Tre ragioni per cui questo Napoli piace all’Italia - Calcio News 24
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2015

Tre ragioni per cui questo Napoli piace all’Italia

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Rivoluzione napoletana: i tre aspetti che rendono il Napoli di Sarri gradito agli occhi dell’Italia del pallone

La striscia del Napoli di Maurizio Sarri prosegue ininterrotta: 5 le gare consecutive di campionato senza incassare un gol, 6 considerando anche l’Europa League. I partenopei non perdono dalla prima gara stagionale (unica sconfitta), hanno vinto 12 delle 16 gare restanti. Qualificazione europea già archiviata – con primo posto e testa di serie in vista dei sedicesimi di finale – e secondo posto nell’attuale classifica di Serie A a due punti dalla capolista Inter e con la migliore differenza reti del torneo. E questo Napoli sembra essere gradito a buona parte dell’Italia calcistica e calciofila: ecco le tre ragioni alla base di questo sentimento.

SARRI – Sì, proprio lui. Il suo aspetto da uomo di un tempo, da figura che si presenta e sostanzia in maniera differente dalla massa: apparentemente fuori luogo e tempo, venuto dal basso e novello a determinati livelli, nei fatti tremendamente a fuoco. I suoi calciatori lo adorano (guardate la foto a corredo dell’articolo) e se vi sembrerà esagerata tale definizione converrete tutti su un assunto: lo seguono. Un seguire da intendere non meramente sotto il profilo tattico ma più largamente alla stregua di una missione. Non tutte le parole di mister Sarri sono politicamente corrette: Albiol con il sedere a terra docet, ma evidentemente sa come pungolare l’orgoglio dei suoi calciatori più rappresentativi ed arrivarne all’anima. Vedi Higuain, un calciatore palesemente diverso da quello osservato nel biennio Benitez. La rivoluzione del Napoli infatti parte proprio dall’atteggiamento ed in tal senso il lavoro di questa poco comune figura d’allenatore ha inciso oltre ogni ragionevole aspettativa.

IL GIOCO – Il Napoli è bello da vedere. Non bello, bellissimo a dire il vero. E questa è una valutazione che ogni osservatore onesto e consapevole non può smentire: la tela di passaggi è di una qualità talmente alta che in tanti si sono spinti fino a preferire ai partenopei le sole armate Barcellona e Bayern Monaco, la varietà di soluzioni è figlia di un’organizzazione di gioco sofisticata e curata nei dettagli. Chi scende in campo in questo Napoli sa cosa fare e sono due le immediate conseguenze di tale aspetto: esiste una formazione titolare ben identificata – a differenza di qualunque altra concorrente in Serie A – e la resa non cambia quando viene attuato il turnover. Anche spinto, vedere i numeri del pazzesco girone d’Europa League disputato dal Napoli. Ultimo elemento: il cambio in corsa. Maurizio Sarri ha impostato preparazione estiva e prime battute stagionali sul 4-3-1-2 marchio di fabbrica della casa. La rapidità con cui lo switch al 4-3-3 ha portato i frutti di cui stiamo discorrendo è affare misterioso.

LA CONGIUNTURAVenuta meno la Juventus schiacciasassi dell’ultimo quadriennio calcistico nazionale, l’Italia del pallone si è subito sentita liberata: gli addii di Pirlo, Tevez e Vidal in rigoroso ordine di rilevanza hanno portato ad ipotizzare una competizione decisamente più aperta e le ipotesi iniziali al momento trovano riscontro con la realtà. Il succo: qualcuno dovrà pur vincere insomma. Ci si era abituati alla Juventus, prima di Conte e poi di Allegri, ma la sensazione che possa non confermarsi è alta e dunque… qualcun altro dovrà pur vincere. Tifo a parte – discorso talmente ovvio da risultare banale, ognuno tiene all’orticello suo – l’Italia del pallone si guarda intorno: l’Inter è sì solida ma gioca male e se uno più uno fa ancora due il risultato è l’antipatia, la Roma è incasinata perché quasi ama farlo – 155 punti in due anni, due secondi posti dietro una super Juventus, se non cogli il momento è da drammatico thriller psicologico – ed alla Fiorentina da scudetto ci si crede e non ci si crede. Le altre sono indietro, poche storie. Il migliore dei mali dunque – ad esempio per i tifosi di Juventus, Milan e Lazio – diventa proprio questo Napoli. Il Napoli di Sarri e non quello del titolato e poco comunemente amato professore spagnolo: troppo bello da vedere, troppo umano (Sarri) da non impersonificarsi.