L'odore dei soldi - Calcio News 24
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2014

L’odore dei soldi

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«Cavaliere dove sono finiti i soldi?» si chiedono i tifosi del Milan…

L’ODORE DEI SOLDI – Tredici anni fa fece scalpore un libro dal titolo L’odore dei soldi, scritto da Elio Veltri e Marco Travaglio. Quel libro lanciò definitivamente la carriera di Travaglio, giovane e rampante giornalisti aiutato anche dalla famosissima intervista al programma Satyricon di Daniele Luttazzi e dall’eco che ne seguì. In linea di massima L’odore dei soldi si basava su una domanda con la quale si apriva il saggio stesso: «Berlusconi dove li ha presi tutti i soldi?». La risposta non ci interessa al momento, non è di politica che vogliamo parlare, bensì di calcio. Facciamo infatti un salto temporale di tredici anni pieni e catapultiamoci nella piovosa estate 2014 di un qualsiasi tifoso del Milan, club del quale Berlusconi è patron e la sua famiglia è al vertice. L’odore dei soldi oggi è un vago ricordo dei tempi andati e la domanda da farsi è cambiata: «Berlusconi dove li ha messi tutti i soldi?».

FUGGIRE SI’, MA DOVE? – Da giugno 2013 a luglio 2014 il Milan ha cambiato tre allenatori e ha comprato due soli giocatori a titolo definitivo non a parametro zero, Adil Rami e Alessandro Matri. Questo la dice lunga sull’operato di una società che cerca di fare le nozze coi fichi secchi da almeno tre stagioni, ma in realtà si fa soffiare Sime Vrsaljko dal Sassuolo. Una società che fa i summit di calciomercato ad Arcore senza che al suddetto summit sia presente il direttore sportivo, quel ruolo che alcuni tifosi milanisti neppure conoscono, tant’è che c’è chi pensava a una figura tipo Il grande capo di Lars von Trier. Una società che ha due amministratori delegati, uno dei quali pensa a ridisegnare il logo e a spostare la sede, l’altro invece si trova con i suoi amici a Forte Dei Marmi a parlare di calciomercato tra un mojito, una canzone neomelodica e un Birsa qualsiasi da prendere in compartecipazione. Nel Milan i soldi non girano più, si va avanti a parametri zero, prestiti e affari particolari con club di Serie A considerati amici. Per dire, un colpo alla Saponara – forse in prospettiva il miglior acquisto degli ultimi due anni – arriva una tantum e poi per ragioni oscure non viene neppure utilizzato, ma questa è un’altra storia.

TROPPI GALLIANI NEL POLLAIO – Galliani ha reso il team rossonero grande e immortale, ma nemmeno Gesù è riuscito alla lunga a campare di rendita, figuratevi l’amministratore delegato del Milan. Braida si è fatto da parte dopo che i suoi affari erano diventati non più Kakà o El Shaarawy, bensì Constant, Nocerino e Niang. Galliani invece no, continua sulla cresta dell’onda forte del ruolo che è riuscito a ritagliarsi all’interno dell’establishment calcistico italiano: un tempo re incontrastato del mercato grazie alla forte economia berlusconiana, da un po’ di tempo ad oggi è diventato una figura che sembra uscita dal Bar Sport di Stefano Benni, vale a dire il playboy incallito di provincia che millanta di aver fatto conquiste a Saint Tropez quando in realtà ha passato il sabato sera a un night di Lido di Savio. Non è più l’era del Milan Campione d’Europa, è cambiato praticamente tutto. Prima qualsiasi cosa toccasse Galliani a un certo punto diventava oro, adesso invece l’incantesimo non riesce più. Della vecchia guardia sono rimasti solo Abbiati e Bonera, gente di tutto rispetto per l’amor di dio ma comprimari del vittorioso Milan di Ancelotti e (solo Bonera) dell’ultimo scudetto con Allegri. Ma la perla delle perle è quella di questa estate: il calciomercato partirà solamente quando sarà ceduto Robinho.

