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David Suazo: una pantera si aggira per la Serie A

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La parabola di David Suazo: nominato miglior giocatore straniero della Serie A nel 2006, fu acquistato dall’Inter e poi accantonato da Mourinho

Nell’estate ’99 arriva in Sardegna un ragazzino magro ma veloce come il vento. Veloce come il maestrale che soffia sul Sant’Elia. Si dice l’avesse notato l’allora allenatore rossoblù Oscar Tabarez ai mondiali Under 20, altri sostengono che fu voluto da Franco Colomba, tecnico che avrebbe dovuto sedersi sulla panchina rossoblù nella 1999/00 ma che fu esonerato ancor prima di iniziare il campionato. Di fatto Massimo Cellino, presidente del Cagliari, portò in Sardegna quel ragazzino di appena 19 anni per metterlo sotto contratto con un Cagliari che si era appena privato di Roberto Muzzi.

IL NUOVO MONDO – Cambiare vita a 19 anni, attraversare mezzo mondo per coltivare il proprio sogno ed il proprio talento. Una sfida coraggiosa ma al contempo presa con la leggerezza di un giovane. L’arrivo in Italia si rivela traumatico, e non avrebbe potuto essere altrimenti. «Al tempo non credo che avessi afferrato quanto fosse grande quel passo. Stavo andando in un altro continente e non aveva la minima idea di cosa mi aspettasse. Ho dovuto imparare un’altra lingua e abituarmi a una cultura completamente diversa, sia nel calcio che in generale. Ho dovuto rinunciare alle mie frijolitos (piatti di fagioli) e iniziare a mangiare pasta. E’ stata dura. Mi ha davvero colpito». Frijolitos a parte, il diciannovenne honduregno deve misurarsi con un altro modo di pensare, intendere, vivere il calcio. Il calcio da professionista lui l’ha vissuto per soli due anni, con la maglia del club più titolato d’Honduras – l’Olimpia Tegucigalpa – ma in una realtà lontana anni luce dai livelli del calcio europeo. Arriva in un Cagliari rivoluzionato senza più la sua punta di diamante, un certo Roberto Muzzi venduto all’Udinese, e con la concorrenza di Lulù Olivera e Patrick Mboma. Nulla di più difficile per il giovane honduregno venuto dall’altra parte del mondo. Il primo anno è di rodaggio: sono tredici le presenze, condite da una sola rete, a Piacenza. La disastrosa stagione del Cagliari non aiuta: la squadra, ben presto affidata a Renzo Ulivieri dopo l’esonero di Tabarez, chiude il campionato al penultimo posto a ben 17 lunghezze dalla zona salvezza. La retrocessione è una mazzata per il club mentre a Suazo, probabilmente, non sarebbe potuto accadere di meglio: in Serie B l’honduregno trova più spazio fino a racimolare 33 presenze, che gli permettono di realizzare ben 12 reti. A fine campionato il Cagliari chiude undicesimo e l’attaccante è il capocannoniere della squadra. E’ il suo anno: riesce a far intravedere le caratteristiche che lo renderanno uno degli attaccanti più importanti della storia del club sardo. Segna di destro, sinistro, testa, in rovesciata, da fuori area, di potenza, di giustezza. In ogni modo. E continua a farlo nelle due stagioni a seguire, nonostante la squadra non riesca a tornare in Serie A.

LA CONSACRAZIONE – Serie B, stagione 2003/04. Il Cagliari ai nastri di partenza è una delle favorite per la promozione. Là davanti ci sono Esposito, Langella, Cammarata, Suazo ed addirittura Gianfranco Zola, tornato in Sardegna per vestire il rossoblù dopo aver conquistato l’Inghilterra con la maglia del Chelsea. I sardi, dopo un girone d’andata ampiamente al di sotto delle aspettative, alzano il rendimento nella seconda parte di stagione sino a chiudere a pari punti (83) al vertice insieme al Palermo e ritrovare la Serie A dopo quattro anni di purgatorio. Sono ben 80 i gol segnati a fine torneo dalla compagine di Ventura prima e Reja poi, 19 portano la firma di colui che è diventato La Pantera Nera. Soprannome affibbiatogli dai tifosi rossoblù per la sua velocità e le sue movenze, le sue accelerazioni palla al piede sono letali per ogni difesa del campionato cadetto. Suazo chiude il campionato da capocannoniere della squadra e si appresta a vivere la sua seconda stagione in Serie A, questa volta da protagonista.

