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Giovanni Galli sulla Fiorentina: «Momento difficile, ma credo che Paolo Vanoli debba fare una cosa»

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Giovanni Galli ha voluto rilasciare qualche dichiarazione sul momento attuale della Fiorentina parlando anche del suo passato

Ex portiere della Fiorentina e della Nazionale, Giovanni Galli conosce bene Firenze e l’ambiente viola. Ha vissuto sulla sua pelle una salvezza all’ultima giornata nella stagione 1977-78 e oggi, da osservatore attento, analizza la crisi profonda della squadra. Ecco le sue parole al Corriere della Sera

IL PRECEDENTE DELLA STAGIONE 77-78 «Ci siamo salvati all’ultima giornata. Stagione 1977-78, un calvario, tre allenatori e tanta sofferenza. L’ultimo, Beppe Chiappella, trovò la chiave giusta portando serenità e leggerezza. Pretendeva rispetto delle regole e professionalità, ma non gridava se un attaccante sbagliava un gol. Casomai, lo incoraggiava. Vanoli, invece, carica ancora di più un ambiente stressato e paralizzato dalla paura. Non credo sia la medicina migliore. In certi momenti, meglio stemperare le tensioni che alimentare il fuoco».

DA SQUADRA CHAMPIONS ALL’ULTIMO POSTO: LE CAUSE «Per provare a capire cosa c’è dietro la crisi bisogna ripartire dall’inizio. L’ingaggio di Stefano, un tecnico esperto che ha vinto uno scudetto meraviglioso con il Milan, ha liberato inconsciamente i dirigenti. Avranno pensato che dopo due allenatori bravi ma giovani, come Italiano e Palladino, era arrivato il momento di rilassarsi. Una società non può mai abbassare la guardia. Lo stesso discorso vale per i giocatori. Pioli è diventato il parafulmine di una squadra senza leader. Noi, al di là del talento, avevamo gente carismatica come Galdiolo e guerrieri come Alessio Tendi. Il calcio è cambiato, ma le regole di uno spogliatoio sono sempre quelle».

LEADER «Nella Fiorentina di oggi troppe parole a vuoto e pochi fatti. Un leader non comunica sui social, ma lo fa davanti ai compagni e dando l’esempio in campo. E poi certi teatrini non mi piacciono…

IL LITIGIO SUL RIGORE A REGGIO EMILIA «Proprio quello. Mandragora l’ho sempre difeso, mi piace per tante ragioni, ma doveva lasciare l’incombenza a Kean, che ha bisogno di ritrovare il gol e la tranquillità. Quel rigore poteva cambiare la sua partita. E nell’economia della squadra, Moise è più importante di Mandragora».

VANOLI HA DETTO CHE GUD NON HA VOLUTO TIRARLO «Vanoli ha sbagliato. Gud ha calciato rigori complicati, nel finale infuocato contro il Bologna e a Marassi, sotto la sua vecchia curva. Mi sembra difficile che non se la sentisse…».

GLI ERRORI DI DE GEA «De Gea la partita non la gioca, la subisce. Mi sembra sconfitto in partenza e questo non va bene da uno che ha la sua esperienza».

LA DIFESA «Anche qui è un problema di leadership. Pablo Marí, che pure è stato un bel giocatore, non ha la personalità per guidare il reparto».

KEAN «È anche sfortunato perché ha preso tre pali. L’impegno non è mai mancato, ci mette sempre tutto quello che ha. La verità è che l’anno scorso, grazie a Palladino, giocava da solo e liberava l’istinto. In questa stagione, sia con Pioli sia con Vanoli, deve stare dentro lo spartito e le cose non vanno. In Nazionale è Retegui che si sacrifica per Kean. Nella Fiorentina invece nel cuore dell’area ci sta Piccoli. Moise deve essere libero, come lo era Batistuta che pretendeva di avere tutto il fronte d’attacco a disposizione».

IL CONSIGLIO ALLA SOCIETÀ «Alla Fiorentina serve un dirigente forte che sappia mettere in riga il gruppo. Uno come Galliani, come era prima Moggi o come Sabatini. Però voglio aggiungere una cosa: la società avrà le sue colpe, ma non bisogna dimenticare che era strutturata così anche l’anno scorso quando è arrivata sesta. Ora l’assenza inevitabile del presidente Commisso si fa sentire e c’è un’emergenza da fronteggiare. È necessario un uomo di personalità che sappia dialogare con lo spogliatoio e l’allenatore».

COSA FARE SUBITO «Vanoli deve chiamare la squadra alle proprie responsabilità. E i giocatori, nel chiuso dello spogliatoio, devono dirsi tutto, anche le cose più sgradevoli. Superare le barriere, i malintesi e le antipatie perché in campo devono aver la voglia di fare una corsa in più per aiutare il compagno. Altrimenti sarà sempre più dura».

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