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È ipotizzabile una Juventus senza Allegri?

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La sconfitta di Cardiff apre ad inevitabili punti interrogativi: sarà ancora la Juventus di Massimiliano Allegri?

Esuliamo per un istante dal singolo accadimento e poniamoci in una visione d’insieme: Massimiliano Allegri prende il timone della Juventus nell’estate del 2014, in corso d’opera dopo i tentennamenti del suo predecessore Antonio Conte, passi avanti ed indietro che portarono a quel clamoroso addio a ritiro iniziato. Da quel momento, contro i pronostici e le opinioni avverse dei soliti soloni, il buon Max non solo ha consentito alla sua Juventus di proseguire sul cammino nazionale intrapreso nel triennio precedente, ma ha portato in dote tre edizioni della Coppa Italia e soprattutto due finali di Champions League in appena tre anni. Se è vero che l’era Conte sia determinante per rilanciare le quote di una Juventus sventrata dai fatti di Calciopoli, è altrettanto plausibile che la gestione Allegri sia riuscita ad aggiungere quel quid tutt’altro che scontato. Conferendo una dimensione internazionale che prima – anche per questioni temporali di assestamento – era decisamente mancata.

Ed ora?

Che si fa? Procedendo sul sentiero delle verità assolute, è di per sé indubitabile che queste due benedette finali di Champions League centrate dalla Juventus di Massimiliano Allegri siano state entrambe perse. Prima contro il Barcellona dei marziani, poi contro il Real Madrid a questo punto poco terreno come i connazionali blaugrana. L’analisi non è probante per chi ritiene di poter pulire tutto con un colpo di straccio: due finali di Champions League sono due finali di Champions League, ridurle a mere sconfitte lascia onestamente il tempo che trova. Rappresentano invece il simbolo di un percorso di crescita perentorio, della forza di una squadra che ha sì mancato gli appuntamenti finali ma che – questi appuntamenti – è arrivati a giocarseli. In ultimo accreditati alla pari dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori. Ma ora che si fa? Tra le mani, per chi ha fatto del vincere è l’unica cosa che conta il suo slogan, resta un pugno di delusione. Resta la non tangibilità di un percorso e l’amarezza che un epilogo del genere si porta inevitabilmente dietro. Non ci giriamo intorno, la domanda sorge spontanea: come farà Massimiliano Allegri a ritrovare le necessarie motivazioni? Dove scaverà per infonderle ancora una volta in un gruppo che è sulla corda della tensione emotiva da almeno sei anni?

Juventus, Allegri e scenari

Atteniamoci alle certezze: Allegri, proprio nella settimana che ha preceduto l’appuntamento di Cardiff, ha svelato il suo futuro. O meglio la sua volontà: quella di restare alla Juventus, di parlare con la dirigenza bianconera per accordarsi sul futuro, sulla Juve che verrà. Per continuare insieme, a braccetto su un sentiero di successi già ottenuti e di ambizioni – quelle internazionali – non degradabili dalla recente delusione gallese. Ma risulta indicato anche lanciarsi in alcune considerazioni: se fosse questo il problema, se l’unico ostacolo sia da rintracciare in un pomeriggio in cui si gettano le basi per la programmazione futura davanti ad un buon caffè, beh, questioni non ce ne sono. La fiducia nel lavoro della dirigenza è totale, il livello raggiunto dalla stessa è talmente elevato da far pensare che la stretta di mano possa giungere in pochi minuti. Il senso: la società Juventus, intesa come proprietà e dirigenza, ad Allegri non ha mai fatto mancare nulla. E nulla gli farà mancare. Ragion per cui, se l’intenzione dell’attuale tecnico bianconero fosse realmente quella di restare al timone della Juventus, allora resterà dov’è.

E se fosse la Juventus a voler cambiare?

Se invece Allegri ha scelto di parlare del suo futuro in bianconero soltanto per tranquillizzare l’ambiente in vista della finalissima di Cardiff, per spostare la concentrazione generale sul reale e dunque porre ogni attenzione possibile su una gara così importante, ma in realtà stava meditando considerazioni da rimandare al post-finale, allora è un altro discorso. Tutto differente: ci sarebbero sul piatto tante variabili da valutare, in primis la reale volontà di Allegri di rilanciarsi in un percorso motivazionale davvero complesso da riattivare. La Juventus in Italia vince tutto consecutivamente da sei anni, in Europa continua a perdersi sul più bello. Come ricaricare un gruppo alle prese con tali circostanze? Dura per chiunque. Senz’altro più facile lasciare il timone, salutare comunque da vincitore e lanciarsi verso una nuova esperienza europea. L’ultimo scenario è il meno discusso e probabile ma il più curioso: e se fosse proprio la Juventus a voler cambiare allenatore? A scegliere di dare il benservito al buon Max Allegri? Non sarebbe ovviamente una bocciatura dell’operato del tecnico e ci mancherebbe altro, ma una prova di forza. Una prova di forza, quello senz’altro. L’intenzione di proporre un chiaro segnale: questa Juventus non può ripartire da Allegri perché sarebbe impensabile che lo stesso riesca a mantenere intatte le motivazioni del gruppo, la fame che da sempre ha contraddistinto questa squadra ed ancor più nelle recenti pagine di storia. Cambiare per anticipare ancora una volta gli avversari, per beffarli sul tempo quando credono di poter affilare i colpi e stendere al tappeto la squadra che ha monopolizzato il palcoscenico nazionale, puntare su una nuova figura per voltare pagina, per sterzare quando tutti gli altri avevano ipotizzato la stasi. Con un nuovo allenatore, non ci nascondiamo, si procederebbe a profonda rivoluzione dell’organico: in tanti saluterebbero, a loro volta alla ricerca di nuove motivazioni. In tanti arriverebbero, scelti ad hoc in stile Juventus per portare quella carica emotiva alla base dei successi bianconeri. Quella tensione costante che l’ha caratterizzata in positivo. Sarebbe strano vero? Eppure è ipotesi da non scartare. Per ritrovarsi sempre avanti agli altri, alle volte, si richiede il coraggio di intraprendere la strada meno comoda.