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Torino, è Mihajlovic la delusione del campionato?

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Serie A, ad oggi chi ha deluso maggiormente in relazione alle aspettative? Si candida il Torino di Mihajlovic

Niente da fare, l’aggancio europeo è quantomeno da rimandare: il deludente nono posto attualmente occupato dal Torino di Sinisa Mihajlovic fa rima con gli otto punti che distanziano i granata dalla sesta piazza – dieci qualora il Milan dovesse vincere a Bologna nel suo turno di recupero – ultima utile per accedere alla prossima edizione dell’Europa League. Né si può passare dalla porta della Coppa Italia: Torino già eliminato, proprio dai rossoneri.

I DATI SIGNIFICATIVI – La dose di talento immessa in organico ha funzionato: più del Torino segnano soltanto le prime tre forze del campionato, in ordine della speciale graduatoria Napoli, Juventus e Roma. Ben 38 reti quelle messe a segno dalla banda Mihajlovic, alla media di 1,81 a partita. Spalmato sull’intero campionato, è un dato che renderebbe un torneo da 69 reti. Per intenderci il Sassuolo un anno fa, per centrare il sesto posto, ne ebbe bisogno di 49: non è dunque la produzione offensiva il problema del Torino di Mihajlovic. Che invece, proprio in antitesi alle caratteristiche cruciali del suo tecnico, difetta in fase difensiva: 31 reti incassate, nessuno così male nella prima metà della classifica. Ma non solo: peggio del Torino hanno fatto solo gli inadeguati fanalini di coda Palermo, Pescara e Crotone, oltre a Cagliari e Sassuolo. Di fatto il Torino soffre la sestultima difesa del torneo. Incassa alla media di 1.48 reti a gara: sull’intero torneo, a questo andamento, raggiungerebbe quota 56 al passivo. Il Carpi un anno fa retrocesse con 57.

CARENZA DI PERSONALITA’ – Altro aspetto assolutamente impensabile se ci atteniamo alle peculiarità di Sinisa Mihajlovic: questo Torino è apparso più volte in deficit di mentalità, di personalità, di una certa attitudine caratteriale. La rimonta casalinga incassata dal Milan in campionato – dal doppio vantaggio, con tanto di rischio di non raccogliere neanche un punto – è soltanto l’ultimo degli episodi da circoscrivere in tale ambito di riflessione. La domanda sorge spontanea: come è possibile che Mihajlovic non abbia forgiato un’identità a questa squadra? In tanti – non necessariamente a torto – risponderebbero che il carisma non si acquista sui banchetti del mercato: ce l’hai o non ce l’hai. Ci si nasce insomma. E ad esempio Ljajic, che di tecnica e talento ne ha da vendere, non può certamente essere inquadrato tra i personaggi carismatici di questo sport. E’ pur vero però che il lavoro del tecnico in tal senso è sembrato emergere più a parole, nelle rabbiose interviste post-gara, che nei fatti di un campo che ha visto il Toro più volte sgretolarsi e soccombere proprio sul piano del carattere.

ROSA TROPPO SPROPORZIONATA? – Si potrebbe obiettare persino sulla costruzione della rosa. Si usa il persino perché secondo le aspettative di inizio stagione l’opinione della stragrande maggioranza dei critici voleva proprio il Torino come outsider di lusso. A guardare l’organico verrebbe in effetti da pensare ad una certa disposizione offensiva: ad esempio l’ulteriore innesto di Iturbe – in un pacchetto offensivo già di per sé brillante, come visto dai numeri – sarebbe forse servito meno rispetto all’acquisto di un certificato difensore di valore (che ad oggi non può essere Castan). C’è un intero girone di ritorno per sgombrare i dubbi sulla validità del progetto: un disegno che passa anche dalla valorizzazione degli ottimi prospetti a disposizione – Benassi (’94), Barreca (’95)e Boyé (’96) su tutti – e come ampiamente descritto dalla ricerca di un equilibrio tattico al momento assente. Altrimenti, classifica alla mano e non solo, sarà inevitabile eleggere il Torino di Sinisa Mihajlovic la delusione della stagione.