IL RITORNO IN SERIE A – La Serie A non fa più così paura. Ora Suazo conosce il calcio italiano e il calcio italiano conosce Suazo. L’honduregno, però, è vittima di parecchi infortuni che ne limitano il rendimento e chiude il torneo con 22 presenze e 7 gol. Il Cagliari, a dimostrazione della bontà del suo reparto offensivo, si posiziona comunque al dodicesimo posto in classifica grazie ai gol del tridente Zola-Langella-Esposito. A fine stagione Gianfranco Zola appende gli scarpini al chiodo. La squadra rossoblù, che nelle due stagioni precedenti aveva prima riagguantato la Serie A e poi conquistato una tranquilla salvezza rivelandosi una delle sorprese del campionato, si ritrova senza colui che nelle ultime due annate era stato il suo punto di riferimento, il faro del suo gioco. La squadra sarda si presenta ai nastri di partenza della Serie A 2005/06 con parecchie incognite e una rosa certamente indebolita rispetto alla stagione precedente. E la girandola di allenatori non migliora le cose. A fine stagione, però, i rossoblù c’entrano l’obiettivo stagionale della salvezza. Al timone dei sardi Nedo Sonetti, ma chi salva – letteralmente – il Cagliari è quell’attaccante arrivato sette anni prima tra lo scetticismo generale e diventato ormai una certezza. Una garanzia per i rossoblù, una condanna per gli avversari. Ben ventidue gol messi a segno, più della metà di quelli realizzati dall’intera squadra (quarantadue), che valgono la permanenza in Serie A ma anche l’interesse di diversi club di spicco. Il Cagliari che stupisce non c’è più. Zola non c’è più ed il peso dell’attacco è tutto sulle spalle di quel ragazzo americano con il 9 sulla maglia. Scatti da centometrista, dribbling secchi e bolidi che non lasciano scampo agli estremi difensori avversari. Non mancano le giocate di fino ed i gol spettacolari e straordinariamente vari: Suazo ormai sa segnare in qualunque modo. Il famoso motto “lancio lungo e pedalare” ritorna in auge in Sardegna, con una piccola ma significativa modifica che ne moltiplica l’efficacia: lancio lungo per Suazo, questo lo schema ricorrente di un Cagliari orfano della genialità di Zola. L’honduregno era capace di giocate che, viste oggi, farebbero gridare i telecronisti di tutta Italia. Non era raro vederlo partire da metà campo, seminare l’intera difesa avversaria e battere il portiere dirimpettaio. I gol e le sue accelerazioni devastanti gli sono valsi il riconoscimento di miglior calciatore straniero del 2006, a pari merito con il futuro Pallone d’Oro Kakà ed addirittura davanti ad un certo Andriy Shevchenko. Il nome di Suazo, nell’albo d’oro del premio, sosta tra i vari Ronaldo, Zidane, Batistuta, Nedved ed Ibrahimovic. Quel ragazzino arrivato nell’isola nell’estate del ’99 da sconosciuto quale era ora è il gioiello del Cagliari. Il “figlio del vento”, come lo chiamava Sonetti, ora non è più solo velocità e contropiedi. E’ un attaccante completo, capace di dribblare come di segnare da vero centravanti. Il diamante grezzo dei primi anni sardi ora è raffinato e luccica per gli stadi di tutta la Serie A.

Il 2006/07 è un altro campionato di sofferenza per il Cagliari, che chiude diciassettesimo ad un punto dalla zona retrocessione. Quei quaranta punti, che di norma all’epoca erano considerati garanzia di salvezza, vengono raggiunti ancora grazie a King David, ormai un’istituzione in Sardegna. E grazie ai suoi 14 gol. Certo, non sono 22 come nella stagione precedente ma il bottino è di tutto rispetto. A fine campionato lascia l’isola e la squadra di cui era ormai una bandiera. Lascia quel Sant’Elia su cui spesso soffiava il maestrale che accompagnava le sue folate che facevano alzare in piedi tutti gli spalti. Otto stagioni e 94 gol, per numero di segnature in maglia rossoblù è secondo solo al leggendario Gigi Riva. Per il Cagliari è un’operazione necessaria per rimpinguare le casse, per lui è l’occasione di una vita. E non può lasciarsela sfuggire. A contendersi Suazo ci sono le due milanesi ma anche il Real Madrid è alla finestra, dopo aver sondato il terreno a gennaio. Nel giro di dieci giorni l’honduregno viene annunciato prima all’Inter, poi al Milan e poi di nuovo all’Inter, questa volta definitivamente. Decisiva la ferma volontà dell’attaccante di vestire il nerazzurro, complici anche le lusinghe di Roberto Mancini.

