Napoli – Inter, i fattori: Sarri e Mancini, Higuain e Brozovic - Calcio News 24
Connettiti con noi

2015

Napoli – Inter, i fattori: Sarri e Mancini, Higuain e Brozovic

Pubblicato

su

Lo spettacolo di Napoli – Inter in quattro punti: partenopei al comando della classifica dopo 25 anni

E’ stata una partita bellissima. Che prima di ogni altro aspetto dimostra un assunto: Napoli ed Inter non sono così in alto per caso. La nuova capolista solitaria della Serie A – non accadeva da 25 anni, quando i partenopei si aggiudicarono il secondo scudetto della loro storia nelle battute finali dell’era Maradona – e la seconda forza della classifica sono anche le terze difese dei principali campionati europei dopo Bayern Monaco ed Atletico Madrid.

FATTORE MANCINI – Per comodità d’esposizione partiamo dal tecnico nerazzurro: è lui il protagonista della serata perché è il suo coraggio ad averci consegnato una partita. Diciamocelo chiaramente: fatta eccezione per il balbettante avvio, chiunque affronti il Napoli (a maggior ragione nel suo catino) si concede all’avversario e prega di non prenderne troppe. Roberto Mancini invece – l’allenatore più vincente dell’attuale Serie A – si è presentato al San Paolo a testa alta indovinando assetto e preparazione: non lasciate beffarvi da chi vi racconta della bella Inter vista soltanto nel secondo tempo in inferiorità numerica, già nel primo il Napoli non era riuscito ad inscenare le sue consuete e scientifiche trame di gioco, costretto dall’ottimo pressing alto dei nerazzurri a lanciare avanti una serie di palloni. Fattore mai intravisto prima. Jorginho ha giocato poche palle, il centrocampo partenopeo è stato spesso saltato, gli esterni offensivi difficilmente innescati: questa Inter ha gli attributi ed è qualcosa da tenere in conto e da riconoscere in primis allo spessore del suo tecnico.

FATTORE SARRI – Sì, l’artefice del Napoli da primato non può che essere lui: 9 le reti incassate in 14 gare disputate di cui sei nelle prime tre partite. Tradotto: nelle ultime undici sfide di campionato i partenopei hanno incassato appena tre gol. Un trend mostruoso confermato dall’eccellenza mostrata sul palcoscenico internazionale, dove il Napoli ha vinto tutte le gare disputate raccogliendo il pallone nella sua porta appena una volta. Meglio degli azzurri e dell’Inter (a pari merito) in Europa hanno fatto meglio soltanto il BayernMonaco (5) che però non sembra fare testo e l’Atletico Madrid dello specialista Simeone con 6. Maurizio Sarri sa il fatto suo e lo si è visto ieri in un lucidissimo post partita: sa dove ha preso il Napoli e dove lo sta portando, ha ammesso a denti stretti la sofferenza patita contro un avversario di livello, soprattutto si è (auto) messo alla prova con intelligenza ed ironia sulla grande sfida che lo attende. Quella di parare – come il suo gran portiere Reina – l’effetto pressione di un ambiente alle stelle ed anzi tramutarlo nell’intangibile materia definita da quelli bravi valore aggiunto.

FATTORE HIGUAIN – Quello o ce l’hai o non ce l’hai. Nel primo caso – e torniamo al fattore Sarri – tutto quello che devi fare è metterlo nelle migliori condizioni per rendere al top del suo potenziale: sembra facile vero, ma ad esempio è qualcosa non riuscito al suo predecessore. Un biennio in cui Higuain ha messo in mostra i suoi numeri – del resto sei Higuain – ma non ha mai dato l’impressione di poter prendere in mano il gruppo e tramutarsi nel leader tecnico ed emotivo bramato dalla piazza: le immagini che lo riprendono al fischio finale intonare cori con la curva partenopea sgombrano il campo da ogni dubbio. Prima era accaduto il delirio: una doppietta di stordente bellezza, due fucilate all’insormontabile Handanovic che gridano un po’ di tutto. Prima di ogni cosa quella febbre mostrata nella scelta di trasferirsi da Madrid a Napoli per diventare padrone e non comprimario del proprio destino.

FATTORE BROZOVIC – Verrebbe immediato parlare di Ljajic (e lo merita) ma signori, Marcelo Brozovic non sbaglia una palla: Mancini lo manda in campo a sorpresa, chiunque si aspetta la mediana di ferro composta dai vari e indemoniati Medel, Melo e Guarin ma la scelta ricade sulle caratteristiche totali del croato. Un manifesto: vogliamo giocarcela. Il tecnico jesino bene fa perché il croato lo ripaga in pieno: punto di riferimento assoluto per la difesa che in disimpegno lo cerca (e lo trova) molto più di quanto riesca con i colleghi Medel e Guarin, palla al piede la prima può considerarsi in banca. Brozovic alza la testa e sa cosa fare, chi servire, quale zona di campo occupare e quando giocare lungo o corto: classe ’92, ha polmoni per non venire meno sul piano della corsa e tempo da vendere per consacrarsi ed elevare il livello qualitativo di questa Inter. La domanda sorge spontanea ed è diretta all’ottimo Mancini: perché soltanto sei gare da titolare su quattordici? Neanche la metà del totale, eppure la sensazione forte è quella che il croato dal campo non dovrebbe uscire neanche al fischio finale.