusiasmante, sulla strada del mister di Cusano Milanino si mise l’accordo scandinavo tra Svezia e Danimarca, che di fatto ci buttò fuori dalla rassegna portoghese. Tante le accuse per Trapattoni in quegli anni: grandi giocatori tra le mani, ma una mentalità forse un po’ troppo chiusa per il calcio moderno. Eppure non fosse stato per le coincidenze del fato…

7 – DINO ZOFF (1998-2000): Calmo, compassato, al limite del noioso, con quella sua parlata lenta, lenta, lenta, lenta… Dino Zoff non amava il contorno, preferiva la sostanza: dopo una carriera ai massimi livelli come portiere (con tanto di Mondiale in palmares) ed un discreto passaggio da allenatore, tra Juventus e Lazio, il tecnico friulano si stava dedicando alla carriera da dirigente, quando ecco la chiamata che non si può rifiutare, quella azzurra. Il destino gli riserverà una grossa amarezza: agli Europei del 2000, dopo un cammino grandioso, culminato con l’eliminazione ai rigori dei padroni di casa olandesi (ed un Toldo superstar ai rigori), la delusione della finale. A pochi secondi dal fischio finale il gol di Delvecchio regalava agli azzurri (in maglia bianca) il trionfo, ma il destino infame ci mise lo zampino. Prima la rete in pieno recupero di Wiltord e poi quella decisiva al golden gol di Trezeguet, punirono forse anche eccessivamente una Nazionale bellissima. Si dimise al termine della competizione, dopo essere entrato in polemica con Silvio Berlusconi, che aveva accusato il c. t. di una marcatura un po’ troppo larga di Zinedine Zidane

6 – AZEGLIO VICINI (1986-1991): Gli passò davanti il treno della vita dopo i disastrosi Mondiali del 1986, al termine del ciclo “bearzottiano”. Dopo essersi fatto tutta la trafila in Federazione a partire dal lontano 1975, l’occasione non poteva sfuggirgli. Arrivato di corsa alla guida azzurra, guidò l’Italia prima agli Europei 1988, dove giunse fino alla semifinale (sconfitta sotto il diluvio contro l’Unione Sovietica) e poi ai Mondiali di casa del 1990: la chance che vale una vita. La storia la conosciamo più o meno tutti: arrivati in semifinale, gli Azzurri dovettero arrendersi solo ai rigori all’Argentina di Maradona. La medaglia di bronzo conquistata contro l’Inghilterra sarà solo un contentino all’amarezza delle notti magiche. Il cesenate provò a rimanere in sella fino ai successivi Europei, ma fallì clamorosamente la qualificazione: si dimetterà nel 1991. 

5 – ARRIGO SACCHI (1991-1996): Arrivò in Nazionale con la fama di predestinato: al Milan era riuscito a costruire un ciclo che, negli anni seguenti, avrebbe letteralmente rivoluzionato il calcio moderno. Romagnolo tosto, con le idee precise, Sacchi ripartì da zero dopo il fallimento di Vicini e costruì una delle nazionali più forti degli anni Novanta. Le sue idee di calcio inizialmente non sembravano combaciare perfettamente con gli uomini a disposizione: tante le difficoltà nel cambiare la mentalità di un gruppo che, nel corso del tempo, Sacchi avrebbe poi forgiato a sua immagine e somiglianza, escludendo top player come Zenga, Mancini, Vialli e Bergomi (hai detto niente). Raggiunti i Mondiali di USA 1994 con un processo di crescita lento ma inarrestabile, arrivò fino alla famosa finale di Pasadena, dove gli azzurri verranno battuti solo dal caldo e dal rigore sbagliato da Roberto Baggio, l’uomo più rappresentativo di quella Nazionale. Agli Europei 1996 il ciclo parve essere già finito: l’Italia tornò a casa alla fase a gironi e Sacchi mollò con la più grande amarezza che il calcio italiano abbia mai conosciuto… essere a 11 metri dal titolo mondiale. 

