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Buon compleanno a… Sebastian Szymański

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Oggi Sebastian Szymanski compie 24 anni. Fra quattro giorni, a meno di eventi clamorosi che ne procurerebbero un rinvio, si concederà una festa ancora più grande e verosimilmente più affollata per la vittoria del suo terzo campionato in carriera

Oggi Sebastian Szymanski compie 24 anni. Fra quattro giorni, a meno di eventi clamorosi che ne procurerebbero un rinvio, si concederà una festa ancora più grande e verosimilmente più affollata per la vittoria del suo terzo campionato in carriera. Non male, per uno della sua età: dopo i due successi consecutivi in patria col Legia Varsavia dal 2016 al 2018, quando era davvero molto giovane e giocava ancora poco, arriverà il trionfo in Eredivisie con il Feyenoord. Non esattamente una sorpresa, vedendo il suo rendimento e quello dei suoi compagni, balzati in testa alla giornata numero 14 e capaci di un ritmo così costante da avere allontanato progressivamente le minacce rappresentate da Psv ed Ajax. Per il polacco, in prestito dalla Dinamo Mosca e con un opzione di riscatto per gli olandesi attorno ai 10 milioni di euro, il cambio di Paese è stato un affare. Emblematicamente riassunto dal numero di 10 gol segnati in stagione, già 2 in più rispetto ai 3 anni trascorsi in Russia. Anche se produrre reti non è esattamente il suo mestiere principale. Da trequartista molto mobile e contemporaneamente tatticamente attento, Sebastian sa fare tante cose. Compreso tracciare la strada per i compagni con un lavoro di assistenza non privo talvolta di velocità di pensiero e di esecuzione.

«É un ragazzo interessante, come Kokcu, di cui si parla tanto. Ma aggiungo una riflessione: nessun calciatore vince le partite da solo, se non si chiama Messi, Ronaldo o Benzema. Non bisogna aver paura»: il parere è del connazionale Zbigniew Boniek, in questo caso rassicurante per i tifosi della “sua” Roma prima che i giallorossi incrociassero nuovamente il Feyenoord, stavolta ai quarti di finale di Europa League invece che nell’atto conclusivo della Conference. Identico il verdetto, favorevole a Mourinho. E all’andata, al De Kuip, Szymański si è dato un gran daffare ma non è riuscito a pungere. Non ha centrato la porta quando Kokcu, per l’appunto, lo ha pescato benissimo in profondità. Si è fatto ammonire per stoppare un vivace El Shaarawy. Ha concluso altre volte, ma la cosa migliore è stata un numero col tacco, che ha indotto Spinazzola a commettere fallo, suggerendo l’idea che col pallone tra i piedi ci sappia fare. Semmai, talvolta si estranea, com’è successo nell’ultima gara di campionato, nel derby con l’Excelsior, ma è comprensibile vista la “facilità” dell’impegno, comodamente portato a termine con un 2-0.

In altri momenti il giocatore di Arne Slot ha fatto la differenza. Ad esempio nella fondamentale gara con l’Ajax, la sliding door dell’Eredivisie, il giorno dove si è capito che i campioni d’Olanda di Amsterdam stavano abdicando a favore dei rivali di Rotterdam.

La rete del 2-2 l’ha firmata lui, con l’intuito dell’attaccante in questo caso ed è stato anche in virtù della perfetta esecuzione di quell’azione che ha capito, insieme ai suoi compagni, che quello scontro diretto si poteva addirittura ribaltare dopo essere andati al riposo, cosa che effettivamente si è verificata.

Con il senno di poi si fanno ben pochi ragionamenti sensati, chissà però se a Bergamo qualcuno rimpiange non avere dato seguito a quegli abboccamenti che a gennaio sembravano esserci sulla via tra Italia e Olanda. Perché certamente aveva un senso e anche un certo fascino l’idea di vedere un giocatore così cresciuto nell’esperienza dell’Eredivisie accanto a Koopmeiners, che in quel Paese ci è nato e che in Serie A ha dimostrato di saperci stare molto bene.

Meno splendente è stato il suo primo Mondiale, a differenza di Boniek che già nel 1978 mostrò lampi di quel talento esploso 4 anni dopo, quando poi approdò alla Juventus da star di livello internazionale.

In Qatar, Szymański ha accumulato 136 minuti, divisi tra lo 0-0 col Messico e la sconfitta patita dalla Francia che ha determinato l’addio alla manifestazione. Nessun acuto, nessuna giocata da mettere nella vetrina globale. C’è tempo per altre occasioni, con il club e con la nazionale.