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Europa League

Lazio, tre motivi per credere nell’impresa

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Quarti di finale, l’atto primo va alla Lazio di Inzaghi: un 4-2 che non ipoteca il passaggio del turno contro un Salisburgo mai domo, ma…

Abbiamo assistito ad una partita singolare sul piano del ritmo: Lazio e Salisburgo si sono rincorse a tutto campo senza sosta, a perdifiato come si suol dire, in lungo e largo e per l’intero arco della contesa. Azione su azione, spunto su punto, transizione su transizione: di questo va dato insindacabile merito ad un Salisburgo che non si è piegato alle logiche iniziali, quelle che la vedevano sfavorita contro un avversario più quotato. Quell’avversario, la Lazio di Simone Inzaghi, alla lunga ha fatto valere la sua qualità, maggiore negli individui rispetto alle dotazioni degli austriaci, fattore che è valso un meritato 4-2: risultato che non mette al riparo il discorso qualificazione dagli imprevisti, ma che senz’altro lo indirizza sui binari biancocelesti in vista della gara di ritorno e dunque dell’accesso alla semifinale di Europa League.

Lazio, servirà attaccare

Per quel che si è visto sul campo ieri all’Olimpico, viene logico dedurre che il Salisburgo baderà alla produzione offensiva e volendo qualche gol lo troverà anche. Spetta alla Lazio rispondere colpo su colpo, proprio come fatto ieri dagli austriaci per settanta minuti. Le assenze per squalifica di Samassekou e Schlager priveranno gli austriaci di due pezzi dello scheletro centrale della squadra, ragion per cui ci sarà modo e tempo di attaccare e trovare varchi per siglare quel gol – uno o due – che sgombrerebbero il campo dai dubbi. La Lazio ha la facoltà di riuscire in questo intento: squadra nuovamente in fiducia, che ha via via aggiunto alla discreta organizzazione di gioco raggiunta la capacità di incidere con i singoli, anche e soprattutto a gara in corso, anche se subentrati dalla panchina come ieri nel caso di Felipe Anderson. Circostanze che completano il quadro di una squadra che ambisce a determinate grandezze.

Ostacolo Atletico Madrid

Guardiamo avanti con fiducia e poniamoci nella dimensione della semifinale dell’attuale edizione di Europa League: lì dove sono recentemente giunte Napoli e Fiorentina, salvo essere poi rispettivamente eliminate dal Dnipro (clamoroso) e dal Siviglia, vincente della competizione. Il grande ostacolo per la Lazio di Inzaghi porta il nome dell’Atletico Madrid. Una realtà che negli anni si è andata a perfezionare, ottimizzando la resilienza agli eventi: eliminata a sorpresa dalla fase a gironi di Champions League, dopo le due finali centrate negli ultimi quattro anni, Griezmann e compagni si sono calati alla perfezione nella manifestazione minore senza sbagliare un colpo, candidandosi di fatto alla conquista del titolo. Gli spagnoli con lo scorrere degli anni hanno smussato il loro volto antisportivo ed accumulato calciatori di enorme spessore, cresciuti in casa, Koke e Saul Niguez su tutti: interpreti che oggi sono in grado di fare tutta la differenza del mondo e di mantenere l’Atletico Madrid ai suoi livelli. Altissimi, oramai in maniera strutturale.

 Lazio, la prima ragione per credere nell’impresa

Al netto di un avversario giocoforza più quotato, questa Lazio ha alcune carte da esporre nella lotta alla conquista del titolo internazionale: la prima sta proprio nell’organizzazione di gioco sviluppata nel tempo da Simone Inzaghi. La sua Lazio interpreta la verticalità come nessuna squadra del panorama italiano: fattore che si sposa in pieno con le dinamiche principali che si palesano sul territorio europeo, dove molte realtà sono per natura inclini a lasciare spazi. Se la giocano insomma. In quegli spazi, proprio come accaduto ieri, i biancocelesti possono inscenare tutta la loro ricerca della verticalità. Una strada che si è presto tramutata in una macchina da gol, pena qualche rete incassata di troppo: ad onor del vero un fattore da addebitare più al livello individuale dei difensori, non all’altezza ad esempio delle più dotate competitor italiane, che ad un difetto di fabbrica.

Lazio, la seconda ragione

La possibilità di incidere a gara in corso è un elemento da tenere in chiara considerazione. Contro il Salisburgo ad esempio, in una contesa che si era a dir poco complicata, la Lazio ha potuto contare sull’ingresso in campo di un’arma del calibro di Felipe Anderson. Il brasiliano ha spaccato la partita: tanti break centrali che non hanno lasciato scampo ai difensori avversari, già stanchi dopo una gara come detto disputata a perdifiato. Puoi provare a tenere il passo, ma alla lunga cedi. Altra arma in tal senso può rivelarsi Nani: il portoghese ha finora reso meno rispetto alle aspettative, complice un minutaggio tutt’altro che considerevole. Ma non è da escludere che in questo finale di stagione, con occasioni a disposizione, possa avere voglia di rivalsa e dire la sua in una Europa League tutta da vivere. L’esperienza in tal senso certamente non gli manca, e questo Inzaghi lo sa bene.

Lazio, la terza ragione

La coesione del gruppo. Guardando giocare questa Lazio, si ha la netta impressione che al suo interno ci sia la volontà di realizzare qualcosa di grande. Di lasciare una traccia tangibile della propria presenza: la vittoria in Supercoppa Italiana contro la Juventus è soltanto un antipasto in tal senso, almeno considerando la proiezione che l’Europa League può dare alla sua stagione. Dovesse anche trovare l’Atletico Madrid, magari il faccia a faccia avverrebbe in finale, in una contesa da novanta minuti, dove potrebbe accadere di tutto. Merito al lavoro di Inzaghi: ha gestito alla grande le complessità del suo organico e della stagione. Due esempi su tutti: i casi De Vrij e Felipe Anderson. Il mancato rinnovo contrattuale del centrale olandese avrebbe potuto condurre ad una rottura anticipata che non avrebbe giovato a nessuno: Inzaghi non ne ha voluto sapere ed ha camminato dritto per la sua strada, non mettendo in dubbio la figura cruciale del calciatore nelle alchimie della sua Lazio. Le bizze del brasiliano invece sono state curate con un paio di turni di accantonamento: così Anderson ha potuto ragionare sullo stato dell’arte, per comprendere come non fosse opportuno buttare una stagione, accettando invece il ruolo attuale e comprendendo di poter fare la differenza anche a gara in corso. La Lazio è una realtà molto coesa e lo può dimostrare in questo epico finale di Europa League. Dove nulla è precluso, pur contro un avversario stellare.