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2015

Ora a Torino è un mito

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L’impresa di Ventura e del suo Torino: Juve ko, ciliegina sulla torta di un quadriennio emozionante. In pieno stile granata

L’ultima tappa del suo personale giro d’Italia è stata, almeno al momento, quella di Torino: sponda granata, neanche a dirlo, quelli come lui sono tagliati per un certo genere di sfide. Il quadriennio di Giampiero Ventura al timone del Toro va vissuto come un’escalation di risultati ed emozioni che lo hanno definitivamente elevato ad idolo indiscusso della storica tifoseria granata.

LA PROMOZIONE – Urbano Cairo lo chiama nel 2011 incaricandolo di una precisa missione: riportare il Torino nel territorio di competenza. La massima serie italiana, dopo un ventennio di eccessiva Serie B e qualche magra esibizione di troppo in A: è l’ora di ritornare, con un progetto, con un’idea, con una guida forte. Ventura dimostrerà sin da subito di essere l’uomo giusto: il campionato cadetto è infinito ma il Torino dimostrerà forza e costanza per meritarsi la piazza d’onore dietro l’esuberante Pescara di Zeman, Verratti, Insigne ed Immobile. Oggi uno gioca in pianta stabile al Psg, uno si sta affermando nella patria Napoli e l’altro è emigrato in direzione Borussia Dortmund. Restano Ventura e Zeman, due maestri molto affini per visione calcistica i cui destini poi si sono separati: il boemo alle prese con le proverbiali contraddizioni di una carriera illeggibile, il genovese finalmente – non era mai accaduto prima – sulla stessa panchina per più di tre stagioni (a dirla tutta raramente aveva superato le due).

QUALIFICAZIONE EUROPEA – Quelli come lui, con questo fare tormentato o quasi dannato, del resto sono instabili per dna: cambiano per sopravvivere. L’inattesa resistenza sulla panchina del Torino – dopo un secondo anno (il primo in Serie A) appena sufficiente – è stata sublimata dalla sua terza stagione granata: addio 4-2-4, il pirotecnico impianto che ne aveva rilanciato le quotazioni con le esperienze di Pisa e Bari, spazio ad un più oculato 3-5-2 che potesse far coesistere equilibrio a proposta offensiva. Addio Ventura? Ha abbassato la cresta? Anche lui ha dovuto pagare pegno alla legge del calcio? Ma neanche per sogno. Modulo o non modulo il suo Toro – quello che passerà alla storia come il Torino di Cerci ed Immobile, sì ancora lui ma non più da avversario – ha dato spettacolo su ogni campo, ha giocato a viso aperto contro tutti e segnato a raffica (il buon Ciro capocannoniere della Serie A 2013-14 con 22 reti, 13 quelle di Cerci più un’infinità di assist) fino a meritarsi la qualificazione alla futura Europa League. Con la complicità del Parma e del suo dissesto economico, vero, ma non dimentichiamo come lo stesso Cerci all’ultimo battito del campionato si sia lasciato ipnotizzare da Rosati sprecando clamorosamente il rigore che avrebbe significato festa sul campo.

EUROPA LEAGUE E GLORIA NEL DERBY – Ma è nel destino di una squadra così bella e maledetta: ogni gioia, ogni singolo granello di felicità va sudato e sofferto. Poco male poi se Ventura si sia riscoperto un tantino meno spregiudicato di un tempo: ancor meno peggio se questa versione ritoccata abbia portato ai risultati dell’attuale stagione. Venduti Cerci ed Immobile? Nessun problema: un’Europa League da favola ed un campionato ancora disputato nella prima metà della classifica. Ma andiamo con ordine: la coppa del Torino parte da lontano, da lontanissimo con il terzo turno preliminare abbondantemente superato contro gli impronunciabili svedesi del Brommapojkarna, sarà poi escalation dal playoff con lo Spalato agli ottavi con lo Zenit San Pietroburgo (fa male pensare a quella sciocca espulsione di Benassi rimediata allo Stadio Petrovskij dopo pochi minuti, gli uomini di Ventura hanno giocato per 180 minuti almeno alla pari dei più quotati russi ed avrebbero meritato l’ulteriore passaggio del turno) passando per un girone eliminatorio disputato con sorprendente personalità e per la miracolosa notte di Bilbao che resterà scritta a caratteri cubitali nella singolare storia di questo club. A questa squisita torta mancava la fatidica ciliegina: vent’anni pieni senza vincere un derby con la Juventus, chi avrebbe potuto sfatare questo tabù se non lui? Le emozioni della giornata di ieri sono ancora indelebili nelle menti e nei cuori del popolo granata, il volto poetico di uno sport che per sua sfortuna presenta anche l’altra faccia spietata che fa capo ai minuti precedenti alla partita. Ma questa è un’altra storia: è storia dei Darmian, dei Quagliarella, dei capitan Glik, di una squadra spesso data per spacciata e puntualmente risorta. E che, a quell’Europa oggi distante due soli punti, ha iniziato a farci un pensierino. Ad affezionarsi. E’ storia di Ventura, il nuovo eroe della Torino granata.