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2015

Perché ormai più nulla può giovare

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Juventus – Liverpool e l’Heysel, la storia di una tragica finale di Coppa dei Campioni

Quando Rai Due inizia la diretta della partita alle 20.15, il video si oscura per pochi secondi, si pensa sia per motivi tecnici. Bruno Pizzul, telecronista designato per il match, non è tanto turbato o spazientito per il ritardo di un’ora e mezzo, ma perché ha visto qualcosa, o meglio, gli hanno riferito qualcosa. In Italia c’è solo grande fermento e quando finalmente inizia la gara e si sente l’accogliente voce del giornalista friulano tutto sembra poter tornare alla normalità e, davanti al televisore, quasi nessuno fa più caso al ritardo gigantesco con cui le due squadre sono entrate in campo. In pochi si rendono conto anche del disappunto con cui Pizzul inizia la sua telecronaca. «Gentili spettatori, la partita verrà commentata in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile» dice, e a molti in Italia pare una cosa ovvia, che rientra nella normale deontologia giornalistica. Perché allora quella precisazione? Ci deve essere altro, per forza. E perché anche gli italiani all’estero hanno problemi nel seguire la partita in tv? In Austria ad esempio la gara inizia senza nessuna cronaca diretta e con una didascalia lapidaria: “Quello in onda non è un evento sportivo“. In Germania invece gli immigrati italiani sono ancora lì che aspettano davanti allo schermo per un incontro che non verrà mai trasmesso. Perché quell’incontro lì è Juventus – Liverpool, finale di Coppa dei Campioni del 1985. La strage dell’Heysel.

UN PASSO INDIETRO – Il 24 aprile del 1985, subito dopo il gol di Battiston, la Juventus se la vede proprio brutta. Mancano dieci minuti alla fine della semifinale di ritorno col Bordeaux e il sonoro 3-0 dell’andata sta per essere rimontato nella maniera più beffarda possibile. I bianconeri però tengono duro, guidati in difesa negli ultimi minuti dalla silenziosa leadership di Gaetano Scirea, e al fischio finale possono esultare: due anni dopo la sconfitta di Atene possono rifarsi a Bruxelles in finale di Coppa dei Campioni. Stavolta davanti avrà il Liverpool, una squadra che tremare il mondo fa, anche se in First Division è dietro ai cugini dell‘Everton, vicini a vincere il titolo. Pure la Juventus in campionato non sta andando benissimo, il 1984-85 è l’anno del Verona e i gialloblu si stanno avviando a scrivere la storia con il loro primo Scudetto. Poco importa, la Juve vuole riuscire a trionfare in Europa, nell’Europa che conta e, sospinta dalla classe di Michel Platini e dal pragmatismo di Giuàn Trapattoni, vuole alzare al cielo la sua prima Coppa dei Campioni. L’appuntamento è per il 29 maggio 1985 allo Stadio Heysel di Bruxelles e non sarà affatto facile. I Reds l’anno prima hanno battuto la Roma a Roma in una drammatica finale conclusa con un incredibile epilogo ai calci di rigore, ma soprattutto il Liverpool si è preso quattro Coppe in otto anni assurgendo al ruolo di squadra più forte d’Europa per distacco. Un precedente fa ben sperare, pochi mesi prima infatti la Vecchia Signora gli ha soffiato la Supercoppa Europea. Si preannuncia comunque un incontro da urlo, Juventus e Liverpool sono quanto di meglio il calcio continentale possa offrire e gli addetti ai lavori si augurano di vedere una finale spettacolare. Fino a qui tutto bene.

