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La Juventus e la pausa di ottobre

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Fatti e curiosità degli ultimi anni

Oltre la pesantezza di certi infortuni che hanno colpito in maniera grave Napoli e Milan con Milik e Montolivo, il ritorno dalla pausa di ottobre è sempre un momento importantissimo della vita delle squadre. Anche perché sbagliamo termini quando si parla dei grandi club, la maggior parte dei giocatori va incontro a prove importanti con le proprie nazionali e non mancano le scorie (penso alla sconfitta dell’Argentina con il Paraguay e perciò alla situazione di Higuain) o le rivincite personali (i 4 gol in 2 incontri della Croazia che ricollocano Mandzukic tra i protagonisti anche in bianconero).

La Juve è senz’altro favorita dal dover rimettere in moto la macchina in casa, contro una squadra come l’Udinese che deve fare i conti con il cambio di allenatore. Ma la storia recente ricorda quante stranezze capitano in questo periodo e come certi giudizi, sempre urgenti quando li si va a formulare nel presente, al vaglio del senno di poi costituiscano belle (o brutte…) storie da ripercorrere per quanto aiutano a capire aspetti fondamentali di ciò che è successo dopo.

Gigi Del Neri sarà per l’appunto il nuovo mister dei friulani con cui Allegri dovrà misurarsi sabato sera. Proprio la sua Juventus nel 2011-12 rientrò dalla pausa di ottobre con un illusorio 4-0 sul Lecce che fece scrivere a Tuttosport in prima pagina il termine “boom” per il modo tra l’autoritario e lo spettacolare con il quale vinse all’Olimpico (si giocava ancora lì). Quel pomeriggio sembrava tutto funzionare: Aquilani andava in gol e giocava a testa alta, Krasic si guadagnava 8 in pagella per come spaccava il campo con le sue accelerazioni, persino Felipe Melo era calato talmente nella parte del trascinatore da concedersi il lusso di un rigore trasformato con un beffardo cucchiaio. Ognuno di loro si sarebbe poi tradotto in un’illusione e in una delusione, ma in quel momento sembravano quasi la quadratura di un cerchio che sembrava concretizzare una possibile frequentazione costante delle zone di vertice, anche se nelle prime giornate si erano già evidenziati quei limiti che avrebbero determinato il secondo settimo posto consecutivo.

La pausa Nazionale talvolta frena impeti accumulati in precedenza. Nella Juventus del primo Conte ogni gara del girone d’andata aveva la funzione di convincere l’ambiente di una ritrovata competitività, conquistata a furia di prestazioni di eccezionale intensità. Proprio per questo il passaggio dal feroce 2-0 sul Milan allo 0-0 pigro di Verona con il Chievo regalò una strana impressione, mediaticamente enfatizzata dalla panchina di Del Piero, che entrato in campo colpì un palo di testa e salvò pure un gol sulla linea, due eventi non facili da mettere insieme nell’ambito della stessa partita.

Più significativo dell’identità della Juve del quinquennio è il 2-0 sul Napoli la stagione successiva. Era il confronto diretto tra le due in testa alla classifica e a deciderlo furono Caceres e Pogba. Ovvero, due risorse alzatesi dalla panchina, a ricordare che in questo a Torino si è lavorato sempre con attenzione strategica, per quanto all’epoca la rosa non fosse paragonabile minimamente alla potenza di fuoco dei giocatori a disposizione di Allegri oggi.

A proposito dell’attuale guida della Juve, la pausa Nazionali di questo periodo ha portato in dote due pareggi in trasferta: 1-1 con il Sassuolo nel 2014; 0-0 con l’Inter la scorsa stagione, con palo di Khedira e qualche rimpianto per la buona ripresa interpretata dai suoi.

Indizi di una possibile difficoltà a gestire il momento in cui si riattacca la spina con la testa anche alla Champions League, che vive in questa fase le scadenze più importanti per guadagnarsi un posto agli ottavi di finale. In tal senso, niente probabilmente eguaglierà mai quanto è capitato alla Juve dei record di Antonio Conte alla vigilia del viaggio a Madrid. Il 4-2 incassato a Firenze rientra infatti nelle sceneggiature irripetibili, negli incubi troppo brutali e veloci per poter essere spiegati sul piano della razionalità anche ad anni di distanza. Basti pensare che quella gara, tranquillamente sullo 0-2 a proprio vantaggio e radicalmente rovesciata da super Pepito Rossi in 15 minuti, sembrava denunciare lo smarrimento della più profonda virtù bianconera di questi anni: la solidità difensiva. 4 gol in un quarto d’ora (e c’era la BBC!), laddove ne erano stati presi 6 nelle precedenti 7 giornate. Quegli schiaffi fecero benissimo: il reparto arretrato si conquistò a fine anno il tradizionale merito di risultare il meno battuto del campionato e i 102 punti chiusero un torneo che dopo lo shock del Franchi vide la Juventus infilare 12 vittorie consecutive.