Ibracadabra: la magia di un genio in cerca del sigillo finale - Calcio News 24
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2015

Ibracadabra: la magia di un genio in cerca del sigillo finale

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10… e lode: Fenomeno Ibrahimovic. L’uomo scudetto e quella coppa che manca

Due campionati olandesi con la maglia dell’Ajax, sei in Italia divisi tra Juventus (ricorderete tutti come è andata a finire), Inter e Milan, uno in Spagna con il Barcellona e due in Francia con il Paris Saint Germain: Zlatan Ibrahimovic è l’uomo dello scudetto, dovunque va lo porta in dote. Basti pensare come dal 2003 ad oggi abbia saltato l’appuntamento con il titolo in una sola occasione: stagione 2011-12, la sua seconda ed ultima nella Milano sponda rossonera.

UNA CARRIERA STREPITOSA – Ed in crescendo. Ricordate cosa si diceva del fenomeno svedese in avvio di carriera? Sì, bravo, molto bravo, ma segna poco e di conseguenza è raramente decisivo. Il buon Zlatan neanche ha fatto caso a tali considerazioni e con la sua devastante personalità ha rigato dritto ed iniziato a collezionare scudetti tutti palesemente griffati dalla sua indispensabile e riconoscibile firma: lo svedesone di gol ne ha finora realizzati ben 380 tra club e nazionale – è attualmente il bomber più prolifico della storia della Svezia con 51 segnature all’attivo in nazionale maggiore – sfoderando un repertorio totale fatto di tecnica sublime e prepotenza fisico-atletica, di varietà di soluzioni e colpi geniali che restano nella mente di ogni amante di questo sport. Gesti che gli valgono insindacabilmente un posto tra i primissimi attaccanti dell’ultimo ventennio.

LA DIFFICILE COESISTENZA CON I CAMPIONI – A voler trovare un difetto nel curriculum di Zlatan Ibrahimovic si deve entrare nel campo dell’intangibile: o meglio, scavare in alcuni angoli della sua carriera per trovare alcune discontinuità. Non è oramai mistero: il campione svedese rende meglio quando unico riferimento offensivo di spessore e se circondato da interpreti che si adeguano ai suoi movimenti ed al suo modo di intendere e fare calcio, peggio quando al suo fianco figurano attori del suo calibro. Finisce per calpestarli e fagocitarli, o essere fagocitato: Messi docet in un senso, Del Piero, Cavani o Pato nell’altro. E’ un prendere o lasciare che in tanti casi conviene non farsi sfuggire: Ibra è uno che insindacabilmente decide il corso delle singole partite e di una stagione, forte di una tecnica immensa e di quella cattiveria agonistica propria della razza slava – le sue origini sono bosniache dalla parte del padre e croate della madre – e da cui ha attinto i caratteri essenziali.

LA GRANDE OSSESSIONE – Un nome preciso ed identificato: Champions League. A dirla tutta ad Ibrahimovic manca anche l’affermazione con la propria nazionale ma – considerando il tenore di una Svezia difficilmente includibile tra le prime realtà europee – trattasi di un obiettivo difficilmente realizzabile: la coppa con le orecchie è invece qualcosa che fa male perché obiettivo alla portata ma mai neanche sfiorato se non nel caso della semifinale raggiunta con il Barcellona. Quando Messi e compagni furono eliminati dall’Inter di Mourinho – poi protagonista dello storico Triplete – proprio nell’anno in cui lo svedese aveva lasciato i nerazzurri per centrare il colpo grosso in terra catalana. Incredibile la vita alle volte: lui andò via e con i proventi della sua milionaria cessione – oltre ad Eto’o – la società meneghina trovò i fondi per costruire la squadra che riuscì ad imporsi nel palcoscenico mondiale. Al grande Zlatan resta qualche altra possibilità: classe ’81, trentatre candeline già spente ed una carriera che non accenna a terminare ma che certamente non ha più uno scenario di medio-lungo termine davanti a sé. Riuscirà a coronare il sogno? A presto, o forse no, per l’ardua sentenza.