ZETAHeysel è il nome di un parco ubicato nel nord di Bruxelles, dove nel 1935 e nel 1958 ebbero luogo due Esposizioni universali. Qui si trova il famoso Atomium, uno dei simboli della capitale belga, ma anche lo Stade du Centenaire che fu Stade du Jubilé, chiamato comunemente Heysel come la zona in cui sorge. Proprio in questo impianto la UEFA ha deciso di giocare, per la quarta volta nella storia, la finale di Coppa dei Campioni: il 29 maggio 1985, dunque, quasi sessantamila spettatori sono pronti a gremire le tribune dell’impianto belga. Un po’ vecchio l’Heysel, a prima vista, ma comunque sembra abituato a ospitare grandi manifestazioni e pure grandi concerti. A guardarlo bene però sembra cadere a pezzi. Nessuno nei giorni precedenti pare averci tatto caso, men che meno i tifosi della Juventus che decidono di partire da tutta Italia e pure da tutta Europa per seguire la loro squadra in finale, sperando che sia la volta buona dopo i k.o. con Ajax e Amburgo. Alla Juventus e al Liverpool sono stati destinati quasi venticinquemila biglietti per uno, gli juventini inoltre hanno sia tre settori nella curva di destra che il settore Z, “ufficiosamente neutrale” e destinato a coloro che non fanno parte dei gruppi organizzati. Quest’idea del Settore Z ufficiosamente neutrale non è che piaccia molto alla Juventus e al Liverpool: nelle intenzioni degli organizzatori quella parte doveva essere destinata ai tifosi belgi, ai cittadini di Bruxelles che, in un certo senso, si meritavano quei posti in quanto abitanti della città ospitante. La realtà, come spesso accade in questa faccenda, è ben diversa. La vendita dei biglietti di quella parte dell’Heysel è in mano a molte agenzie e di conseguenza anche ai bagarini; questi possono comprare e rivendere il tagliando sia agli juventini residenti in Belgio – e a Bruxelles di juventini ce ne sono eccome – sia a quelli che arrivano dall’Italia e vogliono acquistare gli accessi autonomamente, senza essere affiliati ai gruppi organizzati dei tifosi. Gente normale, verrebbe da dire, appassionati di calcio come tanti altri, solo che stavolta c’è in ballo un sogno. Il Settore Z diventa così uno strano mix di belgi e tifosi bianconeri – soprattutto tifosi bianconeri – e anche in questo caso poco importa se gli altri fan della Juve sono esattamente dalla parte opposta dell’Heysel. C’è altro a intimorire un bel po’ prima della partita: a dividere il settore Z dall’X e dall’Y c’è solamente una doppia rete metallica, niente di così invalicabile.

HEADHUNTERS – Il 29 maggio arriva presto – anzi prestissimo, perché quando non si vuol pensare all’ansia da finale, eccola che spunta quando meno uno se l’aspetta – e l’Heysel è ricolmo di gente. A poche ore dall’inizio della partita il sole splende su Bruxelles, è una giornata calda e anche in tribuna si suda. C’è gran fermento, insomma. I tifosi della Juventus sono una macchia bianconera nella curva destra dello stadio e, come c’era da aspettarsi, il settore Z dalla parte diametralmente opposta è quasi interamente composto da supporter zebrati. In campo, per allietare il pubblico prima della finalissima, due squadre di giovani giocatori belgi si stanno scontrando con indosso le maglie dei colori di Juventus e Liverpool e i rossi stanno vincendo ampiamente. A occhio nudo, dalla tifoseria bianconera, si vede qualcosa che non va cento metri più in avanti, si avverte un po’ di tensione in mezzo ai cori di incitamento alla Old Lady, come la chiamano i giornali britannici. Gli stessi giornali britannici che da anni censurano il comportamento dei cosiddetti hooligan, i tifosi violenti terrore del calcio inglese. E proprio gli hooligan del Liverpool sono l’avversario più pauroso quella sera a Bruxelles: assieme ai Reds si vocifera ci siano anche gli headhunters – i cacciatori di teste, nomen omen – del Chelsea, altra frangia estremamente spaventosa del tifo anglosassone. Il blocco rosso di tifosi inglesi già l’anno prima ha messo Roma sotto scacco e adesso vede il Settore Z intimorito e pullulante di bianco e nero, una preda fin troppo facile. Verso le 19, a un’ora e un quarto dal calcio d’inizio, iniziano le prime cariche violente da parte degli hooligan del Liverpool. La rete metallica è ridicola, una parete divisoria che anche un bambino potrebbe divellere, figuriamoci un tifoso del rango di quelli dei Reds. La polizia belga sembra non essere preparata a qualcosa del genere e si frappone, o prova a frapporsi, tra lo Z e l’X, cercando di creare una sorta di cuscinetto per evitare ulteriori disordini. Fallirà miseramente.