4 – FERRUCCIO VALCAREGGI (1966-1974): Uno dei c. t. più longevi della storia azzurra. Triestino doc, era arrivato in azzurro senza avere le spalle un grosso curriculum, ma convinse subito per forza delle idee e capacità di gestione di un gruppo formato da personalità fortissime. Vinse gli Europei del 1968 (i primi e finora unici della storia tricolore, appena due anni dopo la Caporetto del 1966 contro la Corea del Nord), prima di arrivare ad un passo dal titolo mondiale nel 1970 ed arrendersi contro il Brasile. La semifinale di quel Mondiale contro la Germania sarà universamente conosciuta come “la partita del secolo”. Tante le critiche per l’allenatore friulano, che passerà indenne gli Europei del 1972 (quarti di finale), ma non la disastrosa spedizione del 1974, quando entrato in collisione con Giorgio Chinaglia, tornò a casa dopo la fase a gironi. Criticato per un secondo posto, criticato per un fallimento ben più grande quattro anni dopo: non facile la sua vita come c. t. 

3 – MARCELLO LIPPI (2004-2006 E 2008-2010): Primo ciclo indimenticabile, secondo ciclo da dimenticare: l’errore più grosso del viareggino fu tornare sui propri passi. Giunse al Mondiale di Germania 2006 in un clima tremendo: più di metà dei suoi calciatori coinvolti di riflesso in Calciopoli ed anche lui non indenne dalle critiche. Ne nacque un capolavoro superbo: la cavalcata azzurra che porterà gli Azzurri in finale contro la Francia eliminando i padroni di casa tedeschi è un ricordo ancora vivo, così come il rigore di Grosso in quell’afosa notte di mezza estate… Tornato per debito di riconoscenza due anni dopo, Lippi non fu più in grado emulare i trionfi del passato: in Sudafrica venne eliminato in un girone tutto sommato facile. Comunque sempre troppo poco per dimenticare un Mondiale vinto. 

2 – ENZO BEARZOT (1975-1986): “El vecio” detiene ancora oggi il record di panchine azzurre. Dopo aver allenatore l’Under 23, nel 1975 venne chiamato a coadiuvare prima e sostituire poi Fulvio Bernardini. I primi risultati non tardarono ad arrivare sotto il profilo del gioco: la sua Italia, dal gioco bello e spumeggiante, arrivò quarta ai Mondiali del 1978, guadagnandosi l’appellativo di “bella e incompiuta” da parte della stampa internazionale. Dopo un altro quarto posto, quello degli Europei casalinghi del 1980, in molti cominciarono a credere meno nella Nazionale di Bearzot, sommersa dallo scandalo del calcioscommesse: ai Mondiali del 1982 in effetti gli Azzurri non partirono per niente bene, ma di lì in poi fu un crescendo che li porterà al trionfo di Madrid, all’urlo di Tardelli, alla consacrazione di Paolo Rossi, alle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Meglio di così non si poteva più fare: infatti, fallita la qualificazione agli Europei del 1984, l’Italia venne buttata fuori praticamente subito al Mondiale del 1986. A Bearzot il merito di aver riportato il tricolore in cima al mondo dopo la bellezza di 42 anni di digiuno. 

1 – VITTORIO POZZO (1912, 1921, 1924 E 1929-1948): Non era un allenatore vero e proprio e non era stato nemmeno un grandissimo giocatore, lavorava alla Pirelli e faceva l’allenatore a tempo perso, senza guadagnare nemmeno una lira. Erano altri tempi, ma che tempi quelli di Vittorio Pozzo… il c. t. passato per il Regno d’Italia, la dittatura fascista e due guerre mondiali. E’ il più vincente della nostra storia, tra i più vincenti del calcio mondiale con due Coppe del Mondo di seguito vinte nel 1934 (in casa) e nel 1938, inframmezzate da un Oro Olimpico (l’unico della storia italiana) nel 1936 e due Coppe Internazionali (l’antenata dell’Europeo) tra il 1930 ed il 1935. Una storia lontana da noi, ma che non è più nè meno importante di quella recente: la storia è tale perchè eterna, così come l’Italia di Pozzo.