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Roma Napoli: Mourinho si è pensato inferiore

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Roma-Napoli ha detto un po’ di cose, anche se il rischio è che tutto venga messo in secondo piano dall’abbagliante gol di Osimhen. E non sarebbe neanche sbagliato. Perché è legittimo chiedersi se mai la gara avrebbe potuto avere un esito diverso dallo 0-0 senza un gol capolavoro da parte del nigeriano. Che dalla stessa posizione, ma guardando a tu per tu Rui Patricio, aveva poco prima sparato un diagonale molto lontano dalla porta, facendo scattare un riflesso automatico sull’ammirazione per l’esuberanza fisica di questo attaccante, coniugata a qualche perplessità sulla sua capacità di tradurla in concretezza. E poi, invece, su un pallone molto più difficile da domare, ha esercitato l’istinto e la potenza, generando una traiettoria impossibile da intercettare a meno di pensare in anticipo – per l’appunto –  che uno come lui ci avrebbe provato. Gol capolavoro, gol da 3 punti, gol che smorza le speranze di recupero in breve tempo della concorrenza, sia quella vicina che quella lontana.

Dopodiché, non sembri un paradosso, il confronto tra Roma e Napoli ha detto qualcosa in più sui limiti dei primi piuttosto che sulle virtù dei secondi. Il tema è quanto Mourinho abbia pensato di essere inferiore all’avversario in anticipo. Giocando fondamentalmente per annullarlo, quando è bene ricordare i presupposti di partenza: Roma 22 punti, Napoli
26. In caso di successo giallorosso, nella Capitale si sarebbe detto che per lo scudetto si era presenti (compresa la Lazio, vista la vittoria a Bergamo, nell’altro scontro diretto dell’undicesima giornata). Pensarsi inferiori non è un esercizio meramente intellettuale. E neanche di mera rappresentazione strategica della gara: impostata stando molto
coperti, cercando di inibire le linee di passaggio ed evitando soprattutto che il pallone arrivasse a Kvaratskheila. La Roma ha fatto in modo che al Napoli non venisse in mente di azzardare soluzioni più coraggiose. Dietro ha messo insieme organizzazione e interventismo
miscelati bene. Davanti non si è andati oltre qualche strappo di Zaniolo più per prendere campo che altro, senza peraltro trovare aiuto in compagni sempre un po’ troppo distanti. Non c’è stata una sola sezione di partita – valutabile in un lasso di minuti accettabile – per dire che
la Roma stava proponendo con continuità una proposta offensiva. Evidentemente, lo 0-0, l’incartare l’avversario, l’esibizione di un tatticismo maturo, costituivano il massimo dell’orizzonte Mourinhiano. Che deve averlo maturato talmente in anticipo che nei primi minuti lo si è visto richiamare energicamente i suoi che sembravano paralizzati dal confronto.

Ed è qui, in questo cortocircuito emotivo, che è venuto il sospetto. In quei continui richiami arringando il pubblico che si sono visti (per un fallo laterale conquistato da Karsdorp, per un corner guadagnato da Abraham). Il sospetto che la Roma si pensasse inferiore perché si sentiva così, lo avvertiva nel cuore dopo che forse gli era stato spiegato sulla lavagna nei giorni prima.