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Rubrica “Italia Anno Zero”: la missione di Antonio Conte è riuscita

Nell’immediato post Brasile 2014, con la clamorosa eliminazione incassata dall’Italia alla fase a gironi, non si sapeva oggettivamente da dove ripartire: le voci su una spedizione vissuta in stile resort cinque stelle lusso, un gruppo diviso al suo interno tra fazioni bianconere e cassaniani, le evidenze del campo e dunque di una squadra senza capo né coda.

ITALIA ANNO ZERO – Da assiduo osservatore ed appassionato tifoso della nazionale italiana nacque allora l’idea di questa rubrica: il nome – venuto alla luce con una certa spontaneità ed immediatezza – voleva riferirsi allo stato in cui allora versava la nazionale italiana e di riflesso (o viceversa, fate voi) l’intero movimento calcistico nazionale. Deficit di talenti, ok, ma fattore che non poteva bastare a tracciare la linea poi emersa con irruenza in terra brasiliana: mancava un senso comune, un’identità, il piacere di stare insieme e condividere qualcosa più grande delle relative individualità. L’eliminazione alla fase a gironi bissava quella incassata quattro anni prima in Sudafrica: nel mezzo una finale ad Euro 2012 – per certi versi clamorosa – che tanto sapeva di canto del cigno di una generazione da accantonare e reinventare.

LA FIGC A TAVECCHIO – Parallelamente al campo da gioco camminava una linea, un fiume o un sentiero, dall’incerta foce: di una qualche svolta si sentiva necessità come dell’aria che si respira, eppure i vertici del calcio italiano non ne vollero sapere di dare una netta sterzata con un nome a sorpresa che scompigliasse i piani predeterminati e provasse definitivamente a chiudere con quel che fu. Carlo Tavecchio, già vicepresidente dal 2007, assume il timone della Figc: il calcio italiano è nelle sue mani, frustrate le aspettative di chi ambiva alla svolta. Personaggio controverso, le sensazioni sono in tal senso immutate, ma il primo passo è di quelli convincenti: l’Italia va ad Antonio Conte, il top di gamma, incarico altamente dispendioso se paragonato agli standard economici sui quali si basano le nazionali ma mirato a rilanciare con forza la quota della gloriosa ma irriconoscibile nazionale italiana.

CONTE IL PASSIONALE – Dei risultati sportivi conoscete oramai tutto: girone di qualificazione ad Euro 2016 vinto con 24 punti e senza mai perdere (se lo davate per scontato non avevate compreso molto), poi un campionato europeo vissuto da star senza una star, con quei pochi talenti a disposizione di una generazione in tal senso mai così povera infortunatosi l’uno dopo l’altro. La star era lui. Sulla creazione di nuovi talenti Antonio Conte può incidere ben poco: tocca al lavoro dei club italiani ed alla loro lungimiranza, non sprecare le risorse a disposizione ed alle volte rischiare un pizzico in più. Quel che però poteva riuscire al commissario tecnico, più che riuscire, ha tracciato i contorni di una vera e propria impresa: Conte ci ha restituito il senso nazionale. Il senso di una nazionale. Ci siamo stretti intorno alle vicende dei nostri ragazzi, dimenticando finalmente da quale club provenissero. Chi ha suonato ancora le proprie campane, beh, è stato in minoranza. Poi non vi lamentate al soffiar di venti indipendentisti, non fosse altro che per coerenza. Questa Italia ha riportato al senso originario dell’essere italiano: dare il meglio di sé quando spalle al muro. Siamo così, fatti così nel bene e nel male. Il mondo conosce una pagina in più del manuale del perfetto italiano: andiamo fuori ai calci di rigore contro i meravigliosi campioni del mondo, con quella ritrovata voglia – ben detto Andrea Barzagli – di stare insieme. E’ l’Anno Uno: l’Italia è ripartita. La rubrica, pur avendo centrato il senso della sua missione, resterà in vita con il suo titolo originario. Per tante ragioni: per andarci piano, innanzitutto, e poi per dare il benvenuto a mister Ventura. Guai a pensare che qualcosa sia già stato fatto. Ripartire da qui, certo, ma con il fuoco dentro.