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Il coraggio delle due Milano calcistiche

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Risvolti di una stessa medaglia: a Milano il calcio ride e piange, Milan ed Inter vicine ma lontane anni luce

Campagna acquisti dell’Inter: faraonica. Tanto da dover ricorrere ad artifizi in tema di lista Uefa per rientrare nei paletti imposti – si fa per dire – dal discusso e discutibile fair play finanziario. Campagna acquisti del Milan: alla vogliamoci bene. Si fa quel che si può, molto poco a dire il vero. Classifica Inter: 14’ posto, più cinque sulla zona retrocessione. Classifica Milan: seconda piazza, meno due dalla capolista Juventus appena battuta.

EVIDENZE – Otto punti di distanza (19 i rossoneri, 11 i nerazzurri) che vogliono dire tutto e niente quando siamo ad appena un quarto di campionato, ma che rovesciano in pieno le tendenze e le aspettative della vigilia: l’Inter, forte appunto dell’ennesima campagna acquisti di sostanza e talento, a battagliare per le primissime posizioni e magari dare fastidio alla Juventus, il Milan fondamentalmente in attesa dell’avvicendamento societario. Ed invece no: il Diavolo ha valorizzato al massimo le dotazioni a disposizione ma soprattutto ha minimizzato il potenziale effetto dei suoi difetti, che esistono e sussistono, mentre l’Inter non ha capo né coda e la sensazione forte è quella che in campo pochi – per non dire nessuno – sappiano realmente cosa fare. La classifica è l’unica possibile conseguenza di quanto emerso.

CORAGGIO MILAN – Una gestione che ha avuto l’ambizione di rinnovarsi secondo una strada la quale, almeno in Italia, raramente paga: ripartire dai giovani, alcuni di loro peraltro già in enorme discussione nonostante la carta d’identità, molti dei quali italiani per provare a ricreare – in un ottica di medio termine – quello zoccolo duro che diede il là all’era Berlusconi. Lasciare un po’ dove si era iniziati, per intenderci. Il resto lo ha fatto la lungimiranza (finalmente!) nella scelta dell’allenatore: Vincenzo Montella era reduce dalla sua peggiore stagione nella carriera da tecnico, al timone della Sampdoria, ma il Milan non ha esitato ad affidargli la sua panchina, tanto gloriosa quanto decaduta nel recente passato. Un impegno rovente, considerando lo stato dell’arte ed al contempo il passato di una club così elevato. Il potenziale limbo insito nel circuito delle alte aspettative difficilmente rispettabili non ha spaventato Montella: calmo e sapiente, lucido e coraggioso, misurato ma ambizioso. La sfida è far reggere questo Milan: chi vi scrive ci spera, perché incantato dalla bellezza del progetto.

CORAGGIO INTER – Anche dall’altra sponda di Milano certamente non manca il coraggio: quello di separarsi da Roberto Mancini ad agosto inoltrato ed affidare – sempre ad agosto inoltrato eh – la panchina nerazzurra a quello che è fondamentalmente uno sconosciuto. Sì, perché Frank De Boer ha allenato e vinto in Olanda alla guida dell’Ajax ed è sufficiente come biglietto da visita guadagnato in un Paese dove spesso si anticipano le tendenze: è quanto basta a giungere in Italia con l’aria da guru, con l’aureola del depositario della verità, con il fascino di chi lancia nuove mode. Poi però l’Italia è un’altra storia: una storia di pressioni, di tritacarne mediatico, di lastrico, di oggettiva difficoltà nell’ottenere i necessari tempi d’attesa per ambientarsi in una realtà opposta ed avviare un lucido percorso di programmazione. Oggi l’Inter è meno di un cantiere, un album di figurine dove non si trovano le figurine, una donna incompiuta che neanche salva la sua bellezza. La coerenza vorrebbe che ad una scelta così precipitosa si dia continuità: se si è puntato su tale De Boer, ad agosto inoltrato, è perché si credeva a tale De Boer. E non possono bastare due mesi per cacciarlo. O quantomeno si ammetta di non averci capito un tubo in quella scelta. Certo poi non si tratterebbe più di coraggio.