La terribile Crazy Gang - Calcio News 24
Connettiti con noi

2014

La terribile Crazy Gang

Pubblicato

su

Il Wimbledon degli anni ’80 e la Crazy Gang

Chiunque sia appassionato o segua anche distrattamente la cultura british sa bene che l’elemento calcistico rappresenta non soltanto una parte fondamentale dello stile di vita inglese, ma pure una straordinaria fonte di ispirazione per la musica, il cinema e la moda. Basti pensare all’amore mai celato dei fratelli Gallagher, i due membri più noti della band britannica Oasis, per la squadra della loro città, il Manchester City, o ai romanzi di Nick Hornby, alcuni dei quali come Febbre a 90 hanno avuto anche una fortunata trasposizione cinematografica, o all’abbigliamento casual che gli hooligans inglesi importano in patria con le prime trasferte europee all’inizio degli anni Ottanta quando scoprono le firme della moda italiana e trovano così, per dirla a modo loro, la maniera di “vestirsi bene e comportarsi male”.

Non poteva essere altrimenti per un Paese così affascinante ed identitario come l’Inghilterra che si fregia di aver inventato il calcio e che deve forse parte della malasorte della sua Nazionale nelle competizioni europee e mondiali proprio ad un eccessivo attaccamento ad una mentalità e a una tattica ormai superate.  Il calcio giocato all’inglese è sinonimo di gioco arcigno, virile, duro, ma corretto e alcuni tra i giocatori più amati e mitizzati, non soltanto da chi segue questo sport, sono inglesi. Campioni entrati nella leggenda per la loro esuberanza e per aver camminato nel corso di tutta la loro carriera lungo quella linea sottile che separa il genio dalla sregolatezza, che unisce il talento puro e la follia e che porta certi calciatori ad essere da semplici sportivi dei veri e propri artisti. Sto pensando ovviamente a “Gazza” Gascoigne, campione amato per la sua goliardia, ma anche per quella tenerissima fragilità umana tipica di molti grandi, o a Chris Waddle, la “circense” ala dell’Olimpique Marsiglia che a detta di un certo Paolo Maldini è stato “l’avversario più difficile che abbia mai incontrato”. Non propriamente inglesi, ma comunque britannici in tutto e per tutto sono poi gli irlandesi (Attenzione: uno è dell’Ulster e l’altro dell’Eire!) George Best, i cui aforismi e stile di vita, non fosse stato uno dei migliori talenti della sua generazione, lo farebbero assomigliare più a un rapper che a un calciatore, e l’incandescente Roy Keane, passato alla storia non solo per la sua bravura, ma anche per le sue entrate al limite della legge. Molti si ricorderanno poi di Vinnie Jones, attaccante nativo di Watford, dirty North di Londra, uno dei calciatori più incazzati che la storia del calcio ricordi, un volto che lascia poco spazio alle incomprensioni e che gli permette, chiusa la carriera di calciatore, di iniziarne una altrettanto gratificante come attore in film epocali come Lock and Stock, The Snatch, Escape Plan e molti altri. Inutile elencare gli aneddoti che lo riguardano, sarebbero troppi. Per immaginarsi il personaggio basti ricordare che riuscì a rimediare il cartellino rosso più veloce di sempre, dopo solo due secondi di gioco, e per rendere omaggio al suo carattere sfrontato e impavido si sappia che la prima volta che si trovò a giocare in casa del Liverpool, quando vide sotto la scalinata di ingresso la famosa scritta “This is Anfield”, lui apportò il suo lapidario commento “We’re bothered”, più o meno traducibile con un “Noi ce ne fottiamo”.

Pochi sanno però che Vinnie Jones ha fatto parte di una squadra dove non era l’unico ad avere qualche difetto comportamentale, ma anzi sembrava essere stata selezionata dopo un provino fatto in qualche manicomio criminale. Stiamo parlando del Wimbledon, la squadra che passò alla storia come la “Crazy Gang”. Gary Lineker, ex attaccante inglese e grande amico di Gascoigne, per i più esperti quello del “Keep an eye on him” durante la semifinale di Italia 90, dichiarò una volta a proposito di questa squadra: “Il modo migliore di guardare il Wimbledon è il televideo”, come a dire che giocarci contro rappresentava un rischio troppo alto per la propria integrità fisica.

Crazy GangOltre a Vinnie in questo team figuravano Eric Young, nato a Singapore, ma naturalizzato britannico. Scelse poi, in base al regolamento FIFA, di giocare per la Nazionale gallese e venne soprannominato “Ninja” per la benda marrone che portava sempre in testa. C’era poi John Fashanu, fratello di Justin (il primo calciatore a dichiararsi omosessuale), una stazza che ricorda molto quella di un rugbista neozelandese o del protagonista del Miglio Verde, anche lui un tipico bad boy. Altro membro fondamentale del gruppo era Dennis Wise. Il fatto che la traduzione inglese del suo cognome voglia dire “saggio” non deve creare fraintendimenti. Di lui Sir. Alex Ferguson disse: “Sarebbe in grado di scatenare una rissa in una casa vuota” e questo basti a farsi un’idea delle sue frequenti intemperanze. Non va dimenticato Wally Downes, considerato colui che instillò il vero spirito della Crazy Gang nei suoi compagni. Persino il presidente di questa squadra, il vulcanico Sam Hammam non sfuggiva allo stereotipo ben rappresentato dai suoi giocatori. Businessman libanese, divenne noto, nonostante le critiche ricevute, per aver introdotto nel calcio inglese un’esultanza tipica degli Ayatollah, il “do the Ayatollah” appunto. Di lui si dice che costringesse i suoi giocatori a lunghe e noiose visite museali dopo prestazioni scadenti.

Una squadra gagliarda questo Wimbledon, che non disdegnava di usare l’arma dell’intimidazione, anche fisica, per mettere paura agli avversari prima di un incontro. Una squadra fallosa e scorrettissima, ma che non mollava mai. Fu proprio questo il carattere che condusse uno strano manipolo di veri “scappati di casa”, per utilizzare un’espressione gergale, ma incisiva a raggiungere un obiettivo storico: la FA Cup del 1988. Guidati da Bobby Gould, un ex giocatore di hockey, arrivarono a conquistare uno dei trofei più ambiti del calcio inglese, in un clima di musica heavy metal negli spogliatoi e minacce agli avversari nel tunnel d’ingresso. In finale il Wimbledon si impose di misura sul glorioso Liverpool grazie a un gol di Lawrie Sanchez e alla parata decisiva di Beasant che neutralizza dal dischetto il tiro di Aldridge, l’allora capocannoniere della First Division.

La FA Cup ’88 si concluse così: Diana, la “Principessa triste”, premia i cattivi ragazzi d’Inghilterra, che per un giorno hanno il loro posto sul trono.