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Mirabelli è davvero da Milan? Ecco i cinque errori imperdonabili già commessi dal ds

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Mirabelli, dopo le parole pronunciate su Montella prima di Milan-Aek Atene, finisce sul banco degli imputati. La crisi dei rossoneri spiegata anche attraverso cinque gravi errori del direttore sportivo

In estate sembravano il gatto e la volpe, ma l’autunno è arrivato in fretta in casa Milan. Fin troppo in fretta. Palesando delle grandi difficoltà non soltanto sul campo, ma anche dal punto di vista di una gestione societaria che sta lasciando a desiderare. Tanti tifosi, stufi di “cose formali” che non stanno portando risultati, cominciano a puntare il dito contro l’amministratore delegato Marco Fassone, ma gli errori più gravi degli ultimi mesi li ha commessi solo e soltanto il fido collaboratore del massimo dirigente rossonero: Massimiliano Mirabelli. Sì, perché è quella del direttore sportivo la figura che più di qualunque altra sta iniziando a creare delle vere e proprie spaccature all’interno dell’ambiente Milan.

Nelle ultime ore, in particolare dopo il deludente pareggio in Europa League contro l’Aek Atene, stanno volando gli stracci fra Mirabelli e Montella, ma ci sono altre leggerezze che in questi mesi hanno messo a dura prova la pazienza di un Milan che con questi presupporti potrebbe fare benissimo a meno di lui. Abbiamo individuato i cinque errori più evidenti commessi negli ultimi mesi da Mirabelli, finito giustamente sul banco degli imputati in un periodo nel quale la crisi di risultati della squadra di Montella pare quasi irreversibile.

1) Le dichiarazioni nel pre-partita di Milan-Aek Atene

A pochi minuti dall’inizio di Milan-Aek Atene Mirabelli, davanti agli occhi di tutta Europa, ha sfiduciato brutalmente il tecnico Montella. Con dichiarazioni che si sono rivelate delle vere e proprie bombe: «Ognuno di noi ha un tempo, ce l’ho io e ce l’abbiamo tutti noi. A me non piace veder perdere il Milan. Non ci siamo presentati a Genova, siamo usciti dal campo al 70′ con la Roma, non ci siamo presentati nel primo tempo contro l’Inter ma nel mezzo abbiamo fatto anche vedere alcune buone cose. Noi siamo il Milan e non possiamo permetterci tutto questo». Quando parla Mirabelli si capisce chiaramente che sfrutta ogni tentativo per contraddire Montella. Elemento che stride con la scelta estiva di confermarlo alla guida del Milan: perché trattenere un allenatore che non incontra il gradimento della dirigenza? Certamente, in due mesi, non si può mandare all’aria un progetto costruito sui 230 milioni di euro spesi in estate sul mercato. Ed è proprio quello che sta avvenendo.

2) La gestione di un mercato che non ha tutelato i migliori

Non sono soltanto le dichiarazioni a lasciare perplessi. Ma anche le scelte di mercato. Il Milan di Montella aveva basato i propri presupposti su un collaudato 4-3-3. Romagnoli, Bonaventura e Suso rappresentavano la spina dorsale della passata stagione e su questi tre perni Mirabelli avrebbe dovuto costruire le basi del nuovo Milan. E invece, con l’idea di allestire un mercato senza consultare l’allenatore, il direttore sportivo ha finito per svilire le uniche certezze della squadra dello scorso anno. L’enigma più grande è ovviamente quello legato a Suso, che con il 3-5-2 perde tutta la sua efficacia dal punto di vista della fase offensiva. Mirabelli ha sbagliato a non tener conto dei pochi pregi che il Milan aveva, pensando soltanto a colmare delle lacune. Che, invece di essere rimpicciolite, si sono ingrandite in maniera preoccupante. E non si può pensare che l’unico responsabile di questa situazione sia solo il confuso Montella.

3) Quella frase infelice sulla Fiorentina

Lo stile, probabilmente, non si può insegnare. E Mirabelli ha evidenziato delle gravissime carenze dal punto di vista della comunicazione, probabilmente legate al fatto di non aver mai avuto ruoli così importanti in squadre di così alto profilo. C’è un episodio chiave, che la Fiorentina (società storicamente molto permalosa, meglio specificarlo) non ha certo dimenticato e per la quale si è infuriata. Alla presentazione di Nikola Kalinic la frase «se non segni ti rimandiamo là», seppur non portatrice di veleno nei confronti del club gigliato, si è rivelata uno scivolone evitabilissimo. Su questo aspetto Mirabelli ha molto da imparare: l’essere verace può non aiutare, soprattutto quando si ricoprono cariche dal forte peso politico in una società come il Milan. E i rapporti, nel calcio come in qualunque mestiere, sono importantissimi. Per il presente, per il futuro, ma soprattutto per avere meno nemici possibili. In un ambiente dove gli amici si contano a malapena sulle dita di una mano.

4) I rapporti col Toro: le scuse di Fassone per Belotti

Se la gaffe con la Fiorentina poteva anche essere lasciata sullo sfondo, visto che comunque Mirabelli non è stato offensivo o irrispettoso ma soltanto un po’ svagato, quella con il Torino è decisamente più grave. Hanno fatto molto indispettire Cairo le dichiarazioni del ds del Milan su Belotti, a lungo corteggiato in estate: «E’ risaputo, abbiamo cercato di portarlo a Milano, è stata una cosa abbastanza difficile per diversi motivi – Ha spiegato Mirabelli poche settimane fa – è un giocatore forte ed è un tifoso milanista. Chi lo sa, magari un giorno potrà indossare la maglia che sogna da bambino». Specificare che Belotti un giorno potrebbe giocare nel Milan perché milanista è stata una mossa sleale nei confronti del Toro. Non a caso Fassone, per rimediare all’errore di Mirabelli, ha dovuto chiedere scusa. In alcune dichiarazioni traspare la mancanza totale di esperienza nel settore. E il Milan si augura che possa migliorare, almeno da questo punto di vista, in tempo zero.

5) I rapporti con Raiola: quando il ds viene provocato…

Mino Raiola, nella lunga trattativa che ha portato al rinnovo di contratto di Gigio Donnarumma in estate, ha avuto più di un battibecco con Mirabelli, confermato da una frase del procuratore in una conferenza stampa nella quale disse a chiare lettere: «Con Mirabelli non voglio parlare». Una frase che ancora non è mai stata digerita dal direttore sportivo del Milan: «Da gigante del calcio mercato – disse Mirabelli in un’intervista al ‘Quotidiano del Sud’ -, con quella frase Raiola, è diventato un uomo piccolo nei miei confronti». D’accordo: Mirabelli è stato provocato in tante occasioni da Raiola, ma perché rispondere ad ogni sua battuta? A volte, per il quieto vivere (soprattutto per il quieto vivere del Milan), il bel tacer non fu mai scritto, come dicono i saggi. Ed è proprio la saggezza a mancare al ruspante direttore sportivo, che ha ancora tanta strada da fare per dimostrare di essere davvero all’altezza del club rossonero.