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Inter, Marotta: «Superlega grido d’allarme. In Italia freno politico verso lo sport»

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L’a.d. dell’Inter Giuseppe Marotta ha parlato delle difficoltà economiche nel mondo del calcio anche a causa della politica italiana

Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter, in una lunga intervista al Corriere della Sera ha parlato del club nerazzurro ma anche delle difficoltà economiche che sta attraversando il calcio in Italia.

AIUTO – «C’è un freno politico verso lo sport che è un fenomeno di aggregazione, un deterrente sociale, migliora la salute dei cittadini. Lo sport d’élite ha ri- svolti eticamente impopolari, ma è il 13° comparto industriale del Paese, va attenzionato meglio. All’estero esistono i ministeri dello Sport. In Italia lo sport non è considerato rilevante nell’economia del Paese. Abbiamo un contesto legislativo obsoleto. Il Covid ha portato una perdita di 1,2 miliardi alla serie A. Al governo ci siamo rivolti non per un ristoro, ma per un differimento delle imposte. Il contribuente avrebbe visto inalterato il bilancio dello Stato che nel 2005 prese invece 450 milioni dal Credito Sportivo. A noi è negato qualsiasi aiuto».

CRISI – «Come si supera la crisi? Un tempo i presidenti furono definiti “Ricchi scemi”. Non ce ne sono più, il mecenatismo è morto. Servono proprietà competenti, stabilità e continuità. Anche a danno dei risultati sportivi».

IMPUT – «Per risollevarsi occorre valorizzare le proprie risorse, contenere i costi e incrementare le strutture. Non vince chi più spende, meglio far vivere il valore della competenza».

FONDI D’INVESTIMENTO – «Non ho nessuna preclusione. Il problema non è economico, il bilancio si sistema con il calciomercato o l’aumento di capitale. Le società falliscono per mancanza di cassa. I fondi garantiscono liquidità, devi però negoziare le condizioni d’ingresso. La serie A ha venti proprietari, un condominio dove non si è mai d’accordo».

SUPERLEGA – «La Superlega è un grido d’allarme, di disperazione, di alcune società con un forte obiettivo competitivo. Va rivisto il modello organizzativo. Nella forma potevamo agire meglio, ma il fine giustifica i mezzi. Covid e indebitamento affogano i club. La difficoltà è coniugare i concetti di business e meritocrazia».

DAZN – «Le società devono ottimizzare la vendita, ma la tutela del prodotto è importante. Va garantita la diffusione e la bellezza dello spettacolo. Oggi il backstage è quasi più importante della partita. La serie A ha perso appeal, è un campionato di transizione, Lukaku docet. Il campione arriva e va via, prima restava».

SITUAZIONE FINANZIARIA – «La nostra condizione è alla pari degli altri club e stiamo pagando regolarmente gli stipendi, anche gli ultimi di settembre. La contrazione finanziaria è legata ai mancati introiti da Covid».

LUKAKU HAKIMI – «Vendo Lukaku a 115 milioni e lo sostituisco con Dzeko a zero: sul campo non c’è questo divario. Lukaku è andato via per prendere il doppio, in Italia certe cifre non possono esistere. Nel 2000 la serie A fatturava più di tutti, in 20 anni siamo diventati periferici».

SCUDETTO – «L’Inter è da scudetto. Non dobbiamo dispensare illusioni, ma l’ambizione è parte integrante del club. Dopo 8 giornate è presto per i bilanci, ce la giochiamo con tutti. L’obiettivo resta qualificarsi per la Champions».

RINNOVI – «Per Barella e Lautaro si va verso una gratificazione e un prolungamento del contratto: siamo vicini. Brozovic invece è in scadenza, servirà un po’ più tempo, ma ho fiducia».

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