Roberto Galbiati, la questione morale - Calcio News 24
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2015

Roberto Galbiati, la questione morale

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«Lo scudetto del 1982? Doveva andare alla Fiorentina. Moralmente parlando, quel campionato profuma di giglio…»

A schiena rigorosamente dritta. Così giocava Roberto Galbiati, negli anni migliori della sua carriera spesa tra piazze caldissime e squadre intense (l’inizio nell’Inter, poi Pescara, Torino, Lazio ecc) per le quali dovevi – e devi – sempre dare il massimo. Poi, nel bel mezzo, spunta la Fiorentina degli aristocratici Pontello e lì saranno cinque stagioni frazionate (prima dal 1978 al fatidico ’82, poi un’ultima tranche datata ’86/’87 giusto in tempo per assistere alle prime magie di un certo Roby Baggio) in cui l’amore sarà al pari di una vertigine dall’alto del Campanile di Giotto: intenso, stordente, totalizzante. Ed amaro visto che Galbiati c’era al Sant’Elia di Cagliari, quel ventoso pomeriggio del maggio di circa 33 anni fa, dove si consumò il fattaccio (o il braccino del tennista, come decretarono dalle parti della Mole). Abbiamo voglia di farcelo raccontare per l’ennesima volta? Certo che sì. E già che ci siamo prendiamola larga e diamo carta bianca ad un libero vecchio stampo che, però, intravide dal campo i primi germogli del calcio moderno. Quelli che sarebbero esplosi e violenti quando lui – attorno al 1990 – appese gli scarpini al chiodo, pronto ad immergersi nei suoi personalissimi ed appaganti Tempi Supplementari. Sempre con la lingua lunga (da buon toscano d’adozione) e la schiena dritta, appunto. 

Ti devo chiamare Mister o semplicemente Roberto?
«Roberto, Roberto per carità! (ride) Al momento non ho una squadra da allenare, ma prosegue la mia collaborazione con la scuola calcio ‘Ferruccio Valcareggi’ qui a Firenze. Io aiuto la classe del 2004 e sostituisco gli istruttori quando serve. Il nostro obbiettivo è sempre il solito: avere dei ragazzini che si divertano e che escano di qui sapendo stoppare e calciare col destro o il sinistro. Lavaggio del cervello con tattiche e posizioni da tenere in campo? Non sia mai! E poi che mi serve sapere che fai i 100 metri in meno di 10 secondi se perdi il pallone al primo contatto?»

Tempi Supplementari, fin qui, ha raccontato il dopo-calcio di molti tuoi colleghi. Nel tuo caso, invece, mi sembra che quel bellissimo prato verde tu non l’abbia mai abbandonato…
«Sì, il football è sempre stato il mio mestiere: ho sempre voluto giocare a pallone, stare nel mondo del calcio e spero di averlo fatto nel modo migliore. Ripensamenti, delusioni? No, ci sono molte cose che tuttora non vanno in quest’ambiente (vedi ad esempio il finale di Roma-Fiorentina in Europa Legue…), ma al tirare delle somme il mio bicchiere è decisamente mezzo pieno. Avrei voluto giocare nella Nazionale A, certo, ma io facevo il libero e chi glielo levava il posto a due campionissimi come Scirea e Baresi

Dispiaciuto che il famigerato numero 6 si sia estinto in questi ultimi 25 anni di evoluzione tattica?
«Niente di grave, è solo il progresso che avanza: io mi sono ritirato nel 1990, dopo un’ultima stagione a La Spezia, e quella era l’epoca che il ‘sacchismo’ dettava legge. Un po’ l’avevo già intuito perché, da metà anni ’80, il libero era diventato un’altra cosa. Io, ad esempio, giocavo spesso da centrocampista aggiunto per dare superiorità numerica in mezzo al campo.»

Si gioca meglio o si gioca peggio oggi?
«Si gioca diversamente: è davvero cambiato tutto. Ora ci vuole in primis velocità e forza fisica, se no una squadra è spacciata. Però, se questo conformismo atletico porta a far sbocciare i vari Messi, Cristiano Ronaldo, Felipe Anderson o Salah, beh teniamoci stretti il calcio del 2015!»

