Liverpool-Roma: Mané evita la goleada
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Champions League

Mané grazia una Roma non all’altezza della situazione

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Semifinale di Champions League, il primo atto condanna la Roma: giallorossi sconfitti per 5-2 ad Anfield, costretti alla clamorosa rimonta con il Liverpool tra una settimana

Esito in linea con le più pessimistiche previsioni e contenuto soltanto dalle due reti finali che la Roma ha saputo trovare: prima Dzeko, poi il calcio di rigore di Perotti a rendere meno amaro il risultato dell’andata e più gestibile la situazione in vista del ritorno. Ma quei dieci minuti finali non possono sottrarre alcunché all’analisi generale: la Roma non ha dimostrato di essere all’altezza della situazione. Ha sbandato per l’intero arco della gara perdendosi nelle dimensioni del campo, ha rimediato cinque reti che neanche fotografano il predominio espresso dal Liverpool di Klopp. Resta la speranza di poter emulare quanto appena fatto con il Barcellona, ma non si può ragionare alla stregua della costante ricerca del miracolo sportivo.

Roma dominata dal Liverpool: la difesa a tre buca

Subito smaltito un avvio di gara piuttosto coraggioso di De Rossi e compagni, sono presto dolori: la difesa a tre scelta da Di Francesco contro il tridente del Liverpool non funziona. Ha funzionato contro il Barcellona, che in campo va con due attaccanti di ruolo. Ma con tre ti concedi per definizione agli uno contro uno, che nel caso specifico – per intenderci – significano Salah contro Juan Jesus. Un confronto impari: l’egiziano praticamente fa quel che vuole, se decide di segnare va in gol, se vuole fare assist lo trova comodamente. Non a caso quattro delle cinque segnature del suo Liverpool portano la sua firma (doppietta) o la sua assistenza (due assist). Firmino invece si scolla dalla sua posizione predeterminata e – soprattutto nel primo tempo – si piazza tra le linee per giocare il maggior numero di palloni possibile: la difesa a tre della Roma lo segue a uomo con le uscite di Manolas e Fazio, ma il risultato è una totale perdita di distanze e collegamenti. Il Liverpool crea un pericolo di fatto ad ogni azione ma – vi sembrerà assurdo – ha il difetto di non capitalizzare a dovere la mole di gioco prodotta.

Fattore Mané

In gol ci va anche Sadio Mané, sul perfetto assist di Salah, ma l’attaccante senegalese sbaglia almeno altri tre gol comodi. Spieghiamo la sua essenza all’interno del Liverpool di Klopp: il suo moto perpetuo ed i suoi cambi di fronte si sposano in pieno con l’idea di calcio del tecnico tedesco, ossia quella di dominare l’avversario sul piano atletico, sostanzialmente di arrivare prima sul pallone. Mané in tal senso funziona e si muove all’unisono con il blocco Liverpool: ricerca della profondità ed aggressione degli spazi a disposizione, sentieri che vanno ad esaltare le caratteristiche del calciatore. Che è mancato ancora una volta però in termini di prolificità: troppi i gol falliti, altrettante le scelte finali che poco convincono sotto il profilo della lettura della situazione. Mané in questo Liverpool ci sta, lo sottolineiamo ulteriormente, ma il dazio da pagare è relativo all’imprecisione. Un fattore che evita alla Roma la macchia internazionale di un’altra sconfitta con sette/otto gol, come accade nello scenario di Old Trafford con il Manchester United. Nonché, grazie agli ultimi dieci minuti di orgoglio (e di leggerezze avversarie), di restare almeno sulla carta in corsa per l’accesso alla finalissima di Kiev.

Roma, come se ne esce?

Non fosse altro che per rendere merito a quanto di eccellente fatto finora, la Roma ha il dovere di provarci fino all’ultimo minuto a disposizione. Del resto i due gol trovati in un finale di gara che non li lasciava intendere in alcun modo, riportano i termini della situazione a qualche giorno fa: 4-1 con il Barcellona dopo l’andata del Camp Nou e tre gol pieni da recuperare all’avversario. Se c’è una squadra ad aver dimostrato che si può fare, questa è proprio la Roma. Che passerà inevitabilmente ad una linea difensiva a quattro: gli uno contro uno sono insostenibili, ancor peggio quando ci sarà da attaccare e dunque da concedere qualche spazio all’avversario. Meglio tornare al proprio credo tattico, quello che ha sempre tenuto per mano la carriera di Eusebio Di Francesco: 4-3-3, oppure 4-3-1-2 se l’intenzione è quella di puntare su Schick, ma puntando su una linea a quattro che eviti di ragionare in termini di confronti secchi. Il resto lo fa la determinazione, il coraggio, la personalità da riversare sul terreno di gioco: realizzare un gol nei primi minuti potrebbe sottrarre certezze agli uomini di Klopp, notoriamente più a loro agio quando devono attaccare che se costretti a difendere.

Il parallelo: Liverpool-Manchester City

Al netto di un raffronto poco incoraggiante: così come la Roma ha recuperato un triplo svantaggio nei recenti quarti di finale, il Liverpool è stato in grado di conservare un triplo vantaggio. Gara d’andata: Liverpool-Manchester City 3-0. Senza storia e contro pronostico. Nella sfida di ritorno gli uomini di Guardiola partono forte e dopo appena due minuti trovano il gol del vantaggio con l’immancabile Gabriel Jesus: sembra il preludio alla grande rimonta, ma i nervi del Liverpool restano ben saldi. Nella ripresa i Reds riusciranno addirittura a ribaltare la contesa: Salah e Firmino, la premiata ditta neanche a dirlo, per un 1-2 definitivo che ha del clamoroso. Doppia vittoria, o meglio doppia sconfitta rimediata a chi ha fatto un sol boccone dell’attuale edizione della Premier League. Spazzato via chi si era candidato carte alla mano alla conquista del più ambito trofeo per club. La Roma dovrà andare dunque oltre ogni logica. Dovrà abbracciare la perfezione se dopo trentaquattro anni vorrà tornare in finale di Champions League.