Nell’eliminazione della Lazio c’è tutta l’errata filosofia italiana - Calcio News 24
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2015

Nell’eliminazione della Lazio c’è tutta l’errata filosofia italiana

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Disastro Ranking Uefa per federazioni, l’eliminazione della Lazio certifica un fenomeno tutto italiano

Niente da fare. Quando siamo sul punto di rialzare la testa, quando sembra fatta, ecco le risposte che minano le fondamenta delle tue convinzioni: la Lazio crolla alla BayArena di Leverkusen e retrocede dalla Champions all’Europa League dopo che la Sampdoria aveva già abbandonato quest’ultima. Insomma un’estate horror per il calcio italiano che vede nuovamente impennarsi la sua strada nel Ranking Uefa per federazioni.

LA SITUAZIONE – Sì, perché nel calcolo del coefficiente la sola partecipazione alla fase a gironi della Champions League vale quattro punti extra, fattore invece non riconosciuto al corrispettivo dell’Europa League: non guardiamo alla Spagna, fuori causa per eccesso di valore, ma le nostre competitor Germania ed Inghilterra vanteranno rispettivamente quattro squadre (Bayern Monaco, Wolfsburg, Borussia Moenchegladbach e Bayer Leverkusen, Chelsea, Arsenal, Manchester City e Manchester United) rispetto alle nostre due (Juventus e Roma). Quando il sorpasso sembrava nei radar del movimento italiano ecco il disastro della Sampdoria e la zavorra con cui ci costringe ad iniziare il fallimento della Lazio. Ulteriori aspetti negativi della situazione: l’eventuale passaggio agli ottavi finale di Champions vale ulteriori quattro punti per squadra e resta valida la superiorità numerica di inglesi e tedesche, che peraltro nel complesso vantano rispettivamente sette e sei squadre (ci si mette anche il regalino fatto dalla Uefa all’Inghilterra in merito alla squadra extra ottenuta per via del simpatico premio fair play – una squadra in più ammessa alle competizioni internazionali – che ha di fatto parzialmente vanificato l’eliminazione di West Ham e Southampton).

NON PIU’ UNA CASUALITA’ – Guardiamo agli ultimi sei playoff di Champions League: Werder BremaSampdoria (2010-11) ed italiana eliminata, ArsenalUdinese (2011-12) ed italiana eliminata, Sporting BragaUdinese (2012-13) ed italiana eliminata, Psv EindhovenMilan (2013-14) ed italiana qualificata, Athletic BilbaoNapoli (2014-15) ed italiana eliminata, Bayer LeverkusenLazio (2015-16) ed italiana ancora eliminata. Insomma in cinque degli ultimi sei casi la squadra italiana impegnata nello scontro diretto d’accesso alla massima competizione internazionale ha dovuto abdicare: soltanto la grande tradizione internazionale del Milan ha evitato il cappotto. Dunque no, non può essere più considerato un fenomeno da ridurre all’aspetto casuale.

I FATTORI – Alla Lazio concediamo l’attenuante (molto) generica della sorte poco favorevole: magari sarebbe ugualmente uscita a pezzi nel fortino del Bayer Leverkusen, ma avremmo quantomeno voluto vederla all’opera non privata dei suoi uomini d’esperienza e carisma (vedi Biglia e Klose, non a caso finalisti della Coppa del Mondo un anno fa in Brasile). Un’attenuante, non un alibi: perché Lotito e dirigenza si sono accontentati di fare le cose perbene, di regalare a Pioli un organico sufficientemente completo, magari sperando in un sorteggio accomodante. Risolve il quesito l’onesta ammissione non celata proprio dal tecnico biancoceleste nel postpartita della BayArena: “Non siamo all’altezza per questi livelli di competizione”. Chiaro, puntuale, inequivocabile. A determinate quote di contesa internazionale fare le cose perbene, sufficientemente, non basta. Non può bastare: ne esci con le ossa rotte. Rimandare, rimandare e rimandare, non puoi aspettare i fondi Champions (che poi puntualmente non arrivano) per fare mercato negli ultimi quattro giorni a disposizione: non funziona, chiedere al Napoli e a chi prima di lui. E nell’anno del grande ritorno sulla scena europea d’elite la Lazio avrebbe dovuto fare di più. Trovare certezze, rischiare meno (Kishna, Milinkovic-Savic, bravissimi per carità, ma ci si giocava tanto). Perché la mediocrità di un quarto posto nel Ranking che non si addice alla nostra storia va presa a pallonate e non certo accarezzata con i guanti.