Colantuono: «Non mi è mai successo di restare senza squadra» - Calcio News 24
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Colantuono: «Non mi è mai successo di restare senza squadra»

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Mister Colantuono ripercorre la sua lunga carriera in un’intervista per la GdS

Una vita dedicata al calcio, Stefano Colantuono è una che sa farsi voler bene dalle tifoserie delle squadra in cui allena. Soprattutto a Bergamo è ricordato con affetto, dopo oltre sei anni in neroazzuro. Ecco l’intervista dell’allenatore romano alle colonne de La Gazzetta dello Sport, in cui si esprime soprattutto sulle sue esperienze in Serie B.

Cosa pensa un allenatore di 54 anni che dopo 5 campionati in A resta senza squadra?
«L’ho presa con filosofia. Non mi era mai successo, da quando alleno ho sempre fatto il ritiro estivo. Ma un po’ di riposo dopo tanti anni tosti ci voleva».

Era finita male a Udine…
«Un esonero strano: la squadra si è salvata con 39 punti, ma 30 li avevo fatti io. E non eravamo distanti dal decimo posto, quindi in linea con la storia dell’Udinese. A fine andata eravamo a quota 24, a metà classifica. E’ stato un esonero un po’ forzato, non ne vedevo la necessità, infatti non è cambiato molto. Ma rispetto sempre le scelte delle proprietà».

In precedenza anche a Bergamo, dove era iniziata bene, è stato esonerato.
«Una storia completamente diversa, un momento particolare della mia carriera: la decisione fu concordata con Marino, era la cosa migliore. Ma sono rimasto in rapporti di grande stima e affetto con il club».

Colpa del coinvolgimento nel calcioscommesse?
«Forse sì, ho sofferto molto. Non puoi non pensarci, ero molto infastidito, però avevo la coscienza a posto. Infatti è tutto finito con proscioglimento e archiviazione».

Non c’era modo di rimanere in Serie A dopo Udine?
«La classifica mi sembra delineata per scudetto e salvezza, non credo che ci saranno tanti scossoni sulle panchine».

Perché ha scelto il Bari?
«Perché è una piazza di A che sta in B, una di quelle società alle quali non si può dire no».

Ha rinunciato al Cesena?
«Ma no… Ho fatto una chiacchierata con un amico come Foschi, nulla di concreto».

In Serie B lei è sempre stato protagonista: questione di carattere?
«Non mi accontento di partecipare. Anche in questo campionato, in una piazza che deve provare ad arrivare in alto partendo di rincorsa».

Il nono posto col Catania al debutto, i playoff con Perugia e Torino, le due promozioni da primo con l’Atalanta. Qual è la sua gerarchia dei ricordi?
«Tutte esperienze molto gratificanti. All’Atalanta sono legato da un sentimento forte, che va oltre lo sport. A Torino ho respirato aria importante, da grande club».

Nelle prime due partite con il Bari ha fatto 4 punti e non sono stati 6 solo per la sciagurata autorete di Fedele con lo Spezia. Si aspettava una partenza così decisa?
«Ci speravo, bisogna accorciare subito le distanze. I giochi si fanno dopo gennaio, a febbraio bisogna iniziare a scattare. Adesso bisogna solo restare agganciati al carro. Ora, rispetto alla mia ultima volta in B, ci sono anche i playoff allargati a più squadre: è un’opportunità in più».

Cosa manca al Bari per la A?
«Intanto i punti. Bisogna trovare continuità, che finora è mancata: non solo nei risultati, ma anche nelle prestazioni».

A parte Brienza, non crede che manchi un po’ di qualità?
«I discorsi tecnici sono da fare con calma. Siamo questi, cerchiamo di fare il massimo. Abbiamo affrontato Spezia e Carpi, due grandi: ce la siamo cavata, vuol dire che questa rosa può fare bene. Poi a gennaio faremo delle riflessioni per vedere come puntellare il gruppo».

Dal 4-4-2 di Stellone al 4-3-3…
«In carriera ho usato tanti sistemi di gioco, scegliendo in base ai giocatori che avevo. Questo Bari per me è da 4­3­3».

Che idea si è fatto di questa B?
«Il Verona è la squadra da battere, poi mi sembra che ci sia molto equilibrio, con partite giocate alla morte e non condizionate dalla classifica».

Quando vinse con l’Atalanta insieme al Siena di Conte, il livello era più alto…
«E’ bello tosto anche questo. Ci sono poche squadre propositive e tante che speculano sul risultato».

Lei che Bari ha in testa?
«Se vogliamo arrivare al vertice, dobbiamo imporci col gioco. A Bari verranno in pochi a far la partita, dovremo sempre avere in mano il pallino, con personalità. Alla lunga, se non giochi, non vai lontano. La mentalità deve essere questa, sfruttando una risorsa che nessuno ha: il nostro pubblico».

La preoccupa domenica questo Verona ammalato?
«Certo, vorrà riscattarsi. Ma mi avrebbe preoccupato comunque: chi può permettersi un giocatore come Pazzini? Però troverà una squadra che cerca continuità, che in trasferta ha raccolto poco e si prepara all’esame di maturità».