IL MURO – Partono i primi razzi dalla curva del Liverpool. Più ci si avvicina all’inizio della partita e più la tensione aumenta, e il terrore con essa. Stipati nel settore Z assieme ad alcuni fan neutrali belgi e a qualche inglese, i tifosi della Juventus intuiscono che devono darsi da fare e cominciano a studiare un piano per salvare la pelle. In campo qualcuno capisce che non è aria e le selezioni giovanili rientrano negli spogliatoi. Che sta succedendo? Normali cariche oppure gli juventini vogliono fare un’invasione di campo prima della partita? Quel che succede all’Heysel non torna, né ai fan bianconeri dalla parte opposta dell’impianto né a Gianfranco De Laurentiis, che dallo studio di Roma deve iniziare il pre-partita e passare dopo pochi minuti la linea a Bruno Pizzul e Carlo Nesti da Bruxelles. Nessuno sa cosa sta avvenendo nella curva sinistra dell’Heysel, dove si sta compiendo la più grande atrocità mai vista in uno stadio in campo internazionale. In pratica la carica dei tifosi del Liverpool non si è affatto arrestata e ha spinto i tifosi dello Z sempre più verso il muro di protezione e di divisione dalla tribuna. Ovviamente non ci sono più reti metalliche a separare settori X e Z, ma era facilmente prevedibile. Continuano a piovere razzi e pietre e qualsiasi altra cosa. Scoppia il panico totale. I poliziotti belgi ci capiscono sempre meno e iniziano a manganellare a destra e a manca, sbagliando però il bersaglio: i colpi delle forze dell’ordine sono verso gli juventini e questo non fa altro che far indietreggiare ancora i fan italiani, o comunque di parte bianconera, stipandoli sempre di più e in modo sempre più asfissiante. Il pubblico dello Z è compresso, sta per esplodere. Si avvertono i primi mancamenti, ma purtroppo è solamente l’inizio della fine. Il muro divisorio con la tribuna non è troppo alto e si può scavalcare e, onde evitare di morire asfissiato – perché già di morire si parla e si pensa -, qualcuno prova a superare gli ostacoli per portarsi in salvo e ci riesce. Poco prima delle venti però il muro cede, e l’apocalisse dell’Heysel raggiunge il suo apice.

LA DIRETTA – Da Roma De Laurentiis inizia la trasmissione dopo che il Tg2 già ha annunciato qualche scontro nel pomeriggio, principalmente in città quando le due tifoserie sono venute a contatto. Le telecamere Rai inquadrano la polizia a cavallo ma nessuno ha idea della portata dei feriti o dei contusi per quello sta accadendo nella curva del Liverpool e di coloro che dovevano essere neutrali, normali. Il sospetto è che lo stadio sia sovraffollato visto che molti, anche dalla parte della Juventus a destra dello schermo, sono ai bordi del campo e si stanno sbracciando di fronte alle forze dell’ordine. La telecamera sopra il settore Z inquadra la parte dell’Heysel ormai completamente vuota con i tifosi in campo e con altri fan juventini che ormai sono nel pieno dello scontro con quelli del Liverpool. De Laurentiis, come l’Italia tutta, non sa e non può sapere. La situazione è degenerata sotto il profilo dell’ordine pubblico, ammette Pizzul, ma forse nemmeno lui si è accorto che, in mezzo alla baraonda, c’è qualcuno senza vita. Nei settori M, N e O gli juventini comprendono che ci sono scontri dalla parte opposta e cercano vibratamente di accedere alla curva dall’altra parte dell’impianto, ma i poliziotti bloccano le sortite bianconere. Cosa è successo? Ci si chiede ancora. In pratica la calca inglese rosso fuoco ha schiacciato gli juventini contro il tristemente noto muro divisorio, poi crollato rivelandosi fin troppo friabile. La polizia, inebetita, ha contribuito ad ammassare il gruppo di sostenitori e, nella ressa generale, alcuni sono finiti a terra. Qualcuno non ce l’ha fatta, altri si sono feriti con la caduta del muretto, altri ancora non trovano più il padre o il figlio o chiunque altro, dispersi nel marasma del settore Z.

