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L’idea di Squinzi: «Tavecchio non mi rappresenta. Ecco come si cambia»

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Giorgio Squinzi, patron del Sassuolo, ha le idee chiare su come far ripartire il calcio italiano dopo la batosta dell’Italia: le ultime

Il Sassuolo è una delle squadre che punta di più sugli italiani. I risultati negli ultimi due anni sono scarsi, ma il patron Giorgio Squinzi viene visto come una specie di autarchico. Gli stranieri sono un problema? La risposta è no, anche se secondo il neroverde si potrebbe limitare il numero dei non italiani. Ha anche il dente avvelenato con Gian Piero Ventura: «Uno come Berardi o Politano in Nazionale avrebbe fatto bella figura, per non parlare di Magnanelli, Acerbi o Missiroli». Ammette di non aver considerato una buona scelta quella dell’ex Torino come ct, lo reputa (e lo ha reputato) inadeguato e inesperto. In più pensa che avrebbe dovuto dimettersi.

«Non mi sento rappresentato da Tavecchio, doveva lasciare. Il problema non è dato dalle seconde squadre, bisogna dare più spazio a manager preparati. Bisogna investire nei vivai e negli stadi di proprietà» ammette Squinzi a La Gazzetta dello Sport. Il suo Sassuolo comunque deve fare i conti con uno degli stadi più vuoti della storia recente italiana, ma in questo caso il patron dà la colpa ai pochi abitanti di Sassuolo (molti dei quali extracomunitari, aggiunge) e non si pente di aver comprato il Mapei Stadium. Infine l’ex presidente di Confindustria chiude così: «Per almeno un paio d’anni il calcio italiano non sarà un buon investimento. Purtroppo».

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