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Ragazzi della panchina

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Entro e decido una finale: perché il buongiorno si vede dalla panchina

Alvaro Morata, professione gol. Il bello di notte, ereditato da Zibì Boniek, ha colpito ancora e lo ha fatto dando il regalo d’addio (forse) perfetto: gol-vittoria dopo tre minuti dal suo ingresso in campo. Tre minuti, solo tre minuti per vincere la Coppa e correre come un forsennato verso un’inedita Curva Nord bianconera inseguito dai compagni di squadra. La rete dedicata al nuovo amore, Alice Campello, è l’ennesima riprova del fatto che Morata abbia un killer instinct primordiale per i gol pesanti. Lo aveva fatto vedere già lo scorso anno: in gol col Borussia Dortmund, con il Real per due volte (ricordate il Moratazo del Bernabeu?) e in finale di Champions League contro il Barcellona a Berlino per il provvisorio 1-1. Si è ripetuto anche ieri sera, entrando al 108′: ha sfruttato il taglio di Mandzukic a portar via l’uomo e si è gettato come un falco di controbalzo sul cross di Cuadrado sul secondo palo. Gol decisivo, forse l’ultimo, della carriera con la Juventus, visti i recenti sviluppi della situazione in essere con il Real Madrid. Ne sapremo di più solo dopo la finale di San Siro.

FATTORE MMorata fa parte a pieno diritto della lunga schiera di calciatori subentrati dalla panchina in gol in una finale. Proprio in casa Juventus, dodici mesi fa, si era ripetuta una cosa simile: stesso stadio, stessa competizione. Ma contro la Lazio: Alessandro Matri entra al posto di Llorente poco prima del fischio finale dei primi 90 minuti regolamentari nella finale dell’Olimpico. E firma il primo extra-time dal 2009 con un gol nel supplementare, forse il più importante della carriera, regalando alla Juventus la “Decima” Coppa Italia inseguita da più di 20 anni per la stella d’argento. L’attaccante di Sant’Angelo Lodigiano darà l’addio ai bianconeri con il gol decisivo per la Coppa Italia.

QUEL PALLONETTO DI RICKEN – Il calcio europeo ha più volte visto all’interno delle proprie finali avvenimenti del genere. E venti anni prima era stata proprio la Juventus a toccare con mano come un calciatore subentrato possa decidere una finale. Il 28 maggio 1997, giorno della finale di Champions League tra Borussia Dortmund e Juventus, la splendida rete di tacco di Alex Del Piero riapriva la partita di Monaco di Baviera sul 2-1 per i tedeschi: siamo al 70′ e fa il suo ingresso in campo il giovane Lars Ricken. Appena undici secondi dopo il suo ingresso in campo al posto di Chapuisat e al suo primo tocco di palla Ricken si inventa un pallonetto delizioso che sorprende Angelo Peruzzi un po’ troppo fuori dai pali di porta: è il 3-1 definitivo per il BVB, nonché il punto più alto della carriera di Ricken.

IL LANCIERE KLUIVERT – A dir la verità, anche il Milan nel suo recente passato aveva assistito inerme al gol di un avversario subentrato dalla panchina. Ed è accaduto nella finale di Champions League 1994-1995, vinta dall‘Ajax nella finale di Vienna contro il Milan di Capello. Gara bloccata sullo 0-0: poco prima dei tempi supplementari, al minuto 70, Louis Van Gaal richiama Jari Litmanen in panchina per far spazio al giovane attaccante Patrick Kluivert. Detto, fatto: è suo il gol vittoria al minuto 85 che regala il trofeo ai lancieri nella finale dell’Ernst Happel Stadion. 

L’ECCIDIO DEL CAMP NOU – Niente di paragonabile, però, alla finale del Camp Nou di Barcellona il 26 maggio 1999. Si gioca la finale di Champions League 1998/1999 tra il Manchester United di Sir Alex Ferguson (che in semifinale ha eliminato la Juventus) e il Bayern Monaco di Ottmar Hitzfeld. La finale sembra andare per il verso giusto per la portaerei tedesca che schiera per 10/11 tutti tedeschi, tranne Samuel Kuffour e il bosniaco Salihamidzic nella ripresa. Al 5′ Basler porta in vantaggio il Bayern Monaco. Nella ripresa Ferguson smantella i Calipso Boys, togliendo Andy Cole dal campo per far entrare un giovane norvegese dalle grandi promesse: Ole Gunnar Solskjaer, mentre poco prima il sempreverde Teddy Sheringham aveva sostituito Jesper Blomqwist. 90′ minuto. Succede l’irreparabile. Sempre da calcio d’angolo. Al 91′ Sheringham va in gol ed è già estasi per i Red Devils: nulla di paragonabile rispetto a quanto accade neanche 70 secondi dopo. Sul tap-in di Sheringham c’è Solskjaer: Manchester United campione, il Bayern a casa dopo aver condotto per 90 minuti il match, senza neanche il beneficio dei tempi supplementari.

GOTZE MONDIALE – Chiudiamo questa breve rassegna con un altro elemento di spicco, nella cornice più importante per un calciatore. La finale del Mondiale 2014 a Rio De Janeiro. Lo 0-0 del Maracanà sembra non volersi scrollare di dosso, nonostante gli errori sottoporta di Higuain. Joachim Low ci crede e rischia poco prima dei tempi supplementari: toglie una punta di ruolo come Miroslav Klose, dentro Mario Gotze. Nel secondo tempo supplementare, Gotze taglia in mezzo all’area di rigore, stoppa il pallone col petto e scaraventa di sinistro il gol che vale la vittoria della Germania nella Coppa del Mondo 2014.