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Garcia: «Il violino contro la Juve? Vi spiego. Mi piacerebbe tornare in Italia»

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Rudi Garcia ha parlato in una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport: queste le parole dell’allenatore

Rudi Garcia ha parlato in una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Queste le parole dell’allenatore.

ESTATE – «In estate mi hanno cercato tanti club, ma non mi interessava andare in una squadra che non gioca la Champions o che non può raggiungerla, non è nei miei piani. Sono diventato esigente, adesso è così».

PELLEGRINI – «Quanto è bravo Lorenzo! Ha tutto per essere un grande calciatore. È forte tecnicamente, è alto per essere un centrocampista e soprattutto ha una comprensione tattica non comune. Gli dici una cosa e la assorbe subito, è molto intelligente. Se ha la personalità per fare il capitano? Assolutamente sì. Ha carattere, sa farsi rispettare. In campo si fa vedere, vuole la palla, non si nasconde quando le cose vanno storte. È un giocatore sul quale puoi contare. Per un allenatore è l’ideale».

GESTO DEL VIOLINO ALLA JUVE – «Eravamo avanti, poi la Juve segnò il gol del pareggio ma c‘era fallo su Benatia. Fu un gesto istintivo, io ho sempre difeso i club dove ho allenato. In quel caso non ho sopportato un’ingiustizia, una grande ingiustizia. Un gesto elegante? Lascio a voi l’interpretazione».

TOTTI – «Il capitano era ancora un grande giocatore, è sempre stato un fuoriclasse, prima di me, con me e dopo di me. Uno come Francesco non lo avevo mai incontrato. Vede tutto prima degli altri, nessuno è come lui».

BATTERE IL RECORD DI 10 VITTORIE – «Magari ci riuscisse Mourinho. Però sono state giocate solo due partite, è un po’ presto, bisogna aspettare soprattutto perché ci saranno alcuni scontri diretti nelle prime partite.  La Roma ha cominciato bene in tutte le competizioni, non so quanto sia positivo fare la Conference League, ma può aiutare a coinvolgere tutta la rosa e questo è importante.

CAVALCATA – «Sono legato a quel ricordo. Ho in mente tutte le dieci vittorie, anche l’undicesima a Torino, dove dovevamo vincere. Ricordo anche la decima, contro il Chievo, faticammo e il gol di Borriello arrivò alla fine. Ricordo ognuna di quelle bellissime vittorie. Avevamo una squadra che aveva voglia di riscattarsi, una squadra tecnica, completa, con tanti guerrieri. Fu una grande stagione. A Roma mi è mancato solo una una vittoria, il primo anno ci eravamo vicini».

ROMA IN CHAMPIONS – «C’è molta concorrenza in Italia. Il campionato è molto aperto. All’Inter è arrivato Dzeko, ma ha perso Lukaku, ha cambiato allenatore. Sono molto curioso di vedere cosa succede. Il Milan è tornato, non si qualificava in Champions da molto tempo, ci sono altre grandi squadre, il Napoli, Lazio e l’Atalanta, che non è più una sorpresa. La Roma dovrà vedersela con loro».

FRIEDKIN – «Non leggo loro dichiarazioni, ma so che sono molto presenti. Il loro modo di fare mi piace, non parlano molto ma agiscono. L’ultima estate dimostra questo: l’arrivo di Mourinho, l’aver costruito una squadra forte».

MOURINHO – «Con gli anni qualsiasi persona ha più esperienza, ma è un allenatore che ha vinto dappertutto, di grande livello. Questo non cambia negli anni».

PALLOTTA E LA DIRIGENZA – «Fino a un certo punto ho avuto un buon rapporto con i dirigenti. Poi penso che non avessero gradito una frase che dissi dopo l’ultima partita del secondo anno, quando arrivammo ancora secondi. Dissi che il gap con la Juve era incolmabile, era la verità. Anche alla terza stagione eravamo primi a ottobre, poi troppi pareggi, ma ero convinto che avremmo potuto raggiungere ancora la Champions. Ma le cose sono andate in un altro modo. Io mi tengo solo i bei ricordi, mi piacerebbe un giorno tornare ad allenare la Roma, o anche altrove, in Italia. Amo la lingua, il Paese, la serie A».