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2014

Il calcio secondo me

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L’addio calcistico ed il ringraziamento a chi ha influenzato l’ultimo ventennio: Javier Adelmar Zanetti

SERIE A INTER ZANETTI – Javier Adelmar Zanetti è una personale fonte di ispirazione, uno di quelli che mi ha avvicinato a questo mondo per poi non farmene staccare più: la fortuna di viversi e godersi la carriera di un campione del genere – fino a narrarne le gesta – è forse l’elemento che più di ogni altro segna la singolarità di questo lavoro.

IL TRAGUARDO – Per me un’ora al giorno di Javier Adelmar Zanetti nelle scuole calcio non farebbe affatto male, prima nei VHS ed ora nei DVD: ecco, la società si muove ed evolve – basta pensare a VHS e DVD – e con lei il calcio che mai come nell’ultimo ventennio è stato investito da profonde innovazioni tecniche e regolamentari. Quel che resta immutato però è – per fortuna – il punto d’arrivo: chi ambisce al massimo deve giocoforza ispirarsi a quelli come Zanetti. Che sono pochi, pochissimi, ma che grazie al cielo esistono e rappresentano la faccia pulita di uno sport troppe volte macchiato da vicende che in linea teorica non lo riguarderebbero affatto. Javier Zanetti ha fatto i VHS ed i DVD senza che questi ultimi lo invecchiassero: il capitano nerazzurro lascia a 40 anni suonati senza aver fatto una figuraccia che sia una.

IL CAMPO – Altro che figuracce, verrebbe da dire: esempio per statura umana si diceva ma allo stesso tempo calciatore perfetto, ideale. Un esterno così forte, nonostante l’abbondanza storica nel ruolo, non l’ho personalmente mai visto: impenetrabile in fase difensiva grazie alla sua esplosività fisico-atletica e ad un’intelligenza fuori dal comune, emozionante palla al piede – chi non ricorda le sue proverbiali discese sulla corsia destra, rapidità e tecnica di base unica per un difensore – e dotato di una duttilità di cui davvero non si rimembrano precedenti. Zanetti un esterno basso che può giocare parimenti sulle due fasce ma anche da esterno alto o – come dimostra l’aurea parentesi mourinhiana – da interno di centrocampo. Ma non chiamiamoli adattamenti: se Zanetti fa un ruolo lo fa al massimo ed è il massimo a disposizione di un allenatore per qualità e personalità.

L’EREDITA’ – Sviolinare il suo curriculum lascia il tempo che trova: lo storico capitano nerazzurro ha vinto tutto al timone della sua Inter e lo ha fatto da protagonista assoluto. Ma oltre a ricordarlo per i successi – come non citare gli occhi assatanati al momento della consegna della tanto rincorsa Champions League – mi piace fondere la sua immagine alla capacità di rialzarsi: la storia dell’Inter è ben nota ai più e soprattutto ad un popolo che nell’ultimo ventennio – quello del suo capitano – prima di gioire ha dovuto ingoiare una quantità indefinita di bocconi amari. Per un calciatore pacificamente tra i migliori al mondo mollare sarebbe stato comprensibile: andare a vincere dove si vince insomma, il capitano argentino avrebbe soltanto avuto l’imbarazzo della scelta. Ha però preferito legare la sua storia a quella dell’Inter, ha rischiato di non vincere nulla per poi godersi come proprie le vittorie arrivate, si è rialzato riscattando l’immagine dei pochi idioti che lo volevano un perdente di lusso. Ecco, fortunatamente pochi. Perché la massa non nerazzurra in queste ore si affretta a rendere omaggio ad un simbolo. E chi unisce in questo modo ha lasciato qualcosa. Un timbro, un volto, un modo di essere e vivere. Grazie di tutto capitan Zanetti.