Barbano (Corriere dello Sport): «Spadafora disastroso, il calcio è essenziale!» - ESCLUSIVA - Calcio News 24
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Barbano (Corriere dello Sport): «Spadafora disastroso, il calcio è essenziale!» – ESCLUSIVA

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Il vicedirettore del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni. Le sue parole

Alessandro Barbano, vicedirettore del Corriere dello Sport ed ex direttore de Il Mattino, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni commentando le decisioni del Governo per la ripresa del campionato. Le sue parole.

Vicedirettore se dovesse puntare un euro sulla possibile ripresa o meno della stagione dopo le parole di Spadafora, dove lo punterebbe?

«Punterei 50 centesimi da una parte e 50 dall’altra. C’è un elemento di ottimismo legato al fatto che l’Europa sta aprendo e quindi probabilmente ci adegueremo. Sarebbe clamoroso che l’Italia (primo paese a essere colpito dal COVID in ordine temporale) non rispondesse come le altre Federazioni. Mi pare che dietro questo pasticcio incredibile del Governo che concede l’allenamento individuale agli sport individuali ma non l’allenamento individuale agli sport collettivi, che è un controsenso, ci siano una serie di fattori: interessi di bottega delle società che temono di andare in Serie B o che pensano di non pagare i calciatori e farsi pagare dalle tv. C’è un atteggiamento ideologico di una burocrazia virologica ed epidemiologica che si è infiltrata in questo vuoto di potere della politica e detta le leggi senza valutare i costi sociali ed economici di alcune misure. Il lockdown è una strategia epidemiologica ma le modalità di applicazione sono politiche. Chiudere il calcio significa non solo chiudere un gettito fiscale e mandare l’economica in crack facendo fallire molte società e gettare sul lastrico una delle principali industrie del Paese, ma significa anche chiudere un’importante fabbrica di emozioni del Paese nel momento in cui alle persone vengono proibite le emozioni. Potrebbe avere un ruolo simbolico enorme nell’anno in cui non andremo al cinema o al teatro».

Come ha preso le parole del Ministro Spadafora da Fazio?

«È chiaro che il Ministro Spadafora abbia usato il Coronavirus e il calcio per un suo tornaconto personale. L’idea di andare ad annunciare misure di questo calibro in un’intervista da Fazio è di una gravità inaudita. Tu dovresti incontrare le federazioni, gli interlocutori, fai una conferenza stampa, ti fai intervistare dai giornalisti e non da Fazio. Incontri il mondo che ti ha fatto delle richieste. È vergognosa questa esibizione, è una roba da Paese sottosviluppato quale, per certi versi, noi siamo in termini politici. Questo tipo di partite individuali diventano complici e determinano una conseguenza non intenzionale che è quella di umiliare il calcio».

Si aspettava che il Premier Conte facesse slittare la ripresa degli allenamenti al 18 maggio?

«Conte complessivamente non ha avuto coraggio. Le decisioni sul calcio vanno iscritte dentro le decisioni assunte per il Paese. Mentre Macron apre le scuole l’11 maggio in una situazione pandemica di maggiore effervescenza, Conte non le apre e non se le fila proprio. Apre le fabbriche ma non apre i negozi per poter vendere i manufatti. C’è tutto uno slittamento che spiega la paura della politica di assumersi le responsabilità e di aver consegnato nelle mani di virologi le decisioni politiche. Ora questi signori applicano i loro protocolli sulle base di risultati epidemiologi, la politica dovrebbe confrontare questi risultati con i costi sociali ed economici delle misure adottate. Siamo passati da una fase in cui il sapere era ripudiato in nome del potere a una fase in cui il potere ha delegato interamente al sapere le decisioni che spettano legittimamente al potere. Questo è sbagliato».

Crede che Conte e il Governo italiano abbia sbagliato dall’inizio a prendere determinate contromisure all’epidemia?

«Il Governo Conte ha dimostrato una debolezza strutturale fin dall’inizio. Perchè è stato adottato un modello, a mio giudizio, illiberale perchè il lockdown nostrano non l’ha adottato nessuno. Le misure e le sanzioni che ci sono in Italia non le ha adottate nessuno. Si poteva responsabilizzare la cittadinanza in maniera più liberale. Dentro questa strategia l’idea di fissare gli allenamenti collettivi il 18 maggio con la partenza per quelli individuali a partire dal 4 maggio, ci stava per dare un riferimento e consentire alla Federazione di poter programmare il campionato dal 10 giugno. Significava avere una visione di futuro, poi è intervenuto il Ministro correggendo il Premier e gettando fumo: “Ma chi lo sa, non si sa” ma se non lo sai che ci fai a stare lì? Se tu dici: “Allenati perchè forse partirai” non va bene perchè legittimamente le società poi insorgono poichè devono pagare i calciatori per allenarsi senza farli giocare. Il Ministro dello Sport ha espresso un’incompetenza assolutamente grossolana, senza possibilità di trovare delle scuse e delle ragioni. In quale paese il Premier parla alla Nazione e dieci minuti dopo il Ministro dello Sport fa un’intervista per dire parzialmente il contrario di quanto detto dal Premier?».

Secondo lei il Ministro Spadafora ha sottovalutato l’importanza che l’industria calcio riveste per l’Italia?