ROBSON CRUSOERobinho essenzialmente è il giocatore più scarso che il Milan ha avuto nel ventunesimo secolo e badate bene che di pippe il Diavolo ne ha avute tante, molte delle quali tuttora in rosa. Robson da Souza detto Robinho è stato decisivo solamente due volte nella sua carriera di rossonero, una contro il Brescia nell’anno dello Scudetto e un’altra con l’Arsenal la stagione successiva. Poi, uno schifo. Se Calloni e Robinho avessero giocato assieme, a quest’ora il modo di dire sarebbe Lo Sciagurato Robson, altroché. Il brasiliano prende tre milioni a stagione e da quattro anni ha un’aria indolente e l’entusiasmo di un lavoratore all’anagrafe: perché dovrei andarmene da qui, solo al Milan possono pagarmi così tanto per quello che faccio. Ha rifiutato qualsiasi destinazione possibile perché non vuole perdere un euro dei milioni che percepisce annualmente, lui, quello che pensa alle favelas e sembra tanto misericordioso. La cosa clamorosa è che un individuo così stia stoppando il calciomercato del Milan e la sentenza «Se non parte Robinho non arriva nessuno» è una pugnalata nel cuore dei tifosi rossoneri. Iturbe, Mandzukic, Romulo, Criscito e altri ancora: tutti questi giocatori paiono bloccati da Robinho. E allora sorge il sospetto che Robson sia solo un capro espiatorio. Per una volta può anche andar bene così, se lo merita.

SOLDI SOLDI SOLDI – Soldi non ce ne sono, idee men che meno. Se non arrivano Preziosi, Lotito o Cairo a dare una mano al buon Milan, allora davvero a prescindere da Robinho il mercato in entrata è chiuso e anche quel Balotelli del quale si vaneggiava l’addio sembra ormai una pedina insostituibile. Amici milanisti, pensateci: chi comprereste in attacco al suo posto? A patto che sia davvero l’attacco il problema di una squadra che, schierando buona parte dei titolari, ha preso 8 gol in due gare in America. Agazzi è un acquisto che non si capisce, Alex potrà pure dare una mano alla difesa ma comunque è venuto in Italia a svernare, Menez è tutto da vedere, Niang rimane la solita vecchia incognita (e se state a sentire lui, sogna ancora il Pallone d’Oro); non è possibile che l’unico sbocco di qualità arrivi da un ’98 come Mastour e che il centrocampo ancora non abbia un giocatore di qualità in grado di tenere le redini del gioco. Per non parlare poi di una difesa che da tre anni è la peggio assortita in Europa. Il momentaccio del Milan è anche questo: ha comprato dei brocchi e non sa più nemmeno come rivenderli, perché non li vuole nessuno.

NON C’E’ PIU’ RELIGIONE – A nulla vale poi prendere il rampollo Inzaghi come allenatore, perché sì SuperPippo avrà idee innovative e saprà lavorare coi giovani, ma qui c’è almeno da ritrovare l’Europa – sempre che non vada a incidere sulle splendide e utilissime tournée americane nelle quali in media il Milan prende schiaffoni da chiunque. Li prende pure dall’Adidas, che ha confezionato tre divise una più brutta dell’altra, come se invece del Milan fosse la rappresentativa italiana delle isole ecologiche. Non c’è più religione per questo Diavolo, e il doppio senso è del tutto casuale. L‘unica alternativa è riuscire a capire perché il Milan non è più un investimento per Berlusconi senior, perché Galliani è costretto sempre a pagare i giocatori coi Ticket Restaurant e non con soldi veri e perché ogni estate i tifosi del Milan debbano sentirsi dire nomi su nomi su nomi quando poi in realtà l’ultimo giorno di calciomercato arriverà in rosa un centrocampista del Genoa che in carriera ha giocato 4 partite mentre al Milan farà il titolare per tutta la stagione. Cavaliere, dove sono i soldi?