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Cagliari, il futuro passa dal vivaio di Beretta

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Mario Beretta cura la crescita dei giovani sardi: «Contento di quanto stiamo facendo. Giulini fondamentale per questo progetto»

Un’idea accattivante e ambiziosa: fare del settore giovanile del Cagliari il fiore all’occhiello della società puntando soprattutto su giocatori sardi. E per centrare questo obiettivo, Tommaso Giulini ha deciso di puntare su un uomo esperto nel mondo del pallone come Mario Beretta. Ormai sardo di adozione, all’ex allenatore il compito di portare in alto i colori rossoblù e, obiettivo specifico di tutti i settori giovanili al mondo, creare nuovi giocatori da portare in prima squadra. Una sorta di cantera stile Atletico Bilbao che il Cagliari sta sviluppando. Beretta ha raccontato lo stato di salute del settore giovanile del Cagliari a “Il Corriere dello Sport”: «Direi buono e sono molto contento, anche se noi siamo esigenti. Non è certo questo il momento di accontentarci ma siamo soddisfatti».

ORGANIZZAZIONE – Beretta racconta le maggiori difficoltà: «Intanto il tempo: siamo qui da due anni e mezzo, ma ce ne vorrà ancora un po’. Aiuta poi sapere che la società crede nel settore giovanile». Come lo avete strutturato? «In campo è normale che si lavori tanto, ma le nostre attenzioni sono riservate in particolare una crescita dei ragazzi anche morale e comportamentale. Sono frequenti gli incontri con le famiglie dei giocatori più piccoli e siamo sempre attenti al loro andamento scolastico. Per la Primavera, poi, visto che parliamo di ragazzi già grandi, abbiamo realizzato una foresteria con tanto di educatore, medico, nutrizionista, psicologo e tutta una serie di figure che affiancano quotidianamente i ragazzi». Fondamentale il ruolo di Giulini: «Se ci credessimo solo noi e lui non fosse dalla nostra parte, non ci sarebbe molto da fare. Segue quotidianamente il nostro lavoro e ci ha messo nelle condizioni di lavorare bene. Per esempio, ora lavoriamo su un nuovo campo sintetico, buono anche in caso di abbondanti piogge».

SARDEGNA POWER – Tra gli aspetti più apprezzati c’è quello della quasi totalità di sardi in organico. «Sì, il 96% del settore giovanile è sardo. E poi anche gli altri, arrivati qui a 14 anni, crescono con noi e sviluppano il senso di appartenenza a questa maglia speciale. Quando vanno in campo, tutti sanno che non lo fanno solo per la squadra ma per una intera regione». Si è fatto contagiare anche lei dalla “sardità”? «Direi proprio di sì (ride). Anche io dico vado in Continente». Il vostro segreto? «Cerchiamo di sviluppare pensiero e modello nostri. In generale ci basiamo sui valori sportivi ma siccome stiamo sempre parlando di un gioco, di uno sport, dobbiamo incrociarlo con i valori morali che sono determinanti nella vita: rispetto, coesione, uguaglianza. E grande attenzione alla scuola». Il prossimo step? «Continuare sulla strada dei miglioramenti: è difficile mantenere la continuità. Siamo a un passo dalla prima squadra e quindi il gruppo può subire delle modifiche, ma siamo felici se qualche ragazzo può essere utile al gruppo di Lopez».