Frank Farina, un australiano a Bari - Calcio News 24
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2009

Frank Farina, un australiano a Bari

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Frank Farina nasce a Darwin, in Australia, il 5 settembre 1964. Ultimo di quattro figli di una famiglia dalle origini inconfondibilmente italiane, trascorre buona parte della sua infanzia a Port Moresby, capitale della non lontana Papua Nuova Guinea.

Torna in Australia, a Cairns, per studiare al St. Augustine’s College. La passione per il soccer lo porta ad iscriversi ad una locale scuola calcio così da vestire, successivamente, le maglie di Stratford United e Edge Hill United, prima di giocare con il Mareeba United nel campionato del Queensland, ad appena 16 anni.

Nel 1982 ottiene una borsa di studio presso l’Australian Institute of Sport, una sorta di accademia sportiva nazionale, dove ha modo di perfezionare le sue doti tecniche. L’anno successivo inizia la sua carriera professionistica nella National Soccer League, debuttando con i Canberra Arrows.

In seguito si trasferisce a Sydney, dove gioca per entrambe le principali squadre cittadine: dapprima con il Sidney City, poi con il Marconi Fairfield.

L’esperienza nel campionato australiano gli porta in dote per due volte il premio di miglior giocatore dell’anno, oltre alla corona di capocannoniere.

Considerato il suo talento e la sua giovane età , Farina capisce bene che il soccer nella “terra dei canguri” ormai comincia ad andargli stretto e così si decide per il grande salto extracontinentale.

Nel 1988, anno che lo vede premiato come miglior calciatore oceanico, Farina approda in Europa, ingaggiato dai belgi del Bruges, con i quali vince il campionato nel 1989-90, ottenendo, grazie alle 24 reti realizzate, anche il primato tra i bomber e il riconoscimento quale miglior straniero del campionato. Arricchendo il suo palmares con la Coppa del Belgio nella stagione successiva e la Supercoppa nelle stagioni 1989-90 e 1990-91.

In Belgio si consacra definitivamente come attaccante di caratura internazionale, vero e proprio incubo per le difese che dovevano affrontarlo. L’eco delle sue imprese, replicate anche nelle coppe europee, non ci mette molto ad arrivare anche in Italia.

Così, nella stagione 1991-92, il Bari, dovendo sostituire il partente Raducioiu, acquista, per la cifra record di 3 milioni di dollari, proprio il buon Frank, il quale sbarca in Puglia preceduto dalla sua fama di goleador, ed accompagnato dalla responsabilità  di essere il primo calciatore australiano, per giunta di sangue italiano, a debuttare in Seria A.

Quell’anno le aspettative dei dirigenti pugliesi sono alte, così come i costi di una faraonica campagna acquisti, che porta a vestire la maglia dei galletti, tra gli altri a giocatori del calibro di Platt, Boban e Jarni, ma che a nulla vale per evitare la retrocessione ad un Bari che voleva diventare “grande” facendo, evidentemente, il passo più lungo della gamba.

Nonostante il buon inizio nel precampionato, con un discreto bottino nelle amichevoli estive, la carriera in Italia di Farina dura la miseria di solo 8 partite e”¦un palo, il tempo sufficiente a far capire che le sue qualità  di bomber implacabile erano rimaste all’estero.

Salvemini prima e Boniek poi non riescono ad inquadrare bene l’australiano, al quale, nonostante tutto, era stata affidata la maglia numero 9 nelle prime otto giornate di campionato. Durante le quali aveva formato con Joà£o Paulo e David Platt un discreto trio d’attacco, a partire dal suo esordio in Bari-Torino 1-1, il 1 settembre del 1991.

Di fronte alla palese inadeguatezza dell’attaccante australiano, il club dei Matarrese si vede costretto a trovargli una nuova collocazione, lontano dal San Nicola naturalmente, e così Farina nel gennaio del “?92 viene imbarcato su un aereo e mandato in prestito al Notts County in Inghilterra.

A Nottingham, dove gioca insieme a Paul Rideout, vecchia conoscenza dei tifosi baresi, Farina mette insieme appena tre presenze, di cui solo una da titolare, senza riuscire a salvare la squadra dal baratro della retrocessione.

Dall’Inghilterra passa poi in Francia, vivacchiando per tre stagioni con le maglie di Strasburgo e Lille, per poi chiudere definitivamente con il calcio del Vecchio Continente.

