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Dall’autogol alla redenzione: i due gol che hanno segnato Paolo Negro

Manca poco più di una settimana a Natale. Allo Stadio Olimpico di Roma è sera ma non fa freddo, sono passati quasi settanta minuti dal fischio iniziale dell’arbitro Cesari e Paolo Negro ha giocato una discreta partita. Il dizionario impone di definirla come semplice partita ma all’Olimpico quella sera di dicembre va in scena ben altro: è il derbyLazio e Roma sono separate sette punti, la Roma è prima in classifica e nel pomeriggio la Juventus ha sbancato Lecce in maniera tutto sommato semplice. I bianconeri sono adesso a tre punti dalla capolista ma con una gara in più della Roma, il problema però è che i giallorossi hanno una stracittadina da giocare, per antonomasia la gara più difficile dell’anno. La Lazio tiene bene per la prima ora di gioco, Paolo Negro si è messo in luce con qualche buona chiusura sugli attaccanti romanisti, invero deludenti. Totti punge poco, su di lui vanno sempre in due, Batistuta invece arriva spesso secondo sul pallone e Delvecchio è tanto utile in copertura quanto inconcludente davanti. Negro fa buona guardia, in uno stadio colmo di agonismo e di colori sgargianti. Sembra di giocare in una arena, gli animi sono caldissimi e c’è un frastuono di sottofondo che ormai dopo più di un’ora di partita è diventato una entusiasmante abitudine. Nessuno tira indietro la gamba, ma non c’è da scomporsi, è un derby e il concetto di prassi in un derby cambia del tutto. Negro di stracittadine così ne ha giocate tantissime, le ha perse spesso e le ha vinte quasi in egual misura, si è tolto molte soddisfazioni. Lui che, se non fosse per qual cognome particolare, vivrebbe se non da gregario almeno da comprimario una sfida del genere. Negro è come quegli attori che non hanno mai un ruolo da protagonista ma rendono più piacevole il film nel complesso. Difficilmente sale alla ribalta e se lo fa non è in un derby. Il 17 dicembre 2000, quando Lazio e Roma sono ancora sullo zero a zero e i minuti sul cronometro sono sessantanove, la vita di Negro però sta per cambiare.

ANATOMIA DI UN ISTANTE – Sessantanove minuti e trentasei secondi. Batistuta ha da poco fatto tremare Peruzzi e la Lazio con una punizione da Batistuta, ha preso coraggio e avanza palla al piede verso l’area della Lazio. I difensori laziali indietreggiano, tanto che Batigol avrebbe pure lo spazio per calciare ma preferisce appoggiare sulla destra a CafuSessantanove minuti e trentotto secondi. Cafu è al vertice destro alto dell’area di rigore e davanti a sé ha Nedved, che nel primo tempo ha umiliato con tre sombreri destinati anni dopo a diventare una gif. Cafu non punta l’uomo, non va sul fondo, vede solamente Zanetti libero dalla parte opposta del campo e decide di servirlo con un cross alto e morbido, forse troppo morbido. Sessantanove minuti e trentanove secondi. Negro in ripiegamento difensivo fa la guardia sul palo attaccato da Cafu, è il suo ruolo e lo sta facendo pure bene. La dinamica dell’azione lo porta al limite dell’area piccola mentre lo spiovente del brasiliano mette in mostra la scalatura errata della difesa laziale sul lato destro. Sessantanove minuti e quaranta secondi. Cristiano Zanetti mai avrebbe pensato in vita sua di poter essere protagonista in una gara così: il cross di Cafu è per lui, e lì in area a pochi metri da Peruzzi c’è lui, e a colpire di testa sul secondo palo a botta sicura è ancora lui. Il traversone è lento, bisogna dare una bella zuccata per segnare. Zanetti lo fa e spera. Sessantanove minuti e quarantun secondi. Peruzzi si vede arrivare la palla dritta sulla sua mano sinistra, è un po’ fuori porta ma il colpo di Zanetti non è forte. Tyson, lo chiamavano così a Torino, fa leva sui suoi muscoli e salta per respingere. Ci riesce, il pericolo è scampato e adesso va solo liberata l’area. Sessantanove minuti e quarantadue secondi. Sulla respinta del portiere sono tre i difensori laziali che hanno la possibilità di spazzare, non c’è alcun romanista, va solo pulita l’area di rigore. Nesta è faccia a faccia con la sua porta e rischia un autogol assurdo, quindi cerca con una sorta di rovesciata di allontanare la sfera. Ci va poco convinto, qualcosa va storto. Nesta colpisce con l’esterno del piede e la palla invece di andare lontana colpisce Negro. Sessantanove minuti e quarantatré secondi. Ha fatto tutto bene Negro, tutto. Ha seguito l’azione, ha ripiegato nella maniera migliore, ha tenuto a bada Delvecchio. Si è trovato sempre al posto giusto nel momento giusto. Tranne adesso. Nesta respinge male e la palla rimbalza sulla coscia di Negro finendo la sua corsa all’interno della porta. Settanta minuti, uno a zero per la Roma. Finirà così.

