L'avversaria della Juve: è la squadra dei sogni, il Barcellona dell'impossibile - Calcio News 24
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L’avversaria della Juve: è la squadra dei sogni, il Barcellona dell’impossibile

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L’urna di Nyon è un’ascia sulle speranze europee della Juventus di Allegri: la sorte scrive Barcellona, tutto sull’avversaria dei bianconeri ai quarti di finale di Champions League

Fondamentalmente i supporter bianconeri avevano fiutato il pericolo già dalla notte del clamoroso ribaltone, quando il Barcellona di Luis Enrique rifilava sei gol al malcapitato Paris Saint Germain – di cui tre negli ultimissimi minuti di gioco – e si iscriveva ulteriormente nella storia dello sport più bello del mondo. Mai nessuno prima nella storia della Champions League aveva ribaltato un 4-0: mai nessuno appunto, prima della squadra dei sogni. Del club che tutto può. Del resto se prendi l’erede di Pelé e scegli di sommarlo – e non sostituirlo – all’erede di Maradona, condisci con il centravanti più prolifico del pianeta e fai quasi passare uno come Iniesta per dessert, beh, hai già scelto di incidere una traccia profonda nell’evoluzione del pallone rotondo. Di farti ricordare per eccesso di bellezza. Eccesso di genio. Alla Juventus di Allegri arriva dal sorteggio di Nyon il Barcellona di Messi e Neymar, di Neymar e Messi: è di per sé una mission impossible che ora andiamo a caratterizzare punto per punto.

Juventus – Barcellona, i precedenti

Innanzitutto il dato storico: sono nove i precedenti complessivi tra Juventus e Barcellona, di cui quattro vittorie bianconere. Per quanto concerne la massima competizione internazionale per club, Juventus e Barcellona si sono sfidate nei quarti di finale della Coppa dei Campioni 1985-86, quando al Camp Nou terminò 1-0 in favore dei blaugrana, mentre al ritorno l’1-1 non bastò ai padroni di casa per assicurarsi il passaggio del turno. Avanti i catalani. Lo scontro si ripete nei quarti della Champions League 2002-03: risultato di 1-1 all’andata, poi il colpo pazzesco della Juventus al Camp Nou con la delirante rete timbrata Zalayeta. Quella Juve eliminò poi il Real Madrid in semifinale, prima di arrestarsi in finale con il Milan di Carlo Ancelotti. Ma il precedente più vivo nella memoria degli appassionati di sport – nonchè giocoforza il più rilevante tra i due club in questione – è la finale dell’edizione 2014-15: il Barcellona, sempre quello di Messi e Neymar, si presenta all’appuntamento con la storia da grande favorita. E rispetta le evidenze del pronostico: 3-1 senza troppi convenevoli, sebbene vada concesso alla Juventus di Pirlo, Vidal, Pogba, Tevez e Morata – oggi non compare più nessuno di questi nell’organico bianconero – l’onore delle armi.

Come (non) si ferma il Barcellona

Impensabile arginarli: non chiedere soltanto al Psg di Emery, ma a tutto il mondo del calcio. Chi prima e chi dopo, vero, ma un po’ tutti sono passati sotto al ciclone Barca: il talento a disposizione è troppo elevato per poter ipotizzare dinamiche contenitive, che possono funzionare statisticamente in una gara su dieci. Così come, rovescio della medaglia, giocarsela a viso aperto impone di dover concedere spazi ad interpreti che vantano ogni soluzione possibile ed immaginabile. Dunque come si fa? Viene quasi da ridere, perchè la risposta è che non si fa. Dipende da loro: se il Barcellona è in giornata, il Barcellona vince la partita. Perchè attualmente è la squadra più talentuosa del pianeta. Il talento non sempre gira alla perfezione: alle volte si avvita su sé stesso, si impigrisce, quasi si annoia. Ed è in queste giornate grigie che un avversario solido e strutturato come la Juventus può piantare la tenda e giocarsi le sue chance. Traduciamo: serviranno due giornate non brillanti del Barcellona – due, non una, si è visto cosa succede anche quando ne beccano quattro alla prima! – ed una Juventus in grado di captare il segnale. E reagire con tutti i suoi mezzi (non sono pochi) a disposizione.

https://www.youtube.com/watch?v=436tpzej20g

Il punto forte del Barcellona di Luis Enrique

E’ insindacabilmente la produzione offensiva: quello del Barcellona è l’attacco più prolifico della Liga con 77 reti all’attivo in 27 gare di campionato. Sì, 77: i blaugrana segnano alla media di 2.85 gol a partita. Statistica fantascientifica che la racconta lunga sulle abilità di una fase offensiva illeggibile: fai la gabbia a Neymar per contenerne la rapidità ed arriva puntuale la giocata di Messi, se le linee imbrigliano i due giocolieri c’è la soluzione in profondità per Suarez, se non bastasse ecco gli inserimenti di centrocampisti magari meno talentuosi rispetto all’impostazione del Barcellona di Guardiola ma più moderni ed adattabili – Rakitic su tutti – alle dinamiche della nuova era calcistica. Statistiche addirittura incrementate dall’andamento palesato in Champions League: il Barcellona, tra fase a gironi ed ottavi di finale, ha siglato ben 26 reti in 8 gare, alla surreale media di 3.25 gol a partita. Soltanto l’eclettico Borussia Dortmund di Tuchel è riuscito a camminare su tali sentieri.

