Zambia 1993: una storia triste - Calcio News 24
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2015

Zambia 1993: una storia triste

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Storia della nazionale dello Zambia e del disastro aereo del ’93 che distrusse una generazione di talenti

LO ZAMBIA DOV’E’ – Nell’Italia che nel 1988 affrontò lo Zambia alle Olimpiadi di Seul molto probabilmente erano in pochi a sapere dove fosse realmente questo Zambia. In Africa, e questo bastava. Ancora il calcio mondiale non aveva saggiato le qualità dei giocatori africani – sarebbe accaduto solo due anni più tardi proprio nel Bel Paese per i mondiali del 1990 – e quindi gli azzurri scesero in campo sottovalutando in tutto e per tutto gli avversari. Novanta minuti dopo il risultato recitava Zambia quattro Italia zero, la più grande batosta morale e sportiva degli azzurri, per di più in Corea del Sud, perché nelle disfatte calcistiche italiane la Corea lo zampino lo mette sempre. In molti ricordano quella partita giocata malissimo degli uomini di Rocca, in pochi invece quel diavolo di Kalusha Bwalya, punta all’epoca 25enne che avrebbe fatto le fortune del calcio zambiano. Sì, quella nazionale lì era destinata a fare grandi cose negli anni a venire. I giornali locali nel 1988 parlarono di favola quando i Chipolopolo arrivarono ai quarti dei Giochi Olimpici e vennero battuti dalla Germania Ovest di Klinsmann. Una favola che però cinque anni dopo si concluse con uno dei finali più tragici della storia del calcio moderno.

KALUSHA – Il meccanismo delle qualificazioni ai Mondiali di calcio del 1994 è piuttosto semplice per quanto riguarda le nazionali africane. C’è un primo turno eliminatorio e poi le nove migliori squadre si affrontano in sfide di andata e ritorno in gironi da tre compagini ciascuno. Allo Zambia di Godfrey Ucar Chitalu toccano in dote il Senegal e il Marocco: i senegalesi non sembrano un osso duro, i marocchini invece sì perché il movimento calcistico dei Leoni dell’Atlante è in espansione in quegli anni e storicamente le nazionali nordafricane vengono considerate più esperte rispetto a quelle dell’Africa Nera. Fatto sta che il primo incontro fissato per il 18 aprile 1993 va secondo le previsioni. A Casablanca i padroni di casa del Marocco fanno il loro dovere e con un po’ più di difficoltà di quanto preventivato fanno fuori il Senegal per uno a zero. I Lions de la Teranga possono comunque aver modo di rifarsi solo dieci giorni più tardi, quando a Dakar devono incontrare tra le mura amiche lo Zambia. Sono in molti a credere che la generazione d’oro dei proiettili di rame, vale a dire i Chipolopolo perché non esistono nazionali africane senza un soprannome particolare, sia ormai al suo massimo compimento. Il leader di quella squadra senza ombra di dubbio è Kalusha Bwalya, che ai tempi della tripletta all’Italia giocava nel Cercle Burges ma impressionò così tanto il PSV Eindhoven che ormai da cinque anni gioca stabilmente in Eredivisie. Bwalya è impegnato proprio col PSV e quindi non andrà a Lusaka assieme ai compagni, li incontrerà solamente a Dakar, per una questione meramente logistica e nulla più.

BUFFALO – I compagni di squadra infatti giocano praticamente tutti in patria e partiranno alla volta del Senegal dal Lusaka International Airport, l’aeroporto della Capitale. Il volo è targato Zambian Air Force e la FAZ – Football Association of Zambia – ha organizzato tutto al meglio perché i giocatori e lo staff tecnico, oltre a qualche importante dirigente, possano stare in tranquillità e sicurezza prima dell’importante match per le qualificazioni ai mondiali. Di solito quando si vola non interessa particolarmente sapere qual è il nome dell’aereo e che tipo è, in questo caso però è bene precisare: è un de Havilland Canada DHC-5 Buffalo in uso all’aeronautica militare zambiana ma prodotto in Canada. Il portiere David Chabala ad esempio non si cura troppo della tipologia di aeroplano sul quale è comodamente seduto, anche se su un aereo simile volò alla volta di Buenos Aires nel 1991, salvo poi tornare un anno più tardi con zero presenze nella sua esperienza all’Argentinos Juniors. Non sembrano preoccuparsene troppo nemmeno Moses Chikwalakwala, Winter Mumba o Wisdom Mumba Chansa, che nel 1988 c’erano quando lo Zambia sfasciò l’Italia. Su quel volo ci sono proprio tutti: troviamo Derby Makinka, un altro dei pochi a giocare all’estero – nel “vicino” campionato arabo – e da molti considerato l’uomo di fantasia a centrocampo, c’è il presidente della FAZ Michael Mwape, c’è il giornalista Joseph Bwalya Salim e c’è anche l’ex bomber e adesso stimato ct Godfrey Chitalu, che si dice abbia segnato più di 100 gol in un anno solare, meglio di Gerd Muller. Quando il 27 aprile l’aereo parte dallo Zambia per raggiungere Dakar dopo tre scali fissati in Congo a Brazzaville, in Gabon a Libreville e in Costa d’Avorio ad Abidjian, a bordo del velivolo sono presenti cinque membri dell’equipaggio, diciotto calciatori e sette uomini tra staff tecnico e amministrativo. Mancano l’infortunato Charlie Musonda e la stella Bwalya. Saranno gli unici a salvarsi.