Nel 1995, infatti, Farina rientra in patria, per indossare la maglia dei Brisbane Strikers che conduce al titolo la stagione seguente nella veste di calciatore-allenatore.

Memorabile la folla radunatasi nel maggio del 1997 al Suncorp Stadium di Brisbane per assistere alla finale dei play-off tra gli Strikers e il Sidney United. Vinta 2-0 dai padroni di casa con un gol proprio di Farina, che spiana la strada ai suoi per la vittoria.

Nel novembre del 1997 riceve il premio di Coach of the Year da parte della Queensland Sports Federation, ritornando l’anno successivo al Marconi come allenatore, dove termina definitivamente la sua carriera da calciatore, il primo grande giocatore-simbolo dell’Australia.

Farina chiude con il calcio giocato dopo una militanza sui campi da gioco lunga 17 anni, durante la quale ha giocato 360 partite di campionato in cinque paesi diversi, segnando ben 167 gol.

Molte delle pagine più belle della sua storia calcistica Farina le ha certamente vissute con la maglia della sua nazionale. Maglia che ha indossato 37 volte, rappresentando i colori gialloverdi anche ai giochi olimpici di Seul ’88, dove l’Australia si arrende solo agli ottavi di finale ai futuri campioni dell’Unione Sovietica.

Il suo curriculum di calciatore d’esportazione, che tanto bene aveva fatto con i “Socceroos”, gli permette nell’Agosto del ’99 di essere nominato Commissario Tecnico proprio della Nazionale di calcio australiana. Primo australiano doc a ricoprire tale incarico.

Alla guida dei Canguri, Farina ottiene prestigiosi traguardi, vincendo per due volte la Coppa delle Nazioni Oceaniche nel 2000 e nel 2004.

E proprio grazie al successo del 2000 che l’Australia ha la possibilità  di iscriversi alla Confederations Cup dell’anno successivo. In quell’edizione Farina porta i suoi giocatori ad un inaspettato terzo posto, togliendosi lo sfizio di battere sia la Francia, campione del mondo in carica, nel proprio girone; sia il Brasile nella finale per il terzo posto.

Farina riesca ancora a far parlare di se, quando, nelle gare di qualificazione ai Mondiali di Calcio Giappone-Corea del Sud 2002, asfalta le Samoa Americane con il risultato-record di 31-0. Punteggio che, pur consegnato agli archivi statistici della storia del calcio, richiama molte più critiche che elogi da parte della stampa di mezzo mondo. Impegnata a screditare gli australiani rei di aver calpestato i più elementari principi di etica sportiva.

Durante la lunga permanenza sulla panchina australiana, Farina, però, non riesce a centrare il vero obiettivo richiestogli, ossia la qualificazione ai Mondiali del 2002, perdendo il play-off contro l’Uruguay. Così dopo la Confederations Cup del 2005, rassegna le sue dimissioni, lasciando la panchina nelle mani di Guss Hiddink.

A Farina tra l’altro si deve la convocazione tra le file dei Socceroos di Max Vieri, fratellino di Bobo, che grazie al doppio passaporto nel 2004 fa il suo esordio con i canguri conto la Turchia.

Dopo l’avventura in Nazionale, Farina ha modo di cimentarsi come opinionista per i quotidiani e le radio, fino a quando nella stagione 2006-07 torna alla guida tecnica di una squadra di calcio, il Queensland Roar. Incarico dal quale viene sollevato dopo che la polizia lo trova ubriaco alla guida della sua auto.

La sua storia di calciatore l’ha raccontata nel libro “My World is Round”, pubblicato nel settembre del 1998 e andato letteralmente a ruba sugli scaffali delle librerie australiane. Considerato com’è andata, la parentesi italiana avrebbe certamente fatto a meno di scriverla!

Le solite leggende metropolitane narrano che durante la sua breve permanenza in Puglia, Farina ebbe modo di farsi rimproverare finanche dal vescovo della città  per una bestemmia non trattenuta. Lasciando da parte le storielle, quello che però resta chiaro è che il Bari, con l’acquisto di Farina, prese un abbaglio davvero colossale. Il centravanti australiano era sì un calciatore agli antipodi, ma del calcio però. Almeno per quanto fatto vedere in Italia.

Antonio Vespasiano