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Oddo e il ritorno a Napoli: un passato lontano che riemerge

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Stasera l’Udinese sfida il Napoli in Coppa Italia: tanti i ricordi per il tecnico dei friulani, Massimo Oddo, sotto il Vesuvio

«Massimo!»: puntuale, l’urlo che avrebbe squarciato i timpani, s’avvertiva lungo la Val di Fiemme, in un’estate 1999 indecifrabile, tra sogni e languori, sospesi in quel senso d’inquietudine che in ritiro è un amico inseparabile. «Massimo!», cioè il 23enne Massimo Oddo, fluidificante di destra del 4-4-2 d’un Napoli costruito da Ferlaino e da Filippo Fusco per vincere pur senza averne le possibilità economiche, va su e giù, consapevole di dover convivere con quell’eco sferzante che arriva da bordo campo, il messaggio affettuoso e stimolante che Walter Novellino invia a a chiunque gli corra davanti alla panchina.

PRODEZZA – L’anno della resurrezione, della ricostruzione che sa d’illusione, perché la precarietà è percepibile e s’annusa, nell’aria, il rischio concreto d’un tracollo (finanziario) da scongiurare. Però a Predazzo c’è vita, anche se Napoli è diventata periferia dell’impero calcistico, scivolata negli inferi della serie B da due anni, terrorizzata dalle prospettive: Filippo Fusco – ora al Verona – ha appena trent’anni e si ritrova in un’impresa che rischia d’essere più grande di lui, nonostante il “praticantato” calcistico con Ferlaino. L’allenatore è Novellino, a quel tempo un emergente, una garanzia per la B e Oddo starà a destra per 36 partite di campionato su 38. Lui non immagina che all’orizzonte, oltre la fascia, c’è per lui il Mondiale del 2006, il Milan, il Bayern, la Lazio, una laurea e poi la scelta di rimettersi in gioco, da allenatore, che torna nello stadio della sua prima soddisfazione, perché vincere un campionato a Napoli lascia il segno. Una squadra solida, un mix tra giovani (Mora, Stellone, Bellucci, Nando Coppola, Matuzalem e Goretti) e “sapienza” (Turrini, Robbiati, Schwoch, Lopez, Magoni e Miceli).

REVIVAL – «Massimo!» è il passato che ritorna, la memoria che si riappropria di sé stessa, della giovinezza svanita, di un ambiente familiare, d’una epoca che rimane dentro, scolpita nella propria coscienza, mentre ancora s’ode Novellino che gli sta gridando a squarciagola di attaccare, di difendere, di rispettare la linea, di assicurare la diagonale, di lanciarsi nello spazio. Perché – come ricorda “Il Corriere dello Sport” certe voci, severe però amiche, poi rimangono e ti lasciano un sorriso che stasera, ripensandoci, ci scapperà.