La stella del Barcellona dei sogni

C’è il calciatore più forte in circolazione ed il suo erede: Leo Messi e Neymar Jr, in un connubio che solo gli esteti del calcio possono comprendere a pieno. Godiamoceli finché insieme: perché la sensazione forte resta quella – per il complesso quanto interessante rapporto che entrambi vivono con la propria nazionale, Argentina e Brasile appunto – che Russia 2018 cambierà alcuni scenari. Soprattutto per quanto concerne la posizione della Pulce: un’eventuale vittoria allo stesso tempo lo renderebbe all’unisono il calciatore più forte di tutti i tempi ma lo priverebbe di motivazioni future. Avrebbe già vinto tutto, nella stragrande maggioranza dei casi ripetendosi e ripetendosi nei suoi successi, sarebbe oggettivamente complesso non cercare motivazioni altrove. A meno che tutto non sia realmente qui, a casa sua. Un ulteriore fallimento con la maglia dell’Argentina frustrerebbe il prosieguo della sua carriera. Neymar è l’erede designato: è colui che per talento gli somiglia di più. E’ un calciatore oltre ogni limite: l’unicità sta nell’abbinamento perfetto di velocità e tecnica pura. Quello che gli ha concesso il dna lo esegue a mille all’ora: fate un po’ voi.

L’allenatore: Luis Enrique

Sottovalutato, tremendamente sottovalutato: alla prima occasione al timone del Barcellona ha fatto Triplete, alla seconda stagione ha vinto Liga e Copa del Rey. E parlavano di fallimento. Alla terza è tuttora in corsa per tutti gli obiettivi stagionali: scusate se è poco. Ha già dichiarato di lasciare il club al termine della corrente stagione: una mossa che, a detta di tanti addetti ai lavori che ruotano intorno al mondo Barca, si è rivelata decisiva nella capitalizzazione della storica remuntada. Si è tolto tre grandi sfizi: innanzitutto quello di farsi rispettare da una squadra di prime donne che inizialmente lo guardava come si guarda un ufo caduto sul pianeta Terra per caso. Indimenticabile l’episodio della trasferta sul campo della Real Sociedad: Messi e Neymar in panchina, colpevoli di aver ritardato il rientro dalle vacanze natalizie. I due scherzavano: Neymar gesticolava con Messi consigliandogli di iniziare a scaldarsi, l’argentino se la rideva. La partita poi andò male, l’esperimento non fu più ripetuto, alla fine dell’anno fu Triplete. Da lì il rispetto è arrivato ed oggi, alla notizia del suo addio, anche i Messi e i Neymar non sono poi così felici. Sfizio numero due: ha verticalizzato il calcio orizzontale di Guardiola. Prendendone tutti i benefici, ma rendendolo più al passo con le esigenze del calcio moderno. Meno avviluppato sul palleggio a tutti i costi, più amico della profondità. Una sintesi perfetta. Sfizio finale: ha allenato la squadra più forte di tutti i tempi. Se non siete d’accordo, legittimo per carità, converrete abbia allenato una delle squadre più forti di tutti i tempi.

Il punto debole del Barcellona di Luis Enrique

Se non sempre, nel corso di questa stagione sono spesso apparsi attaccabili: Mascherano, Piquè e Mathieu hanno tutti un anno in più, il ricambio è dato da Umtiti. Forze fresche senz’altro, ma difendere al Barcellona è un concetto differente dal difendere nelle altre squadre: occorrono tempi di ingranaggio non necessariamente così brevi. Il tutto è amplificato dalla spinta propulsiva di esterni oltremodo offensivi e dall’assetto generale della squadra: tre attaccanti, sempre, con i centrocampisti per natura più dediti alla fase attiva che a quella passiva. Quando è il Barcellona in possesso della palla, ossia molto spesso, pochi problemi: quando lo sono gli altri, forse ed a tratti, qualche lacuna inizia ad intravedersi. Peraltro confermata dai dati: quella del Barcellona è la terza difesa della Liga dopo Villarreal ed Atletico Madrid, con 23 reti incassate in 27 gare di campionato, alla media di 0.85 a partita. Una media superiore sia a quella con cui i catalani si sono aggiudicati la scorsa edizione della Liga (0.76 reti subite a partita) che di gran lunga a quella riscontrata nell’anno del Triplete, quando il Barcellona incassò appena 21 gol nell’intero campionato attestandosi sulla media di 0.55 a partita. E’ su questo aspetto che la Juventus dovrà necessariamente incentrare la preparazione della gara e fondare le sue velleità: quando attaccanti con costanza, vedi il Psg nella sfida d’andata degli ottavi di finale, possono prestare il fianco. Poi però il fianco non devi prestarlo a tua volta. E lì viene il bello: in bocca al lupo Juventus.