Napoli piange Ciro. De Laurentiis: «E' come se mi fosse morto un figlio» - Calcio News 24
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2014

Napoli piange Ciro. De Laurentiis: «E’ come se mi fosse morto un figlio»

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Il presidente azzurro: Tutto ciò sia da esempio»

NAPOLI CIRO ESPOSITO – Un’intera città piange uno dei suoi figli. Alle 16, con rito evangelico, si è svolto il funerale di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli rimasto ferito il 3 maggio scorso fuori dall’Olimpico, dove, di lì a pochi minuti, si sarebbe giocata la finale di Coppa Italia. Tantissima la gente presente a Scampia nel pomeriggio: tifosi da tutta Italia, e, tra gli altri, anche Aurelio De Laurentiis, Lorenzo Insigne e il presidente del Coni Giovanni Malagò.

NIENTE PIU VIOLENZA – Il Pastore incaricato di svolgere la cerimonia ha mandato un messaggio al mondo del calcio: «Nessun sentimento di vendetta o odio deve animarci. Allo stadio portate sciarpe e bandiere, non spranghe e coltelli. Che non succeda mai più. Questo è lo spirito crisiano che ha incarnato la madre di Ciro, una donna così esile e così forte che si è mostrata pronta al perdono. Oggi da Scampia, da Napoli possiamo mandare un messaggio all’Italia, al Mondo: Napoli è una città di accoglienza, di amore».

SIAMO LA SPERANZA – A prendere la parola anche De Laurentiis, nonostante la grande commozione: «Cari familiari di Ciro Esposito, è durissimo. Quando viene a mancare un figlio viene a mancare la parte migliore di noi, però la madre di Ciro ha avuto la forza in questa Italia scorretta, dove i valori si sono persi totalmente, dove negli ultimi 30 anni ogni giorno abbiamo vissuto la mappa degli scandali, in questo luogo così difficile come Scampia nasce la limpidezza di una persona che perdendo la cosa a lei più cara, non parla di vendetta ma di giustizia, di perdono e di correttezza. Nel terribile giorno del 3 maggio mi era stato chiesto di portare la Coppa Italia a Napoli, ma che valore aveva portare quella Coppa. Il tre maggio mi era stato chiesto di portare la Coppa Italia. Ma che valore ha aver vinto quel trofeo. I trofei li vogliamo vincere a testa alta, con onore e rispetto. Questo paese forse troppo giovane è diviso in campanilismi,siamo tutti italiani, tutti figli della stessa terra. Quella sera Ciro era già morto perché era morto il calcio italiano e lui lo rappresentava difendendo i colori della sua squadra, e poi un pullman pieno di donne e bambini. Poi c’è stata la morte vera, un evento che difficilmente dimenticheremo. Spero che la sua morte possa restituire i veri valori della vita».