LIBREVILLE – A dire il vero non è che i controlli a bordo del DHC-5 Buffalo fossero stati scrupolosissimi. A un’occhiata più approfondita qualcuno si accorse che il motore dell’aeroplano non stava lavorando al meglio, ma ormai era troppo tardi e quindi si decise di partire ugualmente. L’aereo è difatti l’ultimo dei problemi se di fronte hai la possibilità di far conoscere lo Zambia nel mondo, per di più negli USA per i mondiali di calcio. Il primo scalo di Brazzaville mette in allarme i passeggeri: nel motore c’è qualcosa che non va, bisogna fare attenzione. Il pilota il giorno prima era tornato dalle Mauritius con la squadra che a Port Luis si era preparata alla sfida di Dakar: chi era stato accanto a lui racconta di averlo visto in pessima forma, troppo stanco per riuscire a sopportare un altro volo faticoso con addirittura tre scali. Nessuno se ne cura, anche se un briciolo di preoccupazione comincia a serpeggiare all’arrivo a Libreville in Gabon. I giocatori notano che non sta filando tutto liscio e chiedono informazioni, ma nessuno nello staff dirigenziale sa di preciso cosa sta succedendo. Quando sembra rientrata la calma il DHC-5 riparte per Abidjian, ma il motore avariato va in fiamme. Scoppia il panico. Il pilota forse si fa prendere dall’ansia e prende una decisione che si rivelerà tragica: subito dopo il decollo da Libreville sceglie di staccare il motore destro e quindi fa perdere potenza all’aereo. Libreville si trova sul mare e il velivolo ormai ha preso il volo sull’Oceano Atlantico, quando il pilota compie la sua scelta scellerata ormai siamo lontani dalla costa. Il DHC-5 cade in mare, per colpa dei tre piloti dirà poi nel 2003 un report dello stato del Gabon, e non c’è nessun sopravvissuto.

A DISTANZA DI ANNI – Trenta morti, un’intera generazione calcistica distrutta in un istante al largo delle coste gabonesi. Gran parte degli eroi di Seul, una delle migliori selezioni dell’Africa del Centro e dell’Est tragicamente distrutta in mare prima di una delle sfide più importanti della sua storia. Bwalya nelle interviste successive dirà di sentirsi un miracolato e anche lui andrà a piangere davanti al Cimitero degli Eroi, poco distante dallo stadio più grande di Lusaka, il luogo dove sono stati sepolti i membri della nazionale defunti. Poco più di un mese dopo lo Zambia deve però fare i conti con il destino e affrontare la prima partita: in casa col Marocco un gruppo di giocatori assemblati in pochissimo tempo vince due a uno e il miracolo della qualificazione ai mondiali pare possibile. Nell’ottobre del 1993 però arriva la mazzata. Ultima giornata delle qualificazioni, si gioca Marocco – Zambia e a Bwalya e soci serve un pari. Perdono uno a zero e non andranno ai Mondiali che finora non hanno mai disputato. Si rifaranno nel 1994 con una vera e propria impresa sportiva in Coppa d’Africa quando per poco non batteranno la Nigeria, così irrispettosa verso i miracoli da ribaltare uno 0-1 in finale e vincere la Coppa. Gli zambiani verranno accolti come eroi, ma il bello arriverà stto la guida di Herve Renard nel 2012 in una finale di Coppa d’Africa vinta al termine di una sequenza di rigori infinita contro la Costa D’Avorio in Gabon. Nel luogo dove morirono 18 giocatori, contro la nazione che avrebbero dovuto raggiungere di lì a poco per l’ennesimo scalo. Tutto questo mentre il popolo zambiano e i familiari delle vittime continuano da anni a chiedersi come mai quel DHC-5 partì da Lukasa in condizioni così instabili. Ancora nessuno ha dato una risposta esauriente.