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Allegri, ma come non conta il gioco? La Juventus può accettare ciò?

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La Juventus batte il Genoa con il minimo sforzo e risponde alla vittoria del Napoli sul campo dell’Atalanta: le considerazioni di Allegri però…

Vince la Juventus, sostanzialmente come da pronostico: basta la firma di Douglas Costa per battere un Genoa arrendevole nella prima frazione e poco preciso nella seconda, quando almeno sul piano dell’atteggiamento ha messo qualcosa in campo. Obiettivo massimo in termini di classifica: c’era da rispondere alla vittoria ottenuta dal Napoli all’Atleti Azzurri d’Italia sul campo della bestia nera Atalanta, bianconeri che si riportano alla distanza minima dalla capolista. Il faccia a faccia dunque continua ed è lecito ipotizzare che prosegua fino ai battiti finali dell’attuale campionato: in altre parole, difficile che una delle due molli. Se il risultato di Juventus-Genoa è quello atteso, meno pronosticabili erano le considerazioni espresse dal tecnico Massimiliano Allegri nell’immediato post-gara.

Allegri nel post Juventus-Genoa

Considerazioni già espresse in passato in più di un’occasione, l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri ha voluto rimarcare alcuni concetti: di fatto ha spiegato come del bel gioco non gli importi assolutamente nulla, anzi di essere felice quando gli viene riportato che la sua Juventus non pratichi un bel calcio. Quello che importa è soltanto vincere, comunque accada: tutto il resto non ha alcuna rilevanza. Il motivetto continua: le vittorie preferite sono quelle per 1-0, perché la squadra non ha subito gol ed è bastato un singolo spunto per avere la meglio dell’avversario. L’Allegri pensiero, mettendo insieme i puzzle della sua oramai lunga esperienza sulla panchina della Juventus. Il tecnico ha poi motivato ulteriormente le sue considerazioni, in relazione alla partita di ieri: giunta dopo una settimana di lavoro sul lungo termine, ossia quel genere di allenamento finalizzato a mettere benzina nelle gambe per la fase cruciale della stagione. L’appannamento in sé dunque ci può anche stare, il ragionamento di massima forse un po’ meno.

La Juventus può permetterselo?

Prima il quesito, senza troppi giri di parole: un club della levatura della Juventus può permettersi un allenatore a cui non importi del gioco? Ok, uno dei motti che ha accompagnato la Vecchia Signora del calcio italiano è stato proprio questo: vincere è l’unica cosa che conta. Ma usciamo un attimo dal banale e stancante motivetto: la Juventus, con tutti i calciatori di livello internazionale che si ritrova, può permettersi di rinunciare all’espressione calcistica? Può davvero anteporre l’idea del risultato ad ogni costo alla manifestazione della qualità? Di quella qualità che ha a tutti gli effetti nel proprio organico, altrimenti neanche verrebbe in mente di scrivere un articolo del genere. La rosa bianconera è la più forte del campionato e tra le più strutturate a livello internazionale: al suo interno ha tutto per esprimere un calcio di assoluto tenore tecnico e qualitativo. Ha esterni bassi di spinta e fondamentali tecnici, ha in Pjanic un regista di genio e resa, intermedi di centrocampo specializzati nell’abbinamento delle due fasi di gioco, un parco attaccanti che fa invidia a chiunque, fatta eccezione forse per Barcellona e PSG. Questo per sottolineare ulteriormente come la Juventus avrebbe tutti gli strumenti per esprimere un calcio di notevole fattura espressiva, ben lontano dallo spettacolo poco edificante visto ieri sera contro il Genoa e in diverse altre occasioni. Non sono spot ottimali per il calcio italiano ma in primis proprio per la super Juventus costruita brillantemente dal presidente Agnelli e dagli eccellenti dirigenti Marotta e Paratici.

Quando si è accesa la spia: il caso Dybala

Abbiamo parlato di un parco attaccanti tra i primi tre del pianeta: del resto fatevi due conti e portateci qui chi può vantare nel suo organico attori del calibro di Paulo Dybala, Gonzalo Higuain, Douglas Costa, Mario Mandzukic, Juan Cuadrado e Federico Bernardeschi, con Marko Pjaca appena partito in prestito direzione Schalke 04 per riprendersi al meglio dalla sequenza di infortuni che ne ha ostruito l’impatto – potenzialmente esplosivo – sul campionato italiano. Attaccanti estremamente talentuosi e redditizi, le cui caratteristiche si integrano alla perfezione: aspetto comune la qualità, c’è chi la esprime tra le linee e chi la finalizza negli ultimissimi metri di campo. Insomma c’è tutto. Il diamante di questo invidiabile pacchetto offensivo risponde al nome di Paulo Dybala: la gemma bianconera è l’uomo che fa saltare il banco, il genietto che esce dallo spartito e rende agli spettatori il prezzo del biglietto. Eppure Massimiliano Allegri ha rintracciato le coordinate per costruire una Juventus che possa fare a meno del talentuoso argentino. Il passaggio al 4-3-3 è stata l’occasione per escludere di fatto Dybala dalla formazione titolare: gli scontri diretti disputati contro Inter e Roma lo testimoniano in pieno. Occasioni in cui ha complessivamente sommato un quarto d’ora di gioco, quello riservatogli da Allegri nel secondo tempo della sfida con i nerazzurri. Zero minuti con la Roma, a Napoli ha giocato titolare soltanto in concomitanza dell’infortunio di Mandzukic: ad onor di cronaca ha gestito l’azione decisiva della partita, orchestrando il break bianconero e servendo l’assist vincente al connazionale Higuain. Un risultato diverso ora racconterebbe distanze ben più ampie tra Napoli e Juventus in termini di classifica.

Futuro…

In termini di prestazione la Juventus ha deluso sia contro l’Inter che la Roma: nel primo caso non è riuscita a scardinare la tutt’altro che irreprensibile fase difensiva nerazzurra, in realtà senza neanche provarci più di tanto (con quel genere di attaccanti che si ritrova). Nel secondo caso è stata letteralmente graziata dallo strafalcione di Schick nei minuti di recupero, dopo che non si era espressa al livello della sua potenzialità. Fattore, come dettagliato in precedenza, accaduto in tante altre occasioni contro realtà decisamente meno quotate di Inter e Roma. Tutto questo ovviamente non fa scalare la Juventus in una dimensione secondaria: la squadra di Allegri resta la favorita per la conquista del titolo nazionale ed una delle pretendenti più accreditate per fare strada in Champions League. Lo dicono i fatti: sei scudetti consecutivi non possono essere casuali, così come le due finali della massima competizione internazionale per club raggiunte negli ultimi tre anni. Eppure non tutti i conti tornano: per chi va oltre il risultato – anche perché altrimenti potremmo chiudere i battenti e rincontrarci al termine della stagione, quando basterebbe leggere le classifiche per raccontarci chi è stato il più bravo, in altre parole sarebbe sufficiente una persona in grado di leggere, senza che si debba ricorrere ad un giornalista sportivo – c’è spazio per l’analisi. Eccome se c’è.