LE COLPE DEI PADRI – Passano cinque anni, cinque anni in cui ogni volta che Negro affronta la Roma partono gli sfottò. Non aveva colpe se non quella di essersi trovato a un metro da Nesta quella sera in quel derby, eppure le fanzine della Roma, i forum della Roma, gli striscioni della Roma, sono tutti dedicati a lui, diventato idolo involontario dell’altra sponda della Capitale. È da poco iniziato l’autunno e le temperature sono già basse, a Roma fa freddo pur essendo ottobre e il calendario di Serie A ha giocato un bello scherzo a Paolo Negro. L’anno prima non è stato facile per lui alla Lazio, la nuova dirigenza non è stata così accondiscendente come le precedenti e la gestione morale dei giocatori non ha brillato più di tanto. Fatto sta che Negro ha giocato quattro partite, è finito nel dimenticatoio e ha dovuto dire addio alla Lazio e alla città di Roma. Salvo poi tornarci a tre mesi dalla firma del nuovo contratto, perché in estate Negro è passato al Siena. E il 2 ottobre del 2005, in un pomeriggio in cui la voglia di uscire di casa è pari a zero, un Olimpico vuoto per metà ospita la sesta giornata di andata, Roma – Siena. Le due squadre sono a metà classifica ma è troppo presto per fare bilanci di qualsiasi genere, però questo Roma – Siena è stranamente sentito da ambo le parti: di ex Lazio nei bianconeri non c’è solo Negro, ad esempio nei convocati di De Canio troviamo il tifoso biancoceleste Portanova oppure Enrico Chiesa o Ciccio Colonnese, quel giorno però in panchina. Negro scende in campo con la nuova – tremenda, orribile – maglia del Siena e si rivede appoggiato a quel palo dopo aver segnato l’autogol nel derby del 2000. Riesce a udire anche le offese dei romanisti per quelle sue meches bionde, un vezzo che non si addiceva a un non protagonista come lui. Sente che ha una colpa da espiare – una colpa nemmeno del tutto sua, ma non sarebbe un terzino o un difensore se non avesse imparato a prendersi colpe che non ha. Quando il signor Morganti di Ascoli Piceno, a sedici minuti e mezzo dall’inizio del match, dà un corner al Siena Negro sale in area. Si prenderà la sua rivincita.

WHAT A WONDERFUL WORLD – Dalla curva della Roma si è alzato da qualche minuto un coro che va avanti da cinque anni. E facci un gol dicono i tifosi giallorossi, e facci un gol, Paolo Negro facci un gol. Negro ha spalle forti, è un calciatore e quindi non deve ascoltare cosa arriva dalle curve, però è stato segnato da quel giorno, da quelle meches, da quella testa appoggiata al palo come alla fine di una danza. La porta non è la solita del derby, si trova a poco più di cento metri a ovest: Negro è nell’area piccola, Chiesa alla bandierina. Lo spiovente del centravanti ligure finisce nel cuore degli ultimi undici metri, c’è un contrasto tra Panucci e Bogdani, l’albanese ha il corpo indietro pur trovandosi davanti alla porta di Curci in ottima posizione. Prova a calciare ma sfiora solamente il pallone, lo tocca con la punta senza dargli forza. Per sua fortuna c’è una deviazione che manda la palla verso un compagno. Paolo Negro ha seguito tutta l’azione come fa ormai da tre anni a questa parte, sale sui calci d’angolo ma non segna da tre stagioni e contro la Roma non ha mai timbrato il cartellino. Non nella porta avversaria almeno, c’è sempre quella ferita che si porta dentro, una voce costante, un ricordo indelebile. Stavolta però è fortunato, perché il tiro sporcato di Bogdani gli arriva addosso e lui deve solamente calciare. Chissà cosa avrà pensato in quel momento Paolo Negro, chissà cosa avrà rivisto nella sua mente. Tutte le offese, gli sfottò di Totti nel derby – e lui che risponde “Parla italiano” -, i sospiri dei fan della Lazio all’annuncio del suo nome. Tutto fino a quel Roma – Siena, quando al diciassettesimo minuto esatto un pallone non gli finisce tra i piedi. E lui calcia, male ma calcia, di piatto sporco ma tira in porta. Curci rimane in piedi mentre la sfera oltrepassa la linea. Negro ha segnato, stavolta nella porta giusta. La sua pena è finita, ora può correre felice. Si guarda intorno mentre esulta, incredulo. Si porta entrambi gli indici al petto e dice “io, io!“. La tifoseria della Roma è ammutolita perché Negro ha fatto gol davvero, e adesso la Roma perde. Negro si è riscattato, si è redento. Adesso può chiudere la carriera in pace, e lo farà l’anno successivo dopo aver contribuito a salvare in extremis il Siena. Quel Roma – Siena finirà 2-3, segneranno anche Chiesa e Colonnese. Anche loro ex Lazio.