Torniamo alla tua carriera: com’è che un ragazzo di Cernusco Sul Naviglio (la multinazionale lombarda dei liberi visto che ha dato i natali pure a Gaetano Scirea e Roberto Tricella) si innamora pazzescamente un giorno della maglia viola?
«Si è trattato di un percorso durato 5 stagioni e comprensivo di una vittoria morale, nel 1982, per quel che riguarda il campionato italiano… E poi, nel corso degli anni, c’è stato il ritorno in vari ruoli (allenatore delle giovanili, della Primavera, vice in serie A ecc.) e l’affetto si è cementato sempre di più. Sai, aver contribuito a riportare la Fiorentina in massima serie, nei primi anni del millennio e dopo quel dolorosissimo fallimento societario, è stata per me una faccenda assolutamente sentimentale. Così come aver giocato sia con Antognoni che con Baggio

Nel cuore degli anni ’80, però, ci sono stati anche tre campionati di fila a Torino (sponda granata) ed un altro secondo posto nell’84/’85…
«Un periodo bellissimo. Funzionava tutto: il Toro, lo spogliatoio, il rapporto con la città, i tifosi caldissimi. Un ottimo ambiente, quello granata, che ci permise di ricostruire dal dopo-Pianelli fino al secondo posto dietro al Verona che, intendiamoci, quello scudetto se lo meritò tutto. L’altra volta invece…»

L’altra volta ovviamente fu Catanzaro Juventus 0-1 (rigore di Brady nel finale) e Cagliari Fiorentina 0-0 (con gol annullato a Ciccio Graziani). Ultima giornata del torneo 1981/1982. Classifica definitiva: Juve 46, Viola 45. Apriti cielo…
«Guarda, con la massima onestà possibile e a 33 anni di distanza, continuo a pensare che lo spareggio ce lo meritassimo tutto: il titolo ce lo saremmo giocato lì, ad armi pari, ma una partita secca tra noi e la Juventus ci stava eccome. Comunque, lasciamo da parte le polemiche e speriamo che quel fatidico 16 maggio 1982 tutti, ma proprio tutti, abbiano agito in assoluta buona fede…»

Argomento chiuso definitivamente?
«Lasciami aggiungere ancora due paroline. Uno: moralmente lo scudetto dell’82 appartiene alla Fiorentina. Questo è un pensiero che porterò sempre con me. Due: speriamo che un giorno arrivi un attesissimo terzo titolo gigliato per seppellire definitivamente quel maledetto secondo posto di tanti anni fa.»

Però, senza nulla togliere alla delusione tremenda di Cagliari, ho come il sospetto che la tua stagione più difficile da gestire sia stata un’altra…
«Ti riferisci al campionato ’85/’86? Al mio unico anno alla Lazio

Esattamente. Più che altro per come si concluse la storia: i nove punti di penalizzazione arrivati nel cuore dell’estate…
«Sì, hai ragione: quella, sportivamente parlando, fu un’annata parecchio difficile di fronte ad una tifoseria molto esigente, come è giusto che sia quella laziale. Eravamo partiti con l’obbiettivo di tornare subito in serie A ma – un po’ per colpa nostra, un po’ per i problemi economici della società – una volta ci portarono via dalla stadio col cellulare della polizia per evitare la rabbia dei tifosi. Fu dopo la partita in casa col Vicenza, l’unica volta in vita mia che usufruii di una scorta…»

Di certo non a quei livelli capitolini, ma un altro anno alquanto turbolento fu il 2004/2005, il tuo unico da Vice in serie A, sulla panchina viola.
«Cambiammo tre allenatori e ci salvammo solo grazie all’enorme dose di serenità che ci donò Dino Zoff, il terzo della lista. Prima ci furono dei problemi con Emiliano Mondonico – che per me meritava di rimanere al comando fino alla fine del campionato – e poi subentrò il povero Sergio Buso (scomparso alla viglia di Natale del 2011, Ndr) che comunque di suo ci diede una scossa per reagire. Fu il mio ultimo anno impegnato nei ranghi della Fiorentina, la stagione dopo cambiò tutto (e sarebbe pure arrivata la bufera di Calciopoli, Ndr)

Il desiderio di rientrare, riprovarci, ti coinvolge di tanto in tanto?
«È difficile che accada però mai dire mai nella vita… (sorride) A me ovviamente piacerebbe, ma resto molto realista su questo punto. Vedo belle situazioni come Empoli o Sassuolo, ambienti dove si lavora con apparente serenità, e mi dico: ‘Sarebbe bello se…’. Solo che poi passa subito.»

Perché?
«Perché io sono strano, mi muovo in questo mondo senza sponsor e dico sempre quello che penso. Un gran brutto vizio, il mio. Forse sono la persona meno indicata per stare nel mondo troppo rigido della serie A! (ride) Però, allo stesso tempo, ne restano pochi in giro di soggetti come me…»

Ciao, Roberto: è stato un vero piacere.
«Ciao a voi, amici di CalcioNews24. E buona Pasqua!»

Rubrica a cura di Simone Sacco (per comunicare: calciototale75@gmail.com)