Renà© Enrique Seghini, il fuggitivo di Bologna - Calcio News 24
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2009

Renà© Enrique Seghini, il fuggitivo di Bologna

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Renè Enrique Seghini nasce ad Oncativo, cittadina della provincia di Cà³rdoba, in Argentina, il 26 febbraio del 1931. Cresce calcisticamente nel Boca Juniors, e a soli vent’anni ha già  modo di giocare ben 26 partite, segnando 8 gol con la maglia Xeneize.

Le ottime prestazioni in campionato gli valgono la convocazione nella rappresentativa Albiceleste che vince la medaglia d’oro alla prima edizione dei Giochi Panamericani, la maggiore manifestazione multi-disciplinare, in termini di nazioni partecipanti, dopo le Olimpiadi, tenuta, manco a dirlo, proprio a Buenos Aires nel 1951.

Dopo il più che positivo esordio col Boca, passa prima all’Atlètico Sarmiento e poi al Platense. Nel 1955 emigra in Colombia, attratto, come tanti altri giocatori del tempo, dall'”Eldorado del fàºtbol sudamericano”: il campionato colombiano. Il Dimayor, infatti, giunto alla sua ottava edizione, pur non essendo riconosciuto dalla FIFA, garantisce ingaggi faraonici alle stelle straniere che decidono di approdarvi. Non è un caso, infatti, che campioni del calibro di Adolfo Pedernera e Alfredo Di Stefano avessero scelto di giocarvi qualche anno prima, contribuendo così a dare lustro al torneo.

Nel Deportivo Independiente di Medellin Seghini va a completare una prima linea esplosiva, composta da Josè Manuel “El Charro” Moreno, considerato uno dei giocatori più completi della storia del calcio argentino, Felipe Marino, Orlando Larraz e Carlos Arango, che trascina “El Poderoso” al titolo di campione colombiano.

Nel frattempo in Italia, Renato Dall’Ara, presidentissimo del Bologna sulla breccia da 22 anni (!) non ha abbandonato la speranza di ricostruire una squadra da scudetto, dopo i fasti dell’anteguerra. Così nell’autunno del 1956 incarica il fido Raffaele Sansone di sondare il mercato sudamericano, ovviamente con l’imperativo di spendere il meno possibile. All’ex fuoriclasse rossoblù, considerata l’ottima annata a Medellin e il buon rapporto prezzo-qualità , viene segnalato proprio Seghini, che in Sudamerica ha una solida fama di virtuoso del pallone, maestro dell’assist ed abile goleador. Sansone va, osserva, valuta e infine acquista in nome e per conto del suo presidente.

Con il danese Pilmark e il francese Bonifaci, al posto di Ivan Jensen, a completare il trio di stranieri, sbarca così a Bologna, nell’autunno del 1956, il talentuoso venticinquenne interno sinistro argentino.

Il cognome agli ignavi tifosi suona quasi come uno sberleffo, oltretutto Seghini, magro, pallido e stempiato, è alto un soldo di cacio, poco meno di uno e sessanta: l’ideale per facili ironie. Per questo motivo, quando arriva in Italia, un fantasioso redattore, incredulo di fronte a quel bizzarro cognome, lo ribattezza “Zeguini”.

A dirla tutta si racconta che lo stesso Dall’Ara avesse avuto più di un sussulto nel momento in cui apprese a telefono da Sansone il nome del giocatore che stava seguendo in quel di Medellin. Il “commenda”, infatti, non nasconde ai suoi collaboratori di essere seriamente preoccupato per come avrebbe reagito la stampa, ma soprattutto la rumoreggiante piazza bolognese, all’annuncio dell’arrivo di un giocatore dal cognome così allusivo. Ã?«Qui mi prenderanno tutti in giro “? si lasciò andare, tra il serio e lo scanzonato, con i suoi collaboratori “? la mia segretaria si chiama Sega, e ora questo SeghiniÃ?».

C’è da dire, però, che in pubblico difendeva a spada tratta il giocatore. Ai giornalisti che lo incalzavano a proposito del neo acquisto, infatti, risponde: Ã?«L’è cinein, e allora? Roba ceina, roba feinaÃ?». Dimostrando ancora una volta di saper fare buon viso a cattivo gioco.

L’argentino, quando va in campo, mette subito a tacere le chiacchiere da bar sul suo nome. Sullo “Sport Illustrato” esce un servizio sul nuovo arrivato dal titolo abbastanza eloquente: “Così palleggia un artista”.