DEBBO – In Italia si attende solo il fischio d’inizio ma è palese che non si giocherà alle 20.15.  «Ci sarà un rinvio per via di qualche scontro tra tifosi» si dicono i telespettatori italiani nei bar, nelle case, nelle piazze. La gara però tarda troppo a iniziare e in tv si sente Pizzul che racconta ogni dettaglio, anche se in quel momento la situazione non sembra così grave come in realtà si rivelerà solo quaranta minuti più avanti. Il servizio d’ordine è inefficiente e questo lo sottolinea pure il telecronista friulano: «Viene una stretta al cuore a vedere certi spettacoli». Il peggio deve ancora arrivare. Le comunicazioni da Bruxelles a Roma si fanno sempre più difficoltose mano a mano che cresce l’ansia, mentre a Pizzul sembrano arrivare novità su quanto accaduto nella curva rosso-bianconera. Novità raccapriccianti. Gli spettatori dello Z sono ormai tutti in mezzo al campo e le telecamere indugiano su alcuni fan muniti di pistole – un tifoso della Juventus ne ha una da starter e viene beccato in mondovisione – e altri di spranghe, o qualsivoglia oggetto contundente. L’atmosfera è terrificante, c’è il sentore che sia successo davvero qualcosa di tragico. Immagini crude giungono da Bruxelles: si vedono alcuni uomini con in braccio corpi inermi o comunque feriti, che cercano di trarre in salvo altre persone mentre arrivano, con notevole ritardo, anche i primi veri soccorsi. I giocatori verso le 20.30 provano a entrare in campo e alcuni supporter juventini vanno ad abbracciare i loro idoli, in quel momento un po’ scossi ma comunque all’oscuro di quanto successo. Un abbraccio che sa di salvezza, non tanto di ammirazione. C’è chi giura di vedere il portiere del Liverpool Grobbelaar sorridere e applaudire al lancio di razzi da parte dei tifosi Reds, mentre il servizio d’ordine fa sgomberare il prato. Brio, Cabrini e compagni cercano di capire qualcosa di più, ma invano. La realtà, la cruda realtà, arriva in diretta Rai da Bruxelles. Sono le 20.55, con in sottofondo lo speaker dello stadio che in italiano chiama nomi che non risponderanno mai. Bruno Pizzul mestamente prende la linea e dice: «Purtroppo ho una notizia che debbo dare – calcando su quel “debbo” infinitamente lungo – perché è ufficiale, viene dall’UEFA: ci sono 36 morti».

TRENTANOVE – Le vittime in realtà sono trentanove, ma questo si saprà solamente più tardi. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un irlandese muoiono prima di una partita di calcio, prima di una finale di Coppa dei Campioni. Quasi la metà dei morti ha meno di trenta anni, addirittura ci sono due minorenni italiani nella lista dei deceduti: alcuni per asfissia, altri calpestati dalla folla, altri ancora per la caduta del muretto. Trentanove persone morte. La finale di Coppa dei Campioni però, clamorosamente e con un’ora e mezzo di ritardo, si gioca. La vince la Juventus grazie a un rigore di Platini al cinquantottesimo per un fallo su Boniek fischiato dall’arbitro svizzero Daina. Il fallo era fuori area, di parecchio. La Juve riceva la sua prima Coppa e esulta di fronte ai tifosi, che hanno ripreso colore poco prima dello scoccare della mezzanotte. Allo stadio, strano ma vero, non tutti hanno avuto la stessa concezione di quanto sia accaduto a pochi metri da loro. Non tutti hanno saputo dei morti, non tutti hanno preso coscienza del massacro dell’Heysel. In quell’ambiente irreale Michel Platini porta la coppa in trionfo dopo che Gaetano Scirea l’ha presa dalle mani del presidente Jacques Georges. Nello stesso stadio in cui un’ora prima un ragazzo dalla gola tagliata moriva tra le braccia di un infermiere e dove altre decine di persone venivano vanamente soccorse con massaggi cardiaci o altri rimedi, rivelatisi poi inutili. Trentanove morti, quasi seicento feriti e un clima assurdo, perché nessuno sa cosa sia realmente successo. Il giorno dopo Le Roi Platini proverà a scusarsi ma a distanza di trent’anni c’è chi ancora storce il naso. La Juventus vince la sua prima Coppa dei Campioni, che ha il colore rosso del Liverpool e del sangue versato all’Heysel. Non c’era proprio nulla da festeggiare.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.

W.H. Auden