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Napoli-Juventus, è X Factor al San Paolo

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Napoli-Juventus vede Higuain contro il suo passato in uno scontro al vertice per ridefinire il podio di Serie A

Napoli-Juventus è sempre un contenitore di emozioni, parole, aspettative e veleni. In ordine sparso, anche stavolta c’è stato tutto questo alla vigilia e nel corso della gara stessa. Accogliere la Juventus due volte in una settimana mette a dura prova la tranquillità emotiva di chi quelli in bianconero vorrebbe batterli sempre, in particolare quello lì, Gonzalo. Ma ci ha pensato Sarri a puntare il focus sul vero avversario: la Juve, non Higuain. Quasi a prevedere ciò che sarebbe successo in campo nel primo quarto d’ora di gioco: l’argentino è spettatore non pagante sul manto erboso del San Paolo e ci pensa Khedira, con una bella percussione centrale, a far capire al Napoli che anche qualcun altro può fargli male. Il frame di Gonzalo che nel tunnel affianca Mertens spalla a spalla è la prova che nel calcio non c’è soltanto un modo di fare gol e sapersi reinventare, come ha fatto Sarri scegliendo di puntare su un centravanti atipico, complice l’infortunio occorso a Milik, ti fa dimenticare anche chi per te era diventato fondamentale. In questa serata, però, sarebbe servito, Higuain. La Juventus sa stare in campo in maniera educata, copre centralmente e non dà lo spazio necessario per giocare, palla a terra, con triangoli di gioco tra calciatori in posizioni ravvicinate. Annullando, di fatto, il gioco di Dries: il belga è speciale quando, spalle alla porta, partecipa alla manovra e dialoga tecnicamente con Jorginho, Hamsik e Insigne, ma non ha praticamente modo di farlo in maniera incisiva. I bianconeri, quindi, cedono il pallino del gioco ai padroni di casa, forti del fatto di concedere poche occasioni agli avversari. Due, le più chiare, capitano sui piedi del Capitano che mastica la conclusione e nella sua mente risuona il più classico dei “scompare nelle partite decisive”. Per aprire la scatola della Juve servirebbe uno alla Higuain: centravanti di peso che quando viene schermato centralmente, si apre sull’esterno, proteggendo fisicamente e tecnicamente la palla, fa salire la squadra e muove le maglie avversarie creando spazi per l’inserimento dei compagni. Ma non c’è.

SARRI, GUARDATI INTORNO – Quando il canovaccio della partita è chiaro come in questa occasione, un cambio tattico o una sostituzione possono cambiare il corso degli eventi. A Max Allegri le cose vanno bene così, l’importante è tornare a Torino con 1 o 3 punti, senza perdere il sonno se l’atteggiamento mostrato al San Paolo può far sembrare la Juve una provinciale. A Maurizio Sarri no, perché perdere permetterebbe alla Roma di andare a +5 e darebbe un vantaggio psicologico alla Vecchia Signora in vista della semifinale di ritorno di Coppa Italia, in programma mercoledì sera. Ma il mister partenopeo mantiene lo stesso assetto, confidando nella possibilità che i reparti juventini si allunghino e lascino lo spazio necessario ai suoi uomini più tecnici per rimettere in equilibrio il risultato. Tre indizi fanno una prova, i tentativi di Insigne e Callejon preludono al gol di Hamsik che capitalizza i 5′ di black out bianconeri. Juve punita dal Napoli col suo gioco, che non aveva avuto la possibilità di mettere in campo prima vista la grande applicazione tattica della Vecchia Signora. I 20 minuti finali sono una partita a sé: gli azzurri sono liberi di esprimere se stessi, i bianconeri devono presentarsi dalle parti di Rafael per non vanificare quanto fatto prima del pareggio. Ma le energie mentali spese nei primi 70′ di gioco finiscono per condizionarne, inevitabilmente, l’esito. Tanti i fattori che hanno contribuito al pareggio finale, più di tutti l’X Factor di Napoli e Juve: espressione del talento di ognuna delle due compagini, estetica e tecnica in velocità degli azzurri, pareggiata dal rigore tattico e dal pensare da squadra dei bianconeri.