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Napoli, così Jorginho ha spazzato via i rimpianti per Verratti

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L’upgrade di Jorginho sgombra il campo dai dubbi: è il regista perfetto per il Napoli di Sarri. Dimenticato quel famoso no a Verratti

Correva l’estate del 2012 ed il Napoli fu più lesto degli altri: bloccato Marco Verratti, beffata la concorrenza interna ed internazionale che aveva messo nel mirino l’allora regista del Pescara. Protagonista nella promozione della banda Zeman, con gli illustri Immobile ed Insigne, napoletani purosangue. Poi le incertezze di Walter Mazzarri, ai tempi allenatore del club partenopeo, a rallentare e di seguito vanificare l’affare: meglio un collocamento in prestito, situazione che di certo non scaldava gli animi del calciatore e del suo entourage. Il resto è storia: l’offerta monstre del Psg ed il trasferimento in Ligue 1. Addio Napoli, addio Italia: uno dei prospetti più interessanti del calcio italiano non avrebbe così mai calcato i terreni della Serie A. Ma il Napoli oggi si è rifatto con gli interessi: ecco come Jorge Luiz Frello Filho, in arte Jorginho, è diventato il regista ideale nella macchina di Sarri.

Jorginho e l’approccio con il Napoli

Partiamo dall’inizio della storia: Jorginho approda all’ombra del Vesuvio sotto la gestione Benitez, nel gennaio del 2014 in corso d’opera, andandosi ad inserire in un impianto tattico che mai avrebbe potuto valorizzarlo a dovere. Allora si giocava con il 4-2-3-1, l’italo-brasiliano operava in una mediana a due che – dato il consistente numero di trequartisti – era sostanzialmente vincolata ad un ruolo di copertura più che di costruzione del gioco. Si è peraltro trovato spesso a giocare al fianco di centrocampisti come lui più dediti al gioco che alla fase difensiva, ragion per cui il Napoli si trovava costantemente scoperto ed in eterna situazione di inferiorità numerica. In altre parole: Benitez aveva scelto un modello di calcio non sorretto dagli interpreti a disposizione. Sarebbero serviti centrocampisti di ben altre caratteristiche, decisamente più fisici di quelli presenti, il tecnico spagnolo ha così rinunciato a valorizzare le sue risorse rischiando peraltro di vanificare investimenti che oggi – sotto altra guida tecnica – rendono a meraviglia.

I primi due anni di Jorginho con Sarri

L’approdo di Sarri sulla panchina partenopea sconvolge il tutto: si passa ad un più logico centrocampo a tre, con capitan Hamsik che – inspiegabilmente sacrificato dal suo predecessore – torna nel ruolo originale, con Jorginho finalmente in cabina di regia. Al regista italo-brasiliano vengono di fatto affidate le chiavi del Napoli di Sarri: centrale del centrocampo a tre costruito da Maurizio Sarri, ha la facoltà di abbassarsi ed accostarsi alla linea difensiva per giocare il maggior numero di palloni possibili, assume in pieno la gestione dei tempi di gioco, sceglie quando è il momento di accelerare o di ragionare, è almeno in parte liberato dagli evidenti compiti difensivi che doveva accollarsi in un centrocampo a due soli componenti. Tale lavoro, con Sarri, è diviso per tre: fattore che non può altro che giovare a Jorginho, più libero di dedicarsi alla mansione che meglio gli riesce, coperto da uno specialista della materia difensiva quale è il connazionale Allan. Due anni di rendimento alto, condito da qualche flop sparso qua e là: ecco quanto basta a tracciarne il sentiero. Regista di alto valore ma ancora non perfetto. I due limiti: la discontinuità, appunto, ed un lavoro difensivo da ottimizzare. Soprattutto in alcune fattispecie di gioco, quando l’avversario costringe ad abbassarti, non sei più il padrone della gara e dal tuo repertorio devi saper tirare fuori altre caratteristiche.

Jorginho attuale: il deus ex machina ideale nel Napoli di Sarri

L’upgrade è compiuto. Certo, attendiamo di esprimerci in fasi della stagione in cui le sfide ravvicinate saranno tutte di una certa levatura, a partire proprio dall’imminente rientro dalla pausa prevista per gli impegni delle nazionali. Lì dove l’alternanza con Diawara garantisce a Sarri una qualità che poche altre concorrenti possono palesare. Ma la direzione è quella: l’apporto di Jorginho è notevolmente cresciuto nella fase di non possesso, ha aggiunto presenza e forza fisica nel contrasto, è un valore dunque anche per quanto concerne la fase di interdizione, lì dove non aveva mai brillato ma dove oggi – grazie soprattutto alla sua intelligenza nella lettura delle situazioni di gioco – sta diventando un fattore nello spezzare le trame avversarie. Ne giova anche la continuità. Si è affinata anche la capacità di presidiare la metà campo offensiva: spesso portato al limite dell’area avversaria dalle offensive partenopee, resta spesso e volentieri lo scarico più vicino e disponibile per i suoi compagni, ha il tempo fulmineo per innescare con un solo passaggio l’oramai proverbiale lavoro della catena sinistra del Napoli di Sarri. Il lancio di Jorginho è un lancio perfetto. Il Napoli così non spreca un pallone, quando invece qualcun altro se ne liberebbe con un’improbabile conclusione dalla media distanza. No, i partenopei fanno ripartire l’azione, rigenerano tutto: per tanti sembra un enorme sacrifico, per il Napoli è diventato il modo di ragionare. Il deus ex machina è proprio lui, il rapporto personale con Maurizio Sarri è eccellente: oggi il rendimento di Jorginho ha poco da invidiare a quello dei più strutturati registi del palcoscenico internazionale, i rimpianti per quel Verratti che doveva essere e non è stato sono oramai ben riposti nel cassetto.