Borussia Dortmund, Cramer: «No ai soldi di arabi e qatarioti»
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Borussia Dortmund, Cramer: «No ai soldi di arabi e qatarioti»

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Le parole di Carsten Cramer, CEO del Borussia Dortmund: «il nostro concorrente non è il Real Madrid, piuttosto Netflix»

Carsten Cramer, CEO del Borussia Dortmund, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano svizzero NZZ sull’identità del club giallonero. Di seguito le sue parole.

SPONSOR – «Noi al Dortmund prestiamo attenzione alla provenienza del denaro. E quindi no, non vogliamo soldi da certi Paesi, escludiamo che organizzazioni di Arabia Saudita e Qatar possano essere parte dei nostri sponsor».

NUOVO FORMAT CHAMPIONS LEAGUE – «Creare un nuovo torneo era l’unica possibilità per evitare la Super League. E poi sei degli otto gruppi dell’edizione di quest’anno hanno già emesso i loro verdetti con largo anticipo. I dubbi sul tabellone attuale, quindi, sono giustificati. Secondo noi il calcio del futuro dovrà essere più equo e meritocratico, meno influenzato dal sorteggio, e in questo senso la nuova Champions League ci fa essere ottimisti».

GRUPPI ORGANIZZATI NELLO STADIO – «Noi siamo un’associazione democratica, ci sta che alcuni tifosi abbiano timore per il futuro. Però vorrei che avessero un atteggiamento più positivo, più comprensivo: abbiamo bisogno di soldi per essere competitivi, e nel calcio tedesco questo passaggio non può avvenire con interventi dall’estero».

REGOLA DEL 50+1 – «Noi vogliamo proteggere il 50+1, ma dobbiamo anche rafforzare la concorrenza interna. Per farlo dobbiamo lavorare sul marketing. Allo stesso tempo, però, per noi il calcio deve rimanere accessibile e conveniente: 28mila biglietti per le nostre partite, ogni partita, hanno un costo medio di 15 euro».

IDENTITÁ – «Stiamo portando avanti tante iniziative contro il razzismo e l’antisemitismo. Viviamo un’era complicata, in cui tante cose – la religione, la politica, la cultura – stanno perdendo popolarità, fanno fatica a unire le persone. Anzi, finiscono per dividerle. A volte anche in modo drammatico. A parte la musica, il calcio è forse l’unico collante sociale che ancora unisce le masse, indipendentemente dall’origine, dall’età o dalla classe sociale. È un ambiente che ha molto a che fare con la storia, i rituali, la tradizione. In Formula Uno, per esempio, si guarda molto meno al passato. Noi dobbiamo trovare il modo per crescere: alla fine il nostro concorrente non è il Real Madrid, piuttosto Netflix. Con questo voglio dire che dobbiamo trovare nuovi modi perché i ragazzi si interessino al calcio».