«Totalmente. Vive dentro una convinzione ideologica: il calcio è rappresentato in questa convinzione dove è il simbolo del capitalismo rapace che ha stuprato il pianeta con il suo saccheggio ambientale. Calcio simbolo del capitalismo con i suoi ingaggi stellari e i suoi debiti azzardati e quindi merita, in quanto tale, di espiare le proprie colpe. Non gli può essere riconosciuta la dignità. Lui ha detto: “Il calcio lo devo rispettare ma penso alle palestre…” tutti noi pensiamo alle palestre ma il calcio foraggia con il suo gettito fiscale tutto lo sport di base che poi il CONI finanzia. Questo moralismo d’accatto è figlio di una cultura di populismo straccione».

Forse è per questo che il Ministro Spadafora ha concesso pochissime interviste ai quotidiani sportivi…

«Io gliel’ho chiesta ma non l’ha mai concessa perchè il suo problema non era quello. Noi gliela faremmo anche domani visto che siamo aperti a dare spazio a idee e punti di vista differenti da quelli che abbiamo, lui non ha voluto ma è legittimo. Noi non lo giudichiamo per questo ma per il modo con cui lui ha gestito questa crisi, in maniera disastrosa interponendosi sempre per una smania di protagonismo e producendo conseguenze inintenzionali».

Sempre da Fazio, Gabriele Gravina ha detto: “Non posso essere io il becchino del calcio italiano”. Cosa ne pensa di queste parole?

«Secondo me Gravina si è difeso male in quella circostanza. Il Governo ha un peso politico maggiore della FIGC e quindi potrà farsi valere di più nelle transazioni giudiziarie che inevitabilmente si apriranno qualora la stagione non terminasse. Gravina ha sbagliato a dirlo in quella forma. Devo dire il presidente della FIGC si è mosso meglio di quanto quella risposta esprima perchè sta facendo una battaglia onesta, doverosa e nell’interesse del calcio».

È mancata più responsabilità o più efficenza nel gestire l’emergenza Coronavirus?

«Più responsabilità perchè il protocollo di Gravina è efficiente. Dopo gli errori dell’inizio di Dal Pino, (rinviare Inter-Juve ndr) la Lega guidata dalla Federazione si sono mosse all’unisono con un atteggiamento molto responsabile ed efficiente. Quello che manca è la responsabilità del sistema e dei presidenti. Non è una classe dirigente, il calcio è un segmento economicamente ricco ma civilmente arretrato quindi si coglie in tutte le mosse del calcio la prevalenza dell’interesse privato sul bene collettivo. Lo cogli nella campagna scomposta fatta da Cairo per fermare il campionato tradendo un interesse personale o nell’intervista di Lotito dove stupidamente dice giochiamoci lo scudetto in una partita secca con la Juve. Non è questo il tema. Il calcio rappresenta molto per questo Paese. Il calcio è la più grande passione del Paese perchè è trasversale al censo, al ceto al dato anagrafico. È la passione più universale che coinvolge gli italiani e per questo non può essere considerato un’attività privata inessenziale. Il calcio nella sua inessenzialità apparente ha una centralità nella vita delle persone, quindi svolge una funzione pubblicistica. È una forma di accesso alla dialettica civile, di educazione…il calcio è straordinario per questo Paese. Lotito dovrebbe capire, tanto lui come gli altri che vogliono chiudere, che rappresentano una delega importante ricevuta dai cittadini e non può essere usata per un tornaconto personale».

Che pensiero si è fatto sui comportamenti e sulle parole usate da Lotito in questa emergenza?

«Lotito ha ragione. Ha ragione da vendere per quanto riguarda la ripresa dei campionati e degli allenamenti. Tuttavia deve motivarla diversamente. Ci sono ragioni economiche, culturali, simboliche e tutte queste ragioni giustificano il tentativo di ripartire. Quella battuta (su Repubblica ndr) è infelice e scopre un dato privato che nella comunicazione pubblica dovrebbe essere contestualizzato».

Insomma non ha nascosto che vuole in ogni modo lo scudetto…

«È legittimo che lui ambisca allo scudetto ma non è che ripartiamo perchè lui deve vincere lo scudetto. Ripartiamo perchè il calcio è qualcosa di cui abbiamo bisogno».

Nel suo editoriale sul Corriere dello Sport ha scritto che anche fosse trovato un giocatore o un membro dello staff positivo il campionato potrebbe continuare: è convinto che questa idea possa funzionare?

«Non l’ho stabilito io. È il protocollo stilato dalla FIGC ed è il protocollo sanitario di qualunque impresa che sta ripartendo. Se un operaio dovesse essere trovato positivo che facciamo? Chiudiamo tutta l’impresa? È ovvio che le regole di ingaggio della Fase 2 impongono l’idea che la strategia della lotta al virus coincida con una strategia di riduzione del rischio. Per ridurre il rischio bisogna accettare che esista, attrezzandosi con tutte le precauzioni affinchè questo rischio venga limitato. Non è che se c’è un contagiato io posso fermare il campionato: ci sono dei tamponi selettivi prima e dopo, cerco di isolare un rischio di contagio e vado avanti. Poi se si contagiano tutti fermerò il campionato. Nella fase iniziale in cui c’era una totale ignoranza e inadeguatezza dei protocolli si sono contagiati 10 giocatori su 500. Quindi c’è da pensare che adesso con tutte le cautele del caso si possa evitare di contagiare un calciatore ma se si dovesse infettare bisogna attrezzarsi per poter proseguire a giocare. I tedeschi lo hanno affrontato questo problema. Il decreto del 21 febbraio, articolo 1, in cui c’è scritto che se nel caso ci fosse un contagiato fatto obbligo all’autorità sanitaria di predisporre una quarantena di giorni 14 per tutti coloro che stono stati a stretto contatto è evidente che va modificato da un successivo dpcm che ci consenta di gestire con più flessibilità questa situazione. Il Governo ha questa consapevolezza ma ha paura».