L’INESORABILE DECLINO – Dopo aver stupito l’Italia con la maglia del Cagliari, Suazo sembra ormai pronto per una grande realtà come l’Inter. Concetto ribadito dopo le prime amichevoli estive di spicco: gol all’Emirates Stadium contro l’Arsenal nella sconfitta per 2-1 e decisiva doppietta nel 3-2 inflitto all’Old Trafford al Manchester United. I 14 milioni spesi in estate da Moratti sono già dimenticati, in casa Inter sanno di avere un giocatore potenzialmente devastante. Ma il campionato smentisce le ottime premesse: l’attaccante di San Pedro Sula trova poco spazio e non va oltre gli 8 gol realizzati in 27 presenze, quasi mai gare intere. Con la maglia nerazzurra vince il primo ed unico scudetto italiano della sua carriera. Uno scudetto da comprimario: i suoi scatti ed i suoi gol sono utili alla causa nerazzurra ma non decisivi come ai tempi di Cagliari. Nel 2008/09 sulla panchina dell’Inter si insedia Mourinho. Suazo non è tra i giocatori graditi dal tecnico portoghese ed il club lo parcheggia al Benfica. E’ il momento chiave della sua carriera: dopo l’inizio balbettante in maglia nerazzurra, la seconda stagione avrebbe potuto essere quella della consacrazione. Si sa, nei grandi club le seconde chance non sono contemplate e Suazo lo impara a proprie spese. Nell’esperienza portoghese l’attaccante deve riprendere a fare quello che gli riesce meglio: seminare le difese con i suoi scatti letali e segnare, segnare tanto per convincere Mourinho a volerlo con sé. Ma questo non accade, anzi, l’ex Cagliari salta più di un terzo di campionato per problemi fisici. A fine stagione il bottino è magro, appena quattro gol in dodici presenze. L’anno successivo torna all’Inter ma Mourinho gli concede appena una apparizione in campionato e qualche altra nelle coppe. A gennaio la squadra nerazzurra lo cede in prestito al Genoa. Qui Suazo ritrova subito il gol, nella gara persa per 5-2 contro quel Milan di cui avrebbe potuto vestire la maglia. E chissà come sarebbe andata. A fine stagione sono solo tre le realizzazioni in sedici partite. Il prestito scade e l’honduregno torna a Milano, sponda nerazzurra. Torna, si fa per dire: tra campionato e coppe non vede il campo neanche per un minuto. Si chiude così, nel peggiore dei modi, l’avventura all’Inter di David Suazo. Poche luci ed infinite ombre ai piedi della Madunina. Nell’estate 2011 il suo ritorno a Cagliari, il giocatore si allena con il resto della squadra ma viene scaricato dal club di Cellino. Una decisione tutt’ora avvolta dal mistero che ha spinto l’attaccante, ormai trentatreenne, ad accasarsi a Catania. Contratto di un anno con opzione per il secondo: opzione che, considerata la negativa stagione all’ombra dell’Etna (sei presenze e nessun gol), non viene esercitata. Il 28 marzo 2013 annuncia, in lacrime, l’addio al calcio giocato. “Ho preso la decisione di smettere di giocare perché i miei infortuni non mi consentono più di rendere ad alti livelli“, dice in conferenza stampa.

Arrivato dal lontano ed a tratti sconosciuto Honduras tra lo scetticismo iniziale, ha coltivato il suo talento sotto il sole sardo ed ha ben presto smentito i tifosi diventandone il beniamino, La Pantera Nera del Sant’Elia. Il Re, King David. Uno spauracchio per qualunque difesa, prima della Serie B e poi della Serie A. Il figlio del vento, bloccato da sfortuna e scelte poco lungimiranti, ha smesso di correre.