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Rinnovamento Italia, Di Biagio fa sul serio? Donnarumma e compagnia, perdonateci!

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Incredulità per le prime mosse del nuovo commissario tecnico Luigi Di Biagio: contattati tutti i senatori, ma dov’è il percorso di rinnovamento post fallimento? Povera Italia

Destano scoramento le prime considerazioni espresse quest’oggi in conferenza stampa dal nuovo commissario tecnico Luigi Di Biagio. Il clamoroso fallimento che ha portato alla mancata partecipazione dell’Italia al prossimo Mondiale sembra già lontano un secolo. Si prosegue come se nulla fosse accaduto: tutte le belle parole che fecero seguito al dramma sportivo vissuto nel letale spareggio con la Svezia, legate ad un profondo rinnovamento, o meglio alla rivoluzione che avrebbe dovuto interessare la nazionale di calcio italiana, sono già svanite nel nulla. Ed è meglio dirlo con chiarezza, senza girarci inutilmente intorno, senza illudere chi crede che le cose possano realmente cambiare.

Le parole del commissario tecnico Di Biagio

Come se nulla fosse, Gigi Di Biagio si è presentato così in conferenza stampa: “ho pensato di chiamare Buffon per convincerlo a giocare almeno altre tre partite, per poi prendere decisioni più in là nel tempo. Non trovo giusto che un calciatore del suo livello debba terminare la sua esperienza in nazionale con una partita drammatica come Italia-Svezia. Ho chiesto di continuare anche a Barzagli, che però ha declinato l’invito, mentre De Rossi non ci sarà soltanto perché condizionato da un recente infortunio“. Fate un respiro e rileggete con attenzione queste parole: la scelta è quella di ripartire da chi, nel post-partita del più grande fallimento sportivo registrato nella storia del calcio italiano, aveva – sacrosanto farlo, permetteteci di dirlo – comunicato la volontà di lasciare la maglia della nazionale italiana. Inevitabile farlo quando tale disgrazia sportiva va a coincidere con i raggiunti limiti di età. Il nuovo corso però si toglie subito da dosso l’aggettivo nuovo e mira a ripresentare gli stessi interpreti: lo sgomento è inevitabile e, se possibile, assume le stesse dimensioni del recente fallimento. Nel Gattopardo scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa si sostanzia quella che è ancora oggi a tutti gli effetti una grande realtà del modus vivendi italiano: tutto cambia perché nulla cambi.

Sgomento Italia

Ossia: c’è bisogno che tutto cambi affinché quel tutto rimanga com’è. Del resto è quello che si sta verificando nell’ambito della nazionale italiana di calcio: niente più che un crac di tale portata (cosa c’è di peggio che non qualificarsi ad un Mondiale?) avrebbe dovuto condurre ad un profondo cambiamento, nel modi di pensare ancor prima che nei seguenti comportamenti e dunque nelle decisioni da prendere, ad un ciclo nuovo che interessasse soltanto calciatori giovani e di prospetto. Guidate – tra chi c’era già – soltanto dai calciatori ancora spendibili. Del resto è in tal senso l’occasione ideale: c’è tutto il tempo a disposizione per puntare su un gruppo giovane e ricostruito dalle basi, dalle sue fondamenta, come ha brillantemente eseguito la Germania dopo il suo fallimento (i risultati poi li conoscete tutti, ma il percorso tedesco dell’ultimo decennio da queste parti non ha insegnato nulla). Permettere a questo nuovo gruppo di crescere insieme e di sbagliare, di cementificarsi, di costruire qualcosa che sia maggiore della somma dei vari talenti individuali. Di strutturare un’Italia presente e futuribile. Futuribile e presente. Nulla di tutto ciò: il primo pensiero qui è contattare Gianluigi Buffon (anni 40), Andrea Barzagli (anni 36), Daniele De Rossi (anni 34). Calciatori e prima di tutto persone tanto intelligenti da comprendere come questo sia tutt’altro che un attacco personale.

Donnarumma e compagnia, perdonateci!

Non sono le persone il problema: certo, potrebbero rispondere negativamente alla chiamata del ct Di Biagio e non voler presenziare a tutti i costi, ma la questione è di più ampio respiro. Ed investe appunto il modo di pensare l’Italia che sarà. Prendiamo il caso Buffon: puntare ancora su un portiere quarantenne al limite troverebbe una spiegazione qualora mancassero papabili eredi. Ed invece possiamo vantare un fenomeno del calibro di Gianluigi Donnarumma: un veterano che proprio ieri ha compiuto i suoi diciannove anni. Diciannove bellissime primavere. Cosa dobbiamo aspettare per procedere all’avvicendamento? Capitolo Barzagli: cosa deve fare ancora Mattia Caldara per dimostrare di poterne raccogliere l’eredità? Ed i vari Calabria, Pellegrini, Chiesa, BernardeschiCutrone e compagnia: quanto ancora dovranno aspettare? La conclusione del ragionamento non può che essere la seguente: prima ancora della scelta inerente al prossimo commissario tecnico (non il traghettatore insomma), conta chi lo andrà a scegliere. E prima ancora di chi lo andrà a scegliere, conta l’idea di Italia che quest’ultimo avrà in testa.

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