All’esordio, a Firenze alla sesta giornata, il 21 ottobre 1956, nonostante il Bologna perda 2-1, i giudizi nei suoi confronti sono lusinghieri: Ã?«Il nuovo intero sinistro felsineo “? scrive “Calcio e Ciclismo Illustrato” “? ha classe e numeri per farsi rispettare nel nostro torneo. La palla gli corre veloce tra i piedi, sa celermente servire il compagno e non disdegna di lasciar partire briscole verso la rete avversariaÃ?». Un suo assist manda in gol Cervellati per il momentaneo vantaggio, e nonostante la sconfitta, Dall’Ara è convinto, comprandolo, di aver fatto un buon affare.

Il fantasista viene riproposto la settimana successiva contro il Palermo, dove però evidenzia, a causa anche di un’eccessiva timidezza, un certo disagio nel calarsi nel clima infuocato del campionato italiano, rivelandosi un fuscello destinato a soccombere nei duri scontri con i rudi mediani e difensori avversari, che lo fermano con tackle e strattoni ai quali il sudamericano, coi suoi 157 cm di altezza, può opporre scarsa resistenza.

Se in campo Seghini non se la passa benissimo, certo non và  meglio fuori visto e considerato che nel privato vive un piccolo dramma familiare: la moglie, infatti, incapace di accettare il nuovo paese, si chiude a riccio in casa a piangere di nostalgia, non facilitandogli di certo l’ambientamento. Non è un mistero che la signora Seghini dopo qualche tempo avesse chiesto al marito di lasciare l’Italia. Dall’Ara preso atto della situazione, e intenzionato a salvaguardare il suo investimento, ordina al fidato Adriano Mottola, detto “Barile”, vero factotum della società  felsinea, di inventarsi qualcosa per far sentire a suo agio la seà±ora.

Il buon Barile, allora, pensa bene di affidare alla moglie Edera il delicato compito di fare da dama di compagnia alla triste consorte quando la domenica il marito si assentava per giocare. Cosa si potessero dire le due donne davanti ad una buona tazza tè non è lecito da sapere, ma considerato che nessuna delle due parlava la lingua dell’altra è facile immaginare un imbarazzante silenzio.

L’argentino veste i colori rossoblù per l’ultima volta all’undicesima giornata, a Torino contro la Juventus; poi l’insistente nostalgia della moglie per il Sud America lo convince a”¦scomparire!

Seghini, infatti, dopo due soli mesi lascia Bologna e il Bologna senza alcun preavviso. Semplicemente sparisce. Finanche Aldo Campatelli, l’allenatore che aveva preso il posto di Gipo Viani ad inizio stagione, si precipita a casa del “biondino” e la trova vuota, spariti anche i bagagli.

L’inviperito Dall’Ara inoltra immediatamente una denuncia alla FIFA, ma è tutto inutile. Seghini era scappato nottetempo, imbarcandosi da Genova, dopo poche partite e molte delusioni, travolto dalla nostalgia della moglie. Assieme a lui svaniscono anche i sogni di gloria dei rossoblù, che chiuderanno, merito di un buon finale di campionato, al quinto posto con Inter e Torino, tra la delusione dei tifosi e le contestazioni nei confronti del presidente.

Svanita la frustrazione per l’inaspettata fuga, in società  ci si inizia a domandare come sia potuta accadere una cosa simile. La risposta non tarda ad arrivare. Seghini, così come gli altri stranieri, infatti, dopo l’arrivo a Bologna aveva mantenuto in suo possesso il passaporto. Dall’Ara allora scottato dalla “fregatura” ordina al segretario Ugolini di trattenere, da quel momento in poi, i passaporti di tutti i giocatori nella cassaforte della società , onde evitare future spiacevoli sorprese.

Il folletto argentino, chiusa la parentesi col Bologna, ritorna in Colombia dove, inseguito inutilmente dalla squalifica della FIFA, che a nulla valeva nel “fuorilegge” Dimayor, porta ancora una volta la sua ex squadra, il Deportivo Independiente di Medellin, al titolo del 1957, sostituendo il tecnico Moreno nel finale di stagione nelle vesti di allenatore-giocatore. Nel 1959 passa al Deportivo Cali, chiudendo poi la carriera con il “soccer” made in USA.

Appesi definitivamente gli scarpini al chiodo ritorna in Colombia, la sua patria calcistica, dove inizia la sua nuova avventura da allenatore.

La precipitosa fuga dall’Italia, dopo sole tre partite, fece di Renè Seghini una vera e propria meteora del calcio nostrano, tanto è vero che a Bologna alcuni lo ricordano come un colombiano e non come argentino. Troppo pochi due mesi per restare nei ricordi dei tifosi rossoblù, molto più semplice, invece, associare al nome di Seghini l’amarezza per il “bidone” rimediato dal grande ma non infallibile Renato Dall’Ara.