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Squinzi: «Il Sassuolo è uno strumento, non faccio follie»

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Sassuolo: intervista al presidente Squinzi, che parla del progetto neroverde. Sull’arrivo dei cinesi in Serie A: «L’epoca delle spinte emozionali e dei mecenati è finita, questi adesso fanno business»

Per Giorgio Squinzi il calcio non è semplicemente un gioco, ma anche un modo per rilanciare l’immagine delle propria azienda: il presidente del Sassuolo lo ammette senza problemi, togliendosi di dosso l’etichetta da mecenate che è riuscito a costruire dal nulla un bel giocattolo. «Il Sassuolo è una voce del bilancio dell’azienda Mapei. È un bellissimo strumento per migliorare l’immagine del gruppo, ma non per questo sono disposto a fare follie, qui paga la programmazione», le parole di Squinzi a Il Secolo XIX. Da qui parte la scelta di puntare su giovani italiani e giovani, come Domenico Berardi, che il numero uno neroverde difende a spada tratta e che in estate ha rifiutato la Juventus per rimanere.

SASSUOLO, SQUINZI: «MENO EMOZIONI, È FINITA UN’ERA» – Proprio con i bianconeri, prossimi avversari di campionato oggi, Squinzi ammette una certa affinità politica. Per lui però il primo amore dichiarato resta il Milan: la cessione dei rossoneri ad una cordata cinese è un segnale chiaro. Quale? «La spinta emozione dei Silvio Berlusconi e dei Massimo Moratti non possiamo aspettarcela dai cinesi, quell’epoca è finita. I cinesi sono arrivati per fare business, vedremo se a medio o lungo termine ci riusciranno: certo il mecenatismo è finito», le parole del presidente del Sassuolo nella medesima intervista di cui sopra. Contro la Juve il numero uno degli emiliani punta a vincere: